Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo che è qualcosa più di un saluto, di un ringraziamento: secondo lo stile di Vanni Capoccia, infatti si va oltre. Dietro al quel semplice titolo “Ciao Marco” (Pierini) ci sono riflessioni concrete. E interrogativi imminenti ai quali l’intera collettività è interessata a trovare adeguate risposte rispetto a una istituzione qual è la GNU e più in generale il rapporto che il museo, i musei regionali, possono e devono avere con la comunità umbra. E non solo.
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Ciao Marco
di Vanni Capoccia
Di solito il trasferimento ad altri incarichi di chi dirigeva la Galleria Nazionale dell’Umbria si riduceva a commenti tra addetti ai lavori, stretti appassionati d’arte, note giornalistiche. In questi giorni, invece, con Marco Pierini che lascia la Galleria vediamo che è seguito da una scia di ringraziamenti misti a rimpianto che testimoniano quanto di buono ha seminato durante la sua gestione.
Merito anche di essere riuscito con il suo sorriso e la sua comunicativa non esagerata a mettersi subito in sintonia con la città di Perugia rompendo la ritrosia congenita verso il nuovo di perugini e perugine (è probabile che il provenire da una città di provincia come Siena, un “paesone” fatta da piccoli paesi come le Contrade, lo abbia favorito in questo)
Di cose ne ha fatte tante. Io, nemico delle mostre, ho apprezzate il fatto che ne abbia allestite sempre di calibrate sulla città tra le quali ne ricordo in particolare due. Una su Taddeo di Bartolo che quando Gail Solberg gliene propose una limitata alla ricostruzione del Polittico di San Francesco al Prato le rispose “ma facciamola su tutto Taddeo” consentendoci di capire chi realmente fosse quel pittore; e quella “mini” su Pollino: come si poteva non affezionarsi a questo artista le cui miniature sembravano copie di grandi affreschi, dallo sguardo appannato, condannato a morte e non graziato.
Ma i meriti principali che ritengo abbia avuto sono quelli di aver fatto in modo che la Galleria non fosse un luogo per iniziati e appassionati ma un posto familiare diventato per molti e molte una specie di strada e piazza sopraelevata dalla quale guardare anche la città. E l’aver fatto nascere un gruppo di lavoro, prevalentemente femminile, formidabile. Persone appassionate del loro lavoro, preparate, disponibili che si fanno voler bene e bastava sentirle parlare nel tempo per capire quanto crescessero giorno dopo giorno. Un patrimonio grande che lascia e che speriamo non si disperda o venga mortificato perché la Pinacoteca e Perugia di persone così ne hanno bisogno: sono ossigeno puro per la nostra cultura e il nostro vivere civile.
E Marco? Marco con le capacità che ha troverà una collocazione degna di lui, io gli auguro tutto il bene possibile e che lo trovi non molto distante da Perugia così, come penso altri perugini, approfitterò di quello che farà perché non voglio che lui si liberi di me.