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Umberto Orsini, il teatro elisir di giovinezza

Al Teatro Manini di Narni Umberto Orsini, 85 anni e non dimostrarli, era al lavoro per mettere in scena lo scorso mercoledì 20 febbraio la prima de “Il costruttore Solness” . Da lì sarebbe andato a Pordenone per poi tornare in Umbria sino alla data fatidica, quella evidentemente più importante e ormai prossima del 16 aprile, quando salirà sul prestigioso palcoscenico del Piccolo di Milano.

Umberto Orsini in scena con “Il costruttore Solness” di Ibsen

Lo intervistai per un articolo su questa “prima” per Gruppo Corriere. Mi spiegò che il testo di Ibsen lo aveva sempre attratto con il convincimento che meritasse, però, un adattamento capace di oltrepassare i canoni con cui era stato fino ad ora rappresentato. Da qui la difficoltà nel metterlo in scena e la ricerca di una regia adeguata che ha poi trovato in Alessandro Serra del quale aveva molto apprezzato il suo Macbettu.

“Del testo di Ibsen – disse Orsini – mi interessava come far morire Solness a prescindere da quello che aveva scritto l’autore stesso per lasciare il posto a echi di compassione, persino di comprensione rispetto a un verdetto scontato e già emesso”. Ma non solo.  Il Solness di Ibsen stava in realtà assolvendo a un altro incarico. Una sorta di specchio nel quale riflettersi e riflettere riguardo se stessi. In quella occasione, infatti, mi anticipò l’uscita prevista per prossimo 12 aprile della sua autobiografia,  “Sold out”, editore Laterza.

Ecco di cosa si tratta in questa intervista.

“E’ un libro – spiega Umberto Orsini – di alcune memorie abbinate proprio al percorso che sto facendo in teatro con Ibsen, come fosse un diario di lavoro accompagnato da ricordi miei d’infanzia, di lavoro, di incontri”.
Il titolo “Sold out”?
“Ben augurale”.
In effetti di sold out ne ha fatti tanti…
“Ne ricordo uno in particolare allo Strehler di Milano che ha a che fare con questo libro. Circa tre anni fa sono caduto dalla scena durante lo spettacoli ‘Il gioco delle parti’. In quel momento ho capito che si poteva morire anche per una banalità e allora mi sono detto che forse valeva la pena raccontare un po’ della mia vita”.
Soddisfatto del risultato?
“Devo dire che mi ha molto confortato il parere dell’editore (Laterza ndr.) che è rimasto felicemente sorpreso per la  narrazione: è strutturata tra un passato evidentemente fatto di ricordi, di riflessioni che si riferiscono al presente il tutto intersecato da un’aneddotica ampia, inedita, pudica per le tante cose che mi sono accadute”.
Che figure incontreremo leggendo?
“Ovviamente il percorso è ampio visto che giovanissimo ho esordio ne ‘La dolce vita’ di Fellini e poi nei film di Luchino Visconti. Racconto dei registi hanno avuto un grande ruolo nella mia crescita professionale, anche perché ho avuto a che fare, oltre a quelli già citati, con Zeffirelli, Griffi, Ronconi. Poi ci sono ovviamente i miei colleghi, soprattutto quelli con cui ero particolarmente legato  come Romolo Valli, Marcello Mastroianni, Rossella Falk, Virna Lisi, Sylvia Kristel fino a Charlotte Rampling”.
Mentre scriveva aveva in mente un ipotetico lettore? 
“Lo spettatore. In particolare quello che ha interesse per il teatro anche perché ne do un mio giudizio entrando nel merito dell’interpretazione, della scrittura di un testo, dei dubbi, delle fatiche che si incontrano nel mettere in scena uno spettacolo. E me la prendo anche con i giornali”.
Se la prende con i giornali in che senso?
“Premetto che questo libro è curato dal giornalista di Repubblica, Paolo di Paolo. Questo per chiarire il rapporto con la categoria. In realtà me la prendo con i giornali perché danno poco spazio al teatro, a mio avviso stupidamente, perché per dirla tutta quelli che ancora leggono la carta stampata e spendono un euro e cinquanta sono proprio quelli che vanno a teatro, una certa borghesia, una certa categoria di intellettuali… Le racconto quello che avvenne con Ezio Mauro. Era venuto a vedere ‘Copenaghen’ e ne rimase entusiasta. Quando rientrò in redazione riferì con entusiasmo ciò che aveva visto e i primi ad esserne contenti furono proprio i redattori. Da lì la possibilità di contare su spazi più ampi, non solo riguardo me, ovviamente, ma più in generale per il teatro”.
Già il teatro: è questo l’elisir di lunga vita dell’uomo-artista Umberto Orsini.
 

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