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Vanni Capoccia: “Anselm Kiefer, artista filosofo”

Per la nostra rubrica Dentro lo Stivale, davvero volentieri proponiamo ai lettori di vivoumbria.it questo contributo di Vanni Capoccia sulla mostra in corso a Firenze, Palazzo Strozzi, dell’artista contemporaneo tedesco Anselm  Kiefer dal titolo “Angeli caduti”.
La mostra è aperta fino al 21 luglio, questi gli orari: tutti i giorni 10-20; il giovedì fino alle ore 23.
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Anselm Kiefer, artista filosofo
di Vanni Capoccia
A #PalazzoStrozzi per la mostra “Angeli caduti” di Anselm Kiefer si inizia a comprendere dove si andrà a parare già nel cortile di fronte a una grande opera contemporaneamente quadro e scultura, realista e simbolica, figurativa e informale dove un angelo scuro che non ha niente di angelico vola su un cielo dorato che sa di ruggine sopra un ammasso di macerie. Impressione che continua con un’altra scultura-pittura con un’ala d’aereo e con quelle che seguono.
Mi sono sentito veramente sovrastato dalle opere nate dal pensiero di Anselm Kiefer che mi è sembrato un artista filosofo, un pensatore che si esprime non con scritti ma nelle sue creazioni profonda e intensa sintesi di anima e corpo, memoria e storia, mito e realtà.
Un potente intellettuale dai molteplici interessi e studi che già dalle citazioni sia dipinte che scritte nei quadri, nelle foto e nelle sculture dimostra la vastità delle sue letture e il suo percorso artistico radicato nella cultura europea dalla filosofia, alla poesia, all’inarrivabile cultura di Artaud, alla pittura con i girasoli di Van Gogh, la “Scuola di Atene” di Raffaello, il “Viandante sul mare di nebbia” del romantico tedesco Caspar David Friedrich citato con l’immagine di Kiefer in fotografia.
Nel colloquio che nel catalogo ha con Arturo Galansino, curatore della mostra, Anselm Kiefer afferma che nessun paesaggio è innocente e che non riesce “a vedere un paesaggio in cui la guerra non abbia lasciato traccia” come effettivamente ogni sua pennellata dimostra. E, sempre sfogliando il catalogo, le foto delle opere non mi hanno fatto, almeno in parte, sentire le sensazioni provate durante la visita: mi sono sembrate troppo precise, troppo perfettine.
Forse lo sembrano perché in esse manca la gente. Perché contrariamente a quello che di solito mi succede di fronte a un’opera d’arte davanti alla quale vorrei trovarmi da solo in compagnia dei miei pensieri, in mezzo all’opera e al pensiero di Anselm Kiefer ho sentito il bisogno di stare insieme alla gente, d’essere parte di loro.
D’essere insieme a loro quello che mi sembravano: immagine simbolica d’una umanità dispersa di fronte a quello che per sua responsabilità è accaduto, accade, accadrà.

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