- PERUGIA – Ieri 18 luglio il primo appuntamento della giornata di Umbria Jazz era alla Sala dei Notari per il Blindfold test (test al buio), del giornalista e scrittore americano Ashley Khan con Fabrizio Bosso.
I due erano in compagnia del giornalista Enzo Capua (in veste anche di traduttore), e si è trattato di un momento molto gradevole.
Assolutamente non facili le scelte del giornalista della rivista Downbeat che hanno messo un po’ in difficoltà il trombettista torinese.
Sono stati sviscerati gli argomenti relativi ai brani, agli autori ed esecutori (tutti “colleghi” del musicista italiano); per oltre un’ora si sono ascoltate proposte più datate ed alcune novità (di artisti possibili futuri ospiti della manifestazione).
Qui è possibile ascoltare l’intera playlist del Blindfoldtest.
Alle 11 alla libreria Feltrinelli la presentazione del libro di Enzo Pietropaoli ed Alessandro Loppi “Dal basso verso l’altro”, pubblicato da Arcana; al suo interno racconti del contrabbassista raccolti dal giornalista nell’arco di una decina d’anni alla scoperta di collaborazioni con musicisti tra gli altri come Chet Baker, Enrico Rava, Massimo Urbani, Danilo Rea, Enrico Pieranunzi e Bob Berg.
Alle 12, alla Galleria Nazionale dell’Umbria – Sala Podiani, il primo concerto della giornata, con Gianluca Petrella e Pasquale Mirra.
I due musicisti sono tornati sul palco della manifestazione dopo l’esibizione, nella stessa location, del 2018, confermando un grande interplay.
Petrella è un trombonista di caratura europea ed abbina il suono del suo strumento con un sapiente utilizzo dell’elettronica; Pasquale Mirra tira fuori dal vibrafono (perfino fogli d’alluminio poggiati sopra), e dalle percussioni suoni particolari che si incrociano con quelle del musicista pugliese; grande concerto per una sala gremita in ogni ordine di posto.
Secondo concerto alle 15:30, ancora alla Galleria Nazionale dell’Umbria – Sala Podiani; protagonista il trio Eddie & The Kids, formato da due musicisti compagni sul palco da lunga data (il batterista Fabrizio Sferra ed il contrabbassista Enzo Pietropaoli), con il giovane chitarrista Edoardo Ferri.
Il trio propone un linguaggio musicale che spazia dal jazz al rock, e risulta molto interessante nei suoi momenti più melodici.
Tra i brani eseguiti Can’t help falling in love, portata al successo da Elvis Prelsey, I concentrate on you di Cole Porter, Saro del giovani compositore Sam Amidon ed una grande rilettura di After the gold rush di Neil Young.
Nel finale la dedica al collaboratore di Umbria jazz recentemente scomparso, Riccardo Stefanini, con un altro brano di Hamidon (Hallelujah).
Alle 17, al Teatro Morlacchi, il trio del pianista americano Christian Sands, già presente in altre occasioni al festival.
Sul palco con lui il fratello Ryan Sands alla batteria ed il contrabbassista Jonathan Muir-Cotton.
Il giovane pianista, autore di cinque album per l’etichetta Mack Avenue, è tra i talenti della sua generazione ed ha lavorato nella big band e nel trio del contrabbassista Christian McBride.
Durante la sua lunga ed apprezzata esibizione ha eseguito In your own sweet way, Strange meadow lark di Dave Brucbeck ed infine la bellissima Can’t find my way home di Steve Winwood, successo sul finire degli anni ‘60 dei Blind Faith.
A margine, ed a chiudere il pomeriggio, la presentazione alla libreria Feltrinelli, del libro di Francesco Rondolini “Il Festival di Umbria Jazz. Una ricostruzione storica”. Appuntamento molto partecipato durante il quale è stata illustrata l’interessante opera che prende in esame la manifestazione dalla sua nascita fino all’edizione del 1987, con il concerto di Sting e Gil Evans.
Alle 21 all’Arena Santa Giuliana protagoniste due figure femminili; la giovane cantante americana Somi, già da tempo sulle scene e presente anche lo scorso anno al festival, ha incantato con la sua vocalità dalle mille sfumature.
Con lei il pianista Toru Dodo, il bassista Keith Witty ed il bravissimo fiatista (al sax ed al flauto), Myron Walden.
Un concerto coinvolgente durante il quale la musicista ha presentato il suo recente lavoro “Zenzile: The reimagination of Miriam Makeba”, che ha vinto, per la migliore performance vocale, il Jazz Music Award.
Bellissima l’appassionata versione rallentata del successo della Makeba Pata pata.
In chiusura di serata molto trascinante la performance di Fatoumata Diawara (nella foto di copertina) la musicista africana è un’ottima cantante e talentuosa chitarrista; attivista sociale, ha partecipato alle campagne contro la moderna tratta degli schiavi migranti africani ed è anche in prima linea nella lotta alla mutilazione dei genitali femminili.
Vestita con i costumi tradizionali, ha presentato, assieme ai suoi musicisti il recente album “London ko”, prodotto da Damon Albarn (Blur / Gorillaz), dove i generi musicali si mescolano tra loro per una miscela esplosiva sul palco.
Una bellissima serata ieri all’arena.
Le foto sono di Giancarlo Belfiore