- PERUGIA – Penultima giornata di Umbria Jazz ieri 20 luglio; alle 12, alla Galleria Nazionale dell’Umbria – Sala Podiani, prima esibizione del giorno con il concerto di Giovanni Guidi.
Il pianista folignate, che ha pubblicato nei giorni scorsi il nuovo album “A new day” per l’etichetta tedesca ECM, ha suonato in solo, in una sala gremita.
La sua prova si è svolta nel silenzio assoluto per poco meno di un’ora; il musicista ha completamente improvvisato, salvo l’accenno al tema di Amado mio ed al brano di Sergio Endrigo Io che amo solo te.
Richiamato sul palco da tantissimi applausi ha eseguito infine lo standard Moon river.
Poi alle 15:30, ancora alla Galleria Nazionale dell’Umbria – Sala Podiani, il secondo concerto; sul palco il fiatista Francesco Bearzatti ed il pianista Paolo Birro.
Il musicista friulano ha spiegato durante una pausa dell’esibizione, come il progetto presentato ieri su Billy Strayhorn, presentato ieri, sia anato proprio ad Umbria Jazz un paio d’anni fa ascoltando il pianista americano Fred Hersch eseguire Lotus blossom.
Da quell’evento ha pensato, assieme al pianista, di rendere omaggio all’arrangiatore e “braccio destro” di Duke Ellington.
I due, con Bearzatti alternatosi al sax ed al clarinetto, hanno eseguito una decina di brani, iniziando da Blood count e proseguendo con Raincheck, Lush life, Isfahan, UMMG, Chelsea bridge, My little brown book, A flower is a lovesome thing, Lotus blossom e Johnny come lately; finale quindi con il bis Something to live for; un concerto piacevolissimo.
Alle 17, al Teatro Morlacchi, è tornato, dopo l’esibizione di due anni orsono, il sassofonista Charles Lloyd, alla guida di un quartetto con nomi di grande levatura come Eric Harland alla batteria, Larry Grenadier al contrabbasso e Jason Moran al piano.
L’ottantaseienne musicista americano si è esibito per oltre un’ora ed il pubblico gli ha tributato molti applausi.
A pochi mesi dall’uscita del nuovo album The sky will still be there tomorrow, realizzato con la stessa formazione (con l’eccezione di Brian Blade al posto di Eric Harland), il sassofonista, che ha seppur brevemente suonato anche il flauto, è stato protagonista di un concerto che ha deliziato i presenti, malgrado la temperatura, ieri quasi proibitiva, all’interno del teatro, pieno in ogni ordine di posto.
Alle 21 all’Arena Santa Giuliana la prima a salire sul palco è stata la cantante Veronica Swift.
La trentenne americana, di nuovo al festival dopo qualche anno, ha presentato brani dal suo recente ed omonimo album, uscito nel 2023.
La sua è stata un’esibizione piena d’energia; insieme ai suoi musicisti ha mescolato un pop sofisticato, con pochissimo soft jazz, e tanto rumore rock, con omaggi a Jimi Hendrix ed ai Led Zeppelin, che al di là degli applausi, non hanno granché convinto.
Per terminare il secondo sabato di Umbria Jazz ecco infine il chitarrista, compositore e produttore, e vera e propria gallina dalle uova d’oro della black music e del pop dagli anni ‘80, Nile Rodgers, con il marchio Chic, tutt’ora appiccicato sulle spalle.
Attorniato da un paio di coriste e da sei musicisti, ha dapprima ingaggiato un siparietto con un tecnico che avrebbe dovuto fungere da traduttore per i tantissimi che sono accorsi ad ascoltarlo, e si è poi lanciato nella rievocazione di una carriera straordinaria, densa di successi che difficilmente saranno dimenticati dagli amanti del genere.
Subito il via con Le freak, poi i successi per Diana Ross (Upside down e I’m coming out); per le Sister Sledge (We are family e Lost in music); Madonna (Like a virgin e Material girl); Beyonce (I wanna be where you are); Daft Punk (Get lucky e Lose yourself to dance); Duran Duran (Notorius), e David Bowie (Modern love e Let’s dance); ed è solo una parte di quanto il settantaduenne musicista ha prodotto negli anni.
Come auspicio ed augurio, in questi momenti bui, non poteva mancare la speranza di rivivere Good times; speriamo bene, intanto la penultima sera di Umbria Jazz ha visto con l’americano il pubblico ballare dall’inizio alla fine.
Le foto sono di Giancarlo Belfiore