
Mentre Maria Rita Silvestrelli, tra le maggiori conoscitrici di questo artista pittore, architetto, forse musicista e intellettuale amico di Pietro Aretino, ha scritto sull’aspetto storico artistico della Sacra Conversazione di Giovan Battista Caporali con Giovanni Battista e un altro santo riconoscendo il Vescovo san Savino da una scritta abrasa sulla copertina del libro che sta leggendo individuando da questo nella chiesa di San Savino di Murlo quella di provenienza della tavola.
Il libro si conclude con il resoconto del percorso di restauro che ne ha consentito la leggibilità e la conferma dell’attribuzione a Giovan Battista Caporali. Ma è anche altro, un testo su un metodo basato sulla ricerca interdisciplinare, su ciò che si deve fare durante un restauro: i quadri si guardano, si studiano i documenti, vengono sottoposti a indagini scientifiche, si restaurano e poi si traggono conclusioni.
Ed ecco che è venuto fuori un esempio di tutela del patrimonio artistico, un capitolo nella lunga vicenda della storia dell’arte locale, nella fattispecie di quella di “Bitte” Caporali e di quella che Roberto Longhi ha definito “Editoriale peruginesca”.