PERUGIA – Percorrere chilometri e chilometri in tutto il mondo, in sella ad una moto e senza navigatore è la firma di Francesco Loreti, avvocato motociclista perugino. Insieme a Bucefalo, la sua moto Bmw K1200, ha percorso in solitaria più di mezzo milione di chilometri guidato dalla sua passione per la storia. E proprio dall’ultimo suo viaggio, nel Kurdistan Iracheno, luogo magico e poco conosciuto turisticamente, ha tratto un docufilm “Omonero e Bucefalo nel Kurdistan Iracheno” disponibile su Prime video. Cento minuti di viaggio in solitaria, tra posti di blocco e piazze gremite di persone che vivono un’altra vita sotto il nostro stesso cielo.
In sella a Bucefalo, l’avvocato-regista ha intrapreso 19 viaggi negli ultimi 15 anni. Percorsi pensati e intrapresi per raggiungere e conoscere in prima persona luoghi lontani che si scoprono scrigni preziosi di storia millenaria e poco conosciuta. Francesco Loreti ha raccontato ai microfoni di Vivoumbria alcuni retroscena di questo sua ultima straordinaria impresa, parlando un po’ di sé e della sua filosofia di viaggio.
Un viaggio che ha bisogno di una preparazione specifica: come si sono preparati Francesco Loreti e la sua Bucefalo per il viaggio in Kurdistan iracheno?
“Io mi preparo esattamente due ore prima di partire. Le mie valigie sono due, microscopiche ed espandibili, con pochissimo vestiario. Ovunque io vada, mi devo adattare. Il viaggio che ho intrapreso è durato due settimane. Più di tre anni nell’esercito mi hanno lasciato un forte spirito di adattamento, questo è sicuro. A volte guido per molte ore, anche di notte e all’alba. La preparazione di Bucefalo è altra cosa e in questo mi segue Alberto Palma, un grande professionista che conosce al millimetro tutto ciò di cui la mia moto ha bisogno per un viaggio del genere. A Perugia mi segue il preparatissimo Daniele: grazie alla loro professionalità, la mia moto è nelle condizioni migliori per poter partire per lunghi viaggi. “Francè, daje il gas!” è la frase di rito che Alberto mi dice prima di partire. Le cartine geografiche sono un’altra cosa che non può mancare prima della mia partenza perché non utilizzo il navigatore. In sella, telecamera sopra il casco, inizio il mio viaggio per chilometri e chilometri”.
Hai avuto fin da subito una meta chiara: Lalish, un luogo magico.
“Ogni viaggio per me parte da un mio personale interesse storico. Studiando gli yazidi ho deciso di raggiungere Lalish, una piccola valle di montagna situata nel nord del Kurdistan iracheno, circa 60 km a nord-ovest della città di Mosul. È il luogo della tomba dello sceicco Adi, figura principale della fede yazidi. Almeno una volta nella vita gli yazidi sono tenuti a un pellegrinaggio di sei giorni per visitare la tomba dello sceicco Adi e altri luoghi sacri. Il luogo è magico ed è un vero e proprio scrigno di storia e di fede. La scienza delle religioni è, infatti, un’altra mia passione.
L’aspetto del viaggio che prediligo è quello della conoscenza degli abitanti locali. Quando sono arrivato a Lalish ho conosciuto la guida del luogo che mi ha ospitato nella sua casa, un’esperienza di scambio preziosa che mi permette sempre di andarmene con qualche cosa in più. Il fascino vero è quello di fermarsi e parlare con le persone. Ho la fortuna di essere da solo, quando uno è da solo è più facile entrare in contatto con i locali”.
La motocicletta come stile di vita e come filosofia: cosa significa per te?
“Viaggiare in moto è un’esperienza unica. Ti permette di raggiungere i posti più lontani del mondo nel modo più bello del mondo. Si dice “quattro ruote muovono il corpo, due ruote muovono l’anima”. Non è tanto la meta, quanto il viaggio. In sella alla moto, sento già l’odore della pioggia che sta per cadere e quando smette di piovere posso essere riscaldato dal sole. L’odore della terra bagnata e dell’ozono mi accompagnano lungo la strada… insomma un’esperienza sensoriale e unica. In macchina non sarebbe possibile farlo, se non con la testa fuori dal finestrino. La motocicletta la penso come parabola della vita, è instabile. Ed è il bello dell’esistenza”.
“Omonero e Bucefalo”: dal titolo capiamo subito che i protagonisti sono due; e invece sono di più. I veri protagonisti diventano le persone incontrate, l’archeologia, la storia millenaria e piena di fascino che Francesco ci permette di vedere in prima persona, come se fossimo dietro di lui, a correre insieme in sella ad una moto su strade sconosciute.