FERENTILLO – L’ Abbazia di San Pietro in Valle e’ un libro aperto che racconta tutte le epoche e le vicende più importanti della storia che vanno dal periodo pre romano al XIX secolo. Abbiamo trattato in alcuni articoli la genesi della fondazione e dei suoi personaggi illustri: Lazzaro e Giovanni, Faroaldo, i duchi longobardi, le opere d’arte, come i preziosissimi affreschi pregiotteshi di Scuola Romana antecedenti il Cavallini, la famiglia degli abati Ancaiani Commendatari. Ma non sempre però l’abbazia di Ferentillo e’ stata tenuta in seria considerazione e manutenzione, a come era ridotta nei primi venti anni del secolo scorso. (Perugia AS,B 19 fasc. 2 chiesa di San Pietro in valle – Ferentillo pratica generale).
Processo di rivendicazione della chiesa abbaziale e riconsegna della temporalita’ lettera del 4 giugno 1927 del Vicario Generale Giovanni Capobianco al Regio Soprintendente all’Arte medievale e moderna dell’ Umbria nella quale si parla della gestione della abbazia da parte di Serafina Ciannavei Calzolai: “le miserabili e deplorevoli condizioni, sotto ogni aspetto, cui e’ stata ridotta in circa 30 anni di oltraggi e di manomissioni si sarebbe tentati di dire che l’autorita’ tutoria non ha conosciuto mai qual tesoro storico, artistico e religioso, di nazionale interesse rappresentava e racchiudeva quella chiesa; tanto apparisce disgustoso e incredibile quanto ora si osserva”. Ma sappiamo che i restauri iniziarono subito dopo questa osservazione e quindi la chiesa ebbe un suo recupero e valorizzazione.
Ma ora parliamo di personaggi meno noti che hanno avuto in qualche modo a che fare con San Pietro in Valle. Semplici personaggi, Santi uomini, rimasti nell’ombra, ma certamente singolari, di una semplicita unica, non guerrieri, non cardinali, non priori….ma, esempio per la loro condotta morale e di virtù. Eremita nelle grotte a San Pietro in Valle alle falde del Solenne fu Giacomo o Jacopo da Terria della famiglia dei Rosati.
Lo Jacobilli riferisce che fu “medico d’anima e corpo”. Visse attorno al XIV secolo e condusse una vita esemplare di astinenza e carita’. Curava i malati, alleviava le sofferenze. Forse fu lui che istituì il primo lazzaretto (successivamente ospedale) a Macenano. Parlava con gli angeli. Curava i bambini con le erbe e radici degli alberi e a lui si rivolgevano molte donne. Sembra che resuscito’ un bambino dalla morte. Curava i lebbrosi. Molti novizi andavano ad ascoltare le sue prediche. Pur godendo dell’ attenzione degli abati di San Pietro, visse sempre nella sua grotta dove mori il 25 dicembre del (1359 ?). La leggenda narra che al momento del suo trapasso, il corpo fu circondato da una moltitudine di rondini, le stesse, che a primavera, ogni anno, nidificavano sulle rocce dell’eremo. Altro personaggio singolare fu Massimo dei Massimi da Umbriano eremita presso le grotte di San Pietro in Valle. Lui era Masino o Massino o Massimo nativo di Umbriano appartenente alla famiglia dei Massimi “massari” per lunghi anni del detto castello, situato di fronte alla Abbazia.
Scarse sono le notizie della vita e gesta di fratello Massimo, che malgrado gli agi preferì condurre una esistenza semplice a servizio dei più bisognosi. Visse nel XVI secolo. Quando l’abbazia era in un periodo di transizione tra il governo Trinci e gli Ancaiani. Massimo era il figlio del gabelliere del castello di Umbriano. Fu educato fin dall’ infanzia dai monaci dell’ abbazia. La sua indole caritatevole verso il prossimo lo portava ad aiutare i senza tetto, mendicanti e rimetteva le decime ai contadini che non potevano pagare. Aveva una vocazione nascosta.
A 20 anni colpito dalla miseria e sofferenza della popolazione, morto il padre, lascio la conduzione delle gabelle del castello e si ritirò nelle grotte eremitiche. In quel tempo il territorio e la stessa abbazia era funestato da discordie violente di potere anche tra gli stessi monaci. Stanco di assistere a tutto ciò, si trasferì in cima al monte Sant’ Angelo sopra Umbriano, dove sistemo’ un piccolo edificio religioso. Per lui costrui una capanna di legno coperta da rami e paglia. Sembra che in estate aveva per compagnia una volpe, mentre in inverno lo assisteva un lupo. I doni che riceveva dagli abitanti li devolverà ai poveri e ai viandanti. La sua morte avvenne di notte e la notizia pervenne alla Valle Suppegna attraverso una luce che illuminò tutta la montagna. Gli abitanti andarono a prelevare il corpo e lo deposero sotto l’altare della chiesa di San Rocco di Umbriano. La piccola costruzione edificata da Massimo sul pizzo della Montagna, successivamente, fu luogo di eremitaggio e li fu fu ampliata la chiesa di Sant’ Angelo meta di pellegrinaggi, e assai importante fino al XIX secolo. Ancora oggi, i pochi ruderi della chiesa di Sant’Angelo si possono scorgere. Ma altri personaggi sono da citare in queste vicende come Gilberto dei Liberti o Tiberti, terziario francescano, eremita presso San Pietro in Valle e poi, dopo alterne vicissitudini, presso la chiesa di Santa Maria del Piano o de Ieco dove mori (Monteleone di Spoleto).
Il vescovo Lascaris lo nominò beato per vox populi. Lo Jacobilli annovera anche Paolino o Paoluccio da Spoleto eremita nelle grotte di San Pietro in valle XVI secolo. Ma la famiglia Ancaiani, che ebbe il privilegio di governare l’abbazia per tanti secoli, ebbe anche personaggi di chiesa come Andrea D’Ancaiano, frate minore dell’ Ordine dei Cappuccini. Mori nel convento di Sellano nel 1622 si ricorda il 13 novembre insieme al Beato Costantino di Patrico, quest’ ultimo morto nel 1586. Ma c’e anche nella nobile famiglia spoletina, Dorotea degli Ancaiani dell’ordine delle Serve di Dio, morta nel 1618, si ricorda il 25 novembre. Mori a 23 anni. Ecco in sintesi uno spaccato di personaggi più o meno importanti, dagli umili eremiti a blasonati.