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Vanni Capoccia: “E’ mai esistita un’età dell’oro?”

Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo contributo di Vanni Capoccia sulla mostra in corso alla Galleria Nazionale dell’Umbria dal titolo “L’età dell’oro”.

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E’ mai esistita un’età dell’oro?

di Vanni Capoccia

 

Le mostre basate su una suggestione non mi affascinano e non sarei mai andato a vedere “L’età dell’oro” se fosse stata allestita in una città diversa da Perugia, penso che per essere non dico di quelle definitive ma almeno necessarie dovrebbero nascere da un’idea cui seguono studi e ricerche, poi l’esposizione che ne induce altri.

Però, Alessandra Mammi è una garanzia sull’arte contemporanea, Carla Scagliosi altrettanto, Veruska Picchiarelli lo è su quella medievale, le ultime due conoscono la Galleria Nazionale dell’Umbria e le raccolte umbre come meglio non si potrebbe e ne è nata una mostra per niente pacchiana anche se con tutto quell’oro il rischio di esserlo era dietro l’angolo.

Bella, splendente, elegante, sicuramente suggestiva con opere di autori contemporanei importanti messe a confronto con quelle di autori del passato scelte non a caso. Ogni accoppiamento è ponderato e tende a unire la bellezza del disordine contemporaneo con quella più calibrata e consapevole del passato dimostrando che in fondo il contemporaneo è più comprensibile di quanto si creda e l’arte del passato finché parla ai presenti è sempre contemporanea.

Si va dal magnifico piviale Armellini ai lucenti scarabei stercorari di Jan Fabre, da Duccio Bonisegna ai “buchi” di Fontana mentre le sagome lignee della Venere del Botticelli di Mario Ceroli e l’isolata bianca piatta imperscrutabile figura disegnata dall’alieno esoterico De Dominicis dialogano con sé stesse.

Non c’è una scelta e un accostamento che non sia consapevole e riflettuto cercando come in un testo poetico assonanze, consonanze similitudini. A tale proposito è illuminante il colloquio silenzioso tra il piccolo Cristo di Giovanni Baronzio che mostra alla pietà umana le ferite della sua Passione e un notevole sacco di Burri strappato, cucito, ferito che trova pietà nella sublimazione dell’arte dove Burri colloca la materia.

Per terminare con Jannis Kounellis in un allestimento formidabile dal grande significato civile: da un lato una parete di lamine d’oro e abbandonato vicino un banale attacapanni con un cappotto e un cappello grigi, dall’altra parte una parete dello stesso autore di anni successivi con tavole scheggiate e dorate davanti alle quali pendono cappelli e indumenti ridotti a inquietanti stracci neri, in mezzo una Crocefissione di Niccolò di Liberatore con un drappo nero steso dietro Cristo e i disperati santi Francesco e Bernardino. Un pugno nello stomaco dato con tre opere di momenti e periodi diversi: indicano entrambe il passaggio drammatico e sinistro dell’uomo nella storia costringendo a chiedersi se sia mai esistita un’età dell’oro.

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