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Verso la terza edizione del Trasimeno Prog Festival: intervista ad Alex Carpani

CASTIGLIONE DEL LAGO – Inauguriamo oggi la serie di interviste agli artisti che prenderanno parte alla terza edizione del Trasimeno Prog Festival, in programma a Perugia (ai Giardini del Frontone), e a Castiglione del Lago (principalmente alla Rocca Medievale), dal 25 al 28 agosto.

La locandina della giornata conclusiva del Festival

Siamo oggi con Alex Carpani che sarà presente il 28 agosto, nella giornata conclusiva del festival a Castiglione del Lago.

Come hai passato il periodo del lockdown ?

Lavorando al mio album precedente, “L’Orizzonte degli Eventi”, pubblicato nel luglio 2020, che ha portato con sé alcuni elementi di novità per me: un album cantato per la prima volta in italiano e pubblicato da un’etichetta indipendente, la Independent Artist Records, che ho creato per gestire autonomamente la produzione, pubblicazione e distribuzione della mia musica. E poi al nuovo album, uscito di recente. Diciamo che non sono rimasto con le mani in mano.

Dopo circa due anni finalmente ci sono concerti anche se la situazione sanitaria non è troppo esaltante. Speriamo che si potrà tornare al più presto alla normalità, che ne pensi ?

Sì, ricominciare a fare concerti dopo due anni è importante ed è un obiettivo che avevamo tutti, senza sapere, però, quando l’avremmo raggiunto. Le cose sono ripartite, seppure a singhiozzo, ed è questo che conta. La situazione è ancora fragile e incerta, quindi nessuno di noi può sapere cosa accadrà nei prossimi mesi. Ormai viviamo tutti con la consapevolezza che la nostra vita, i nostri comportamenti e le nostre abitudini potranno subire periodicamente modifiche e limitazioni finché questo virus non sarà stato completamente estirpato. Dovremo essere bravi a convivere con questa situazione. La musica, in questo senso, è un ottimo antidoto, sia per chi la fa, sia per chi l’ascolta.

Ci parli dei tuoi primi passi musicali?

Ho iniziato a suonare a 6 anni, prima l’organo elettronico e successivamente il pianoforte e l’armonia, sempre privatamente però. Nel corso degli anni mi sono perfezionato in alcune materie come la musica da film ed il sound engineering acquisendo quelle conoscenze che mi consentono di essere un artista indipendente, che scrive, arrangia, e produce la sua musica.


Ti sei laureato al DAMS all’Università di Bologna con una tesi sulla musica di Nino Rota nel cinema di Fellini che ha vinto il 1° premio della Fondazione Fellini ed hai un legame con la nostra regione perché ti sei diplomato alla scuola di Mogol, il CET, che è in provincia di Terni; che ricordi hai di questi due passaggi fondamentali per la tua crescita artistica ?

L’università, cioè il DAMS nel mio caso, mi ha consentito di spaziare molto nel campo della musica, studiando e coltivando diversi generi musicali, partendo dalla musica classica naturalmente, per arrivare alla musica da film, che come ricordavi mi ha portato alla scuola di Mogol. Quella è stata un’esperienza fondamentale perché ho iniziato da quel momento a scrivere anche musica di carattere più sinfonico, orchestrando e arrangiando e pensando più da ‘compositore’. Ciò che ho assimilato in quel periodo ha cambiato il modo in cui ho scritto la musica da quel momento in poi.

Per diversi anni ti sei dedicato alla musica strumentale: dalla new age all’elettronica, e sinfonica ed hai scritto musica per spettacoli teatrali e documentari; ci parli di questo periodo?

Sì, per tutti gli anni ‘90 fino a metà degli anni Duemila ho scritto tantissima musica, che ho incluso in ben 34 album che, però, non ho mai pubblicato. Scrivevo a getto continuo perché sentivo l’esigenza di farlo, senza finalizzare ciò che stavo facendo ad uno scopo ‘commerciale’ o divulgativo ben preciso, mi interessava semplicemente esplorare quanti più mondi e paesaggi musicali e sonori possibili. Diciamo che la mia ‘astronave musicale’ era sempre in viaggio e ritornava soltanto per fare rifornimento di carburante, per poi ripartire subito dopo. Arrivavo a realizzare anche 4 album in un anno. Ciò mi ha fatto acquisire una certa sicurezza e consapevolezza nella scrittura musicale, spaziando da un genere all’altro.
Poi tutto è cambiato nel 2003-2004 quando ho scritto ‘Waterline’: ho mandato il demo ad Aldo Tagliapietra, il quale mi ha risposto entusiasta e non solo ha cantato nell’album, ma mi ha messo in contatto con l’etichetta americana CypherArts Records di Los Angeles, che lo ha pubblicato nel 2007. Da lì è incominciata l’avventura nel progressive rock, con tutti gli album che sono seguiti, i concerti in tutto il mondo, ecc.

Una quindicina d’anni fa invece, nel 2007, hai pensato di trasformarti in un musicista rock: ci parli brevemente degli album che hai pubblicato ?

“Waterline” è stato l’album del debutto discografico ufficiale e ci sono molto affezionato. Un album dalle tinte pastello, che mescola prog sinfonico e jazz-rock, con la copertina di Paul Whitehead (un altro grande incontro di quegli anni).

La copertina di Waterline

The Sanctuarydel 2010, è stato l’album della ‘conferma’. Molto più granitico e strutturato del precedente, ipertecnico e virtuosistico; un inno al prog sinfonico che continua a vendere a distanza di 12 anni.

La copertina di The Sanctuary

4 Destinies“, con la copertina che riporta una foto de L’etrusco di Michelangelo Pistoletto, per il quale ho avuto l’autorizzazione dalla Fondazione Pistoletto, è un album composto da 4 lunghe suite tutte incentrate sul ruolo del destino nella nostra vita. Al sax c’è David Jackson come ospite.

La copertina di 4 destinies

So Close So Far” del 2016 è l’album della svolta stilistica, modernistica. Ho abbandonato le sonorità esclusivamente vintage abbracciando il sound moderno ed è il primo album che ho prodotto personalmente, curando molto il suono e tutto il resto. E’ un disco contemporaneo, anche se le influenze prog si sentono eccome.

La copertina di So far so close

L’orizzonte degli eventi” del 2020 rappresenta un’ulteriore svolta: canzoni rock cantate per la prima volta in italiano, con molta attenzione ai testi ed uno stile che abbraccia vari generi, dall’alternative rock al neo prog, dall’elettronica al cantautorato rock italiano. E’ un album di cui vado fiero che ha avuto la sfortuna di uscire in pieno lockdown, quindi non ha avuto un live a seguire. Prossimamente inserirò alcune canzoni di questo album anche nei concerti di Microcosm Live.

La copertina de L’orizzonte degli eventi

Venendo al passato più recente con Gigi Cavalli Cocchi, noto batterista, con trascorsi con Ligabue e C.S.I.), hai fondato gli Aerostation pubblicando nel 2018 avete pubblicato un molto interessante; cosa ci racconti in merito ?

Aerostation” è nato dalla comune visione che Gigi ed io abbiamo della musica, del rock e del prog in particolare. Volevamo creare un progetto che andasse oltre il prog classico e che avesse una sua matrice musicale e stilistica molto personale. L’album di esordio del 2018, Aerostation, racchiude canzoni cantate in inglese in uno stile che mescola rock ed elettronica, neo prog e alternative rock. Non ci sono chitarre vere, eppure il disco e la musica suonano molto ‘chitarrosi’, perché ho lavorato moltissimo sui suoni, creando un mio sound personale che mescola synth e chitarra in qualcosa che non è una chitarra virtuale, né un synth che emula una chitarra. Già in fase di scrittura si è ragionato in questi termini; Aerostation è una sorta di power trio in cui io sono il cantante-chitarrista-tastierista, senza essere nessuna di queste cose (in senso tradizionale).

La copertina di Aerostation

Nel tuo percorso musicale si incontrano diversi musicisti di un notevole spessore; nei tuoi album infatti e tra le tue collaborazioni ci sono personaggi come David Jackson, David Cross, Aldo Tagliapietra e Bernardo Lanzetti; qualche curiosità o aneddoto in proposito ?

Con David Jackson ho fatto un percorso durato quasi 5 anni tra concerti e due album in studio; oltre 30 concerti in tutto il mondo suonando la musica dei Van der Graaf Generator riarrangiata, e la mia musica interpretata da lui. Come ricordavo poc’anzi è grazie ad Aldo Tagliapetra che è iniziato tutto. Abbiamo fatto diversi concerti insieme, suonando sia Le Orme che la mia musica. Bernardo Lanzetti l’ho avuto nel mio progetto live VOX in PROGress del 2014, quando facemmo diversi concerti in Italia e all’estero con 3 voci storiche del prog italiano: Lanzetti, Tagliapietra e Vairetti. E’ stata un’esperienza impegnativa ma interessante.

E siamo al presente; lo scorso mese di aprile se non sbaglio è uscito il tuo nuovo album Microcosm, che ho ascoltato ed è stato oggetto di una trasmissione che conduco sulla webradio Progsky con l’amico Luca Redapolis Paoli; ce ne parli ?

E’ un album ricchissimo di colori, sfumature, stili e influenze diverse. Non solo prog, anche jazz-rock, alternative rock e rock sinfonico. Ha coinvolto ben 9 musicisti, tutti con talenti ed esperienze diverse ed ognuno col proprio tocco inconfondibile. C’è il sax, che ha una parte importantissima in tutto l’album, ma c’è anche il violino elettrico e naturalmente le mie tastiere che spaziano dal piano all’hammond, dal mellotron al moog, ai suoni più moderni.

La copertina di Microcosm

Tra le tracce la rivisitazione di Starless, brano storico dei King Crimson con la voce di John Wetton, che è finito anche in tributo a lui dedicato uscito di recente, mi è piaciuta particolarmente; come mai questa scelta ?

Microcosm si apre con Starless (il macrocosmo) per poi iniziare il viaggio narrativo-musicale dell’album che riguarda il microcosmo, cioè l’uomo, ciò che ognuno di noi racchiude in sé, un piccolo universo. Non ho voluto fare una cover di né inserirla alla fine del disco come si fa di solito con le cover, appunto. Ho voluto aprire con con questo brano perché rappresenta una specie di porta sull’universo, per poi scendere nell’infinitamente piccolo, parlare dell’uomo e delle sue emozioni ed esperienze. Musicalmente gli ho dato una veste moderna; non avrebbe avuto senso rifarla in maniera tradizionale. Così come mi sono limitato alla prima parte, lasciando le digressioni della seconda parte, ipnotiche e alienanti, alla versione originale; d’altronde quella sezione del brano è unica e non va cambiata.
Il resto dell’album è un viaggio attraverso 11 esperienze di vita, brevi spezzoni che ognuno di noi può aver sperimentato nella vita di tutti i giorni, prendendo spunto da un sogno, da un’emozione, da un’esperienza.
La musica si presta ad una certa dose di improvvisazione e rispetto ai miei lavori precedenti è più aperta a varie traiettorie, con una grande ricchezza di strumenti e di suoni. E’ un disco multicolore e la copertina lo dimostra anche graficamente.

La copertina di Celebrating the dragon

Solitamente ascolti musica che non sia la tua ? In questo periodo c’è qualcosa che ti piace ascoltare?

Ascolto ogni genere di musica, anche se le mie preferenze orbitano nell’universo del rock. Amo la musica non banale, consapevole, innovativa, ben scritta, arrangiata, prodotta ed interpretata; non ho limitazioni di genere: ascolto dai Porcupine Tree a Battiato, da Orb a Steven Wilson, dai Tears For Fears ai Daft Punk, dai Pink Floyd a Bjork, dagli Air ai Radiohead, dai Mogwai a Respighi, Satie e Debussy.

Ci sono altri progetti in vista nell’immediato futuro ?

Nei prossimi mesi, accanto all’attività live di Microcosm, mi rimetterò al lavoro sul secondo album di Aerostation, che è già scritto e pre-prodotto; probabilmente sarà pubblicato alla fine del 2023. Allo stesso tempo immagino che presto scriverò il mio prossimo album che potrebbe essere pubblicato tra la fine del 2024 e l’inizio del 2025; ammesso che nel frattempo non nascano nuovi progetti o collaborazioni. Mai dire mai!

Ringraziamo Alex Carpani e ricordiamo che si esibirà il 28 agosto alla Rocca Medievale, nella serata conclusiva della terza edizione del Trasimeno Prog Festival.

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