Cerca
Close this search box.

Vanni Capoccia: “Al concerto in Pinacoteca”

Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo ricordo di Vanni Capoccia, suscitato da un dipinto, quando i concerti degli Amici della Musica di Perugia erano in Pinacoteca.  

Al concerto in Pinacoteca

di Vanni Capoccia

Direttore Francesco Santi la prima sala della Galleria Nazionale dell’Umbria era piena di affreschi strappati da chiese e conventi perugini appesi alle pareti. Una sala suggestiva che ancora rimpiango. La domenica pomeriggio diventava sede dei memorabili concerti degli “Amici della musica di Perugia” al tempo di Alba Buitoni.

Andarci era un rito e aver avuto la possibilità di parteciparvi un privilegio sia per il luogo sia per l’alto livello della stagione concertistica che ospitava i più grandi del periodo. Quasi tutti abbonati si saliva per le scale fino in cima, mille lire per il programma, seduti su seggiole di legno impagliate tenute insieme inchiodate ad assi di legno per non far rumore si smicciava chi c’era, la “Perugia bene” si salutava mentre dalla saletta della Pinacoteca dove ora sono gli assetati di Arnolfo e i bronzi della Fontana giungevano note.

A quel punto arrivava Alba Buitoni e il brusio cessava, capelli bianchi appena tinti di viola andava a salutare i concertisti ma l’impressione era che andasse a ricevere i loro omaggi. Poi si avviava al suo solito intoccabile posto in prima fila. Come si accomodava i musicisti uscivano dalla saletta, andavano verso il palco in fondo e iniziava un concerto che tra gli spettatori aveva frammenti della religiosità popolare del Due e Trecento perugino: Madonne col Bambino, scoloriti angeli, santi e sante tra cui una santa Elisabetta che portava fiori, una santa Giuliana impiccata per i capelli, chi era senza testa, chi privo di una gamba, chi con un braccio mozzo.

Mentre, proveniente dalla distrutta chiesa di sant’Elisabetta alla Conca, da dietro le spalle dei concertisti assisteva al concerto un piccolo rozzo e popolaresco san Pietro affrescato su uno sfondo semplificato con il bruno del terreno e l’azzurro del cielo separati da una linea dritta, il corpo tozzo legato alla croce a testa in giù, i capelli pendenti. Pareva che l’autore avesse per quattro soldi pescato un ubriacone da una bettola per fargli da modello. I pianisti stavano seduti proprio alla sua altezza a un metro circa di distanza e ogni tanto si guardavano dritti negli occhi con san Pietro che pareva dirgli “ma tutte le domeniche dovete veni’ a sonà di qui? Ve diverte così tanto vedemme a testa ‘n giù? Beati voialtri che potete perde tempo a sona’ quel’organetto”.

Volevo solo dire che non bisogna aver soggezione dell’arte qualunque essa sia, ma abbandonarsi in lei arrendendosi ai suoi colori, alle sue note, alle sue parole senza preoccuparsi di dove voglia condurci. Qualunque esso sia sarà quello, quel giorno, il luogo esatto per noi e per lei.

********************

Foto all’interno dell’articolo: da V. Garibaldi, Galleria Nazionale dell’Umbria, Quattroemme, Perugia.

Articoli correlati

Commenti