Cerca
Close this search box.

Vanni Capoccia: su “Bitte” Caporali e su un metodo

Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo intervento di Vanni Capoccia riguardo il restauro di una tavola di Giovan Battista Caporali al termine del quale è stato stampato un volume che ne ripercorre la storia. Da qui le riflessioni che seguono.
**************
Su “Bitte” Caporali e su un metodo
di Vanni Capoccia
L’editore Aguaplano Libri ci ha abituato a impeccabili volumetti d’arte con ottime riproduzioni e altrettanti ottimi scritti . Lo si può constatare con “Una sacra conservazione di Giovan Battista Caporali” pubblicato dopo un’accurato restauro realizzato grazie al contributo del Comitato per le celebrazioni del quinto centenario dalla morte del pittore Pietro Vannucci e alla Fondazione Marini Clarelli Santi presieduta da Caterina Bon Valsassina.A proposito del quale la curatrice Caterina Bon Valsassina ricorda che per Cesare Brandi e Giulio Carlo Argan ogni restauro è “critica in atto” e che nel ripercorrere le vicende storiche del quadro – oltre alla carte degli archivi a volte esaurienti, altre vaghe e imprecise – non va dimenticato che c’è l’osservazione diretta della tavola “archivio di sé stessa”.

Mentre Maria Rita Silvestrelli, tra le maggiori conoscitrici di questo artista pittore, architetto, forse musicista e intellettuale amico di Pietro Aretino, ha scritto sull’aspetto storico artistico della Sacra Conversazione di Giovan Battista Caporali con Giovanni Battista e un altro santo riconoscendo il Vescovo san Savino da una scritta abrasa sulla copertina del libro che sta leggendo individuando da questo nella chiesa di San Savino di Murlo quella di provenienza della tavola.

Il libro si conclude con il resoconto del percorso di restauro che ne ha consentito la leggibilità e la conferma dell’attribuzione a Giovan Battista Caporali. Ma è anche altro, un testo su un metodo basato sulla ricerca interdisciplinare, su ciò che si deve fare durante un restauro: i quadri si guardano, si studiano i documenti, vengono sottoposti a indagini scientifiche, si restaurano e poi si traggono conclusioni.

Ed ecco che è venuto fuori un esempio di tutela del patrimonio artistico, un capitolo nella lunga vicenda della storia dell’arte locale, nella fattispecie di quella di “Bitte” Caporali e di quella che Roberto Longhi ha definito “Editoriale peruginesca”.

Articoli correlati

Commenti