PERUGIA – Estate 2018, l’anno antecedente alla pandemia. Partiamo in quattro, io e mia moglie Mirella e un’altra coppia di amici alla vota dell’Iran, quel “paese canaglia” troppe volte descritto come un inferno, ma avvolto dal fascino di un angolo di mondo ricco di storia e cultura e di bellezze naturalistiche. Basta passare per Shiraz, la città più colta dell’Iran per capire in quale assurda contraddizione è avvolta l’antica civiltà persiana. Gli iraniani amano più di ogni altra manifestazione del pensiero umano, la poesia e con essa palpitano di emozioni autentiche. E’ il segno di una sensibilità diffusa che stride con la ruvidezza del regime. Basta passare per Persepolis per capire quanto questa antichissima civiltà abbia contribuito al progresso sociale e civile. Basta passeggiare lungo l’infinita piazza di Isfahan e rinfrescarsi nell’enorme fontana al centro della piazza, quando in estate si superano i 40 grandi, per capire quanto il piacere e il gusto del bello siano radicati negli iraniani. Forse gli iraniani rispecchiano il paesaggio che li circonda: aspri e puri come le vaste distese desertiche che ti accompagnano per centinaia e centinaia di chilometri, ma accoglienti, piacevoli, socievoli come i caravanserragli che incontri lungo gli interminabili rettilinei che si stagliano tra rocce e sabbia. Luoghi dove si mangia, si socializza e ci si riposa per riprendere, rinfrancati, il lungo cammino.
Le donne soprattutto sono un universo sui generis. Sanno essere durissime e intransigenti e possono redarguire un’altra donna soltanto perché dalle lunghe vesti sporge solo la caviglia, o possono esprimere la più sincera solidarietà se in bagno cade un velo: è capitato a Mirella che tutte le altre donne presenti in una toilette del palazzo dello Scià, hanno scoperto il loro capo in segno di solidarietà con lei a cui, come sempre, era caduto il velo sulle spalle. Teocrazia significa un’organizzazione del potere nel nome di Dio. Ma quale Dio? E quale morale? Il Dio iraniano non presuppone che esista un’individualità che possegga un libero arbitrio e decidere in merito al bene o al male personalmente. Il Dio iraniano riconosce una sola verità che è quella del Dio senza pietà che tutti devono osannare. Ma se il dubbio è scomodo – come sosteneva Voltaire – la certezza è ridicola. Soprattutto se la certezza è sostenuta da una fede gestita dal potere dei mullah. L’enorme divario culturale che ci divide è incolmabile, ma – ripeto – sembra assurdo che moltitudini di persone gentili, affabili e accoglienti abbiano resistito per più di 40 anni a questo regime. Non so cosa spinga gli iraniani ad essere così gentili con il prossimo. Eppure i poteri forti planetari li castigano e li penalizzano al di là di ogni possibilità di progresso e di riscatto nei confronti di una situazione economico-finanziaria drammatica. Le fasce povere della popolazione vedono aumentare progressivamente le proprie fila e riserve di petrolio rischiano di rimanere bloccate per gli embarghi. Molti iraniani soffrono, patiscono gli stenti che le stragrandi moltitudini devono affrontare. Non dimenticherò mai che il driver e la guida del nostro tour in Iran, al termine di numerose luculliane cene in ottimi ristoranti, raccoglievano e stipavano quel che rimaneva per distribuirlo di notte a chi magari quella sera non era riuscito a mangiare niente ed era costretto a dormire in strada. Situazioni molto più diffuse di quanto si possa pensare, soprattutto in presenza di un’inflazione che sfiora l’assurdità (il costo di una cena per quattro persone può variare dai 20 ai 25 milioni di Real, ma la cifra non deve spaventare: si tratta di circa 20-25 euro). Le mie foto cercano di cogliere queste contraddizioni di fondo anche cromaticamente con bianchi e neri fortemente contrastati e spesso invertiti: il nero degli hIjab diventa di un bianco immacolato a voler sottolineare le pene di anime perse in un Dio che le castiga e le rifiuta, mentre le ombre dai neri intensi si fanno minacciose e inquietanti. E’ il mio personale punto di vista di un Iran dove una sola verità è imposta a tutti e crea la drastica separazione tra bene e male, tra bianco e nero.
Queste immagini saranno proiettate nel corso della serata organizzata dall’Associazione Giornalismo Attivo (AGA). Come suo primo evento ufficiale l’Aga organizza l’11 novembre alle ore 18,30 a Palazzo della Penna, con il Patrocinio del Comune di Perugia, un evento-riflessione sull’Iran ed in particolare sulla lotta che le donne iraniane stanno combattendo per la loro libertà. Una rivolta cruenta nata dall’uccisione della ventiduenne Mahsa Amini, arrestata dalla polizia morale perché dal suo velo spuntava una ciocca di capelli e morta il 16 settembre scorso, uccisa dalla violenza e dagli abusi che la polizia morale ha esercitato su di lei. L’incontro di Aga dal titolo “Mahsa e le altre: vite appese ad un velo” è strutturato su vari livelli: oltre alle mie foto sul viaggio in Iran da turista, è prevista la proiezione di un video di attualità con immagini della rivolta e dichiarazioni di solidarietà realizzato dal giornalista Francesco Gori; le testimonianze di quattro iraniani: Mani Elyaderani, Shahin Ghodsi, Maryam Taherinasab e Shantia Mirfendereski; l’intervento sulla situazione attuale in Iran di Damiano Greco”, studioso di politiche internazionali e cooperazione allo sviluppo, mediatore europeo per l’Intercultura, dal titolo “Iran, oltre la sua storia ; l’intervento “A lezione di coraggio” di Simona Ambrosio dell’Associazione Margot associazione fondata dal Sindacato di Polizia che ha dato il Patrocinio all’iniziativa. A seguire una apericena con assaggi di pietanze tipiche iraniane. Nel corso dell’evento verrà eseguita musica dal vivo dal Maestro Alessandro Deledda. Tutti i presenti avranno la possibilità di manifestare la loro vicinanza alle donne in rivolta e la condivisione per la loro battaglia per la libertà, tagliandosi una ciocca di capelli che verrà poi consegnata all’Ambasciata iraniana in Via Nomentana 361 a Roma.
E’ necessaria la prenotazione entro l’8 novembre ai numeri 3388451360-3358189092. Costo della serata di solidarietà 20 euro. E’ possibile anche effettuare il versamento direttamente all’Aga. IBAN: 14J0359901899088718502072. Causale: quota di partecipazione a “Mahsa e le altre”.