PERUGIA – Al netto di tutte le disposizioni in materia di presidi e precauzioni per impedire il diffondersi del Covid, quindi mascherine e distanziamento fisico, esistono al momento due ipotesi per lo svolgimento delle quattro giornate di Umbria Jazz in programma il 7-8-9-10 agosto. Come scrive il collega Alessandro Antonini sulle colonne del Corriere dell’Umbria, al momento sono al vaglio dell’autorità prefettizia per uno studio di fattibilità che contempli le disposizioni governative per lo svolgimento del mini-festival, due progetti: individuare la location in piazza IV Novembre che presupporrebbe un confinamento perimetrale transennato (ma non sarebbe la prima volta che la piazza verrebbe dotata di accessi ai concerti) capace di ospitare sino al limite massimo di mille spettatori, anche questo numero stabilito dai Dpcm per le manifestazioni outdoor. L’altra ipotesi annunciata è quella del ricorso ai Giardini del Frontone, antica location praticata per anni da Umbria Jazz.
Ma, al di là di misure cautelative e presidi sanitari, è interessante notare come Umbria Jazz, in entrambi i casi, tornerebbe all’antico pur nella novità del distanziamento fisico. Per diverse concomitanze: la prima è che il mini-festival di quattro giornate che prevede i concerti di Enrico Rava, Stefano Bollani, Danilo Rea e Gino Paoli, sarebbe interamente gratuito – come nelle origini del festival a cominciare dal 1973 e sino al 1982, la seconda è quella della “riconquista” di spazi come Piazza IV Novembre che diverrebbe mainstage del festival o i Giardini del Frontone entrambi topoi storici di Umbria Jazz. Del resto è dai tempi dello scioglimento dell’associazione Umbria Jazz nel passaggio definitivo di competenze alla Fondazione di partecipazione, nata nel lontano 1990, che il direttore artistico Carlo Pagnotta andava ripetendo tra ironia e provocazione, che un suo “sogno” era un festival di dimensioni “ridotte” da svolgere ai Giardini del Frontone, piuttosto che seguire le logiche dei grandi numeri e dello sviluppo ad ogni costo, come accaduto poi con il trasferimento di Umbria jazz dai Giardini del Frontone all’arena Santa Giuliana nel 2003. I fatti e i successi che hanno contrassegnato il festival dal 2003 ad oggi, hanno smentito Carlo Pagnotta e la sua idea di un festival “ridotto”, pur rimanendo ispirata in lui l’anima del jazzofilo più legata alla dimensione contenuta del club che a quella delle grandi adunate pop. Del resto nella sua versione originale, vale a dire del festival che si articola nell’arco di dieci giorni, Umbria Jazz contempla, oltre ai grandi concerti dell’arena, anche un ricco programma in club e teatri, dove spesso si può ascoltare musica per un pubblico più jazz-specific. Un aspetto di Umbria Jazz che nell’edizione ridotta 2020, non è contemplato. Quella di quest’anno sarà infatti un’edizione d’ “emergenza” stabilita nei limiti delle condizioni imposte dalle precauzioni anti-Covid e anche dalle limitazioni imposte dai vari governi tra Stato e Stato che impongono limitazioni negli spostamenti anche aerei. Rimane il fatto che il vecchio “sogno” di Pagnotta, per ironia della sorte, si avvererà. Di necessità virtù, con un ritorno all’antico e con la novità del… distanziamento fisico.