PERUGIA – Ha preso il via, con lo street walking dei Funk Off (sempre molto energetici), l’edizione di quest’anno di Umbria Jazz.
Alle 21 poi all’Arena Santa Giuliana l’eleganza di Richard Galliano New York Trio, con Adrien Moignard alla chitarra e Diego Imbert al contrabbasso), il musicista francese per oltre un’ora ha accompagnato i tanti presenti in un viaggio sulle note della sua fisarmonica.
Durante la sua esibizione non è mancato un omaggio allo scomparso promoter umbro Mario Guidi con il brano di Astor Piazzolla Oblivion.
Quindi Vinicio Capossela nel concerto dedicato a Sergio Piazzoli; con lui, visiblmente emozionato in ricordo dell’amico, una solida formazione che ha rivestito i brani di Camera a Sud, il disco eseguito a trent’anni dalla sua uscita, con ottimi arrangiamenti.
Durante Modì sul palco con lui Richard Galliano; Che cossè l’amor (nota per la pubblicità di un prodotto di Barilla), il brano più acclamato; molto intensa poi la riproposizione di Estate di Bruno Martino, con Piero Odorici ala sax tenore, ed infine L’absent di Gilbert Becaud, dedicata a Piazzoli.
Tornato sul palco ha simpaticamente indossato una maglietta con il logo “Ubriachezz”.
Sabato poi presso la libreria Feltrinelli la presentazione del libro di Alceste Ayroldi per Arcana “Fatti e misfatti dell’industria musicale italiana”; in dialogo con Enzo Capua e Fiorenza Gherardi De Candei, cha ha affiancato l’autore nel libro, si è soffermato sull’importanza delle regole all’interno del mondo musicale italiano, da parte sia degli artisti che dei manager; un mondo troppo spesso del tutto, per dirla in termine tecnico musicala, “improvvisato”.
Alle 12 ed alle 15:30 alla Galleria Nazionale dell’Umbria – Sala Podiani, l’esibizione del duo Miguel Zenon (sax alto) con Luis Perdomo (piano).
I due musicisti hanno presentato un omaggio all’arte del bolero, che ha origini spagnole è molto radicato nei paesi latinoamericani; una forma musicale, come spiegava Enzo Capua nell’introduzione, che può essere accostata alla musica napoletana nella sua forma più dedicata all’amore.
Un concerto durante il quale l’interscambio tra i due strumenti è stato costante; il buio della sala, illuminata da piccole luci sala, ha reso l’atmosfera per circa un’ora molto emozionante.
E poi bisogna in pratica riavvolgere il nastro di circa un anno; se allora il concerto di Kenny Barron al Teatro Morlacchi, con Kiyoshi Kitagawa al contrabbassi e Savannah Harris alla batteria era stato bellissimo, altrettanto si può dire per quello del pomeriggio di ieri.
Stessa location, stesso contrabbassista ma Greg Hutchinson alla batteria.
Non a caso ancora Enzo Capua ha sottolineato come l’ottantunenne pianista americano sembri suonare sempre meglio, di volta in volta.
Ed è proprio così; con un repertorio costituito da pochi brani originali come Bud like (dedicato a Bud Powell), Calypso e Cooks bay (proposta come bis), ha incantato il teatro (sold-out per questo primo appuntamento).
Tra le altre proposte, standard o comunque a firma di altri, Monk’s dream di Thelonious Monk ed Aquele frevo axè di Caetano Veloso.
Discorso a parte per le due ballad di Charlie Haden (Nightfall), e di Billy Strayhorn (Isfahan); due esecuzioni da brividi anche ad oltre trenta grandi di temperatura all’interno del tetaro; meraviglioso.
Ma il piatto forte della giornata era indubbiamente rappresentato dal concerto di Lenny Kravitz.
Un mare di pubblico (si vocifera 13.000 prenti), come credo non si ricordasse dal concerto dei R.E.M. nel 2008, ad attendere l’americano fin dal tardo pomeriggio in un’arena a quell’ora assolata.
Ed il musicista si è preso tutto l’amore e l’affetto del pubblico con uno show, iniziato intorno alle 21:45, che è andato avanti per circa due ore.
Introdotto dalla potente Are you gonna go my way dal suo terzo ed omonimo disco del 1993, si è trattato di uno show sfavillante, con un palco stracolmo di luci, con le immagini riproposte sui maxischermi spesso differenti da quanto avveniva all’interno del palco stesso, invoogliando i presenti a mantenere lo sguardo su entrambe le postazioni.
La sua proposta, mistura tra rock, funk, soul e blues, che negli anni si è andata un po’ affievolendo perché meno ispirata, è risultata ieri sera vincente.
Pochi infatti i brani dall’ultimo lavoro Blue electric light; la parte del leone l’ha fatta il materiale storico del suo repertorio, da I belong to you alla tiratissima Fear, Again, Always on the run, American woman, Let love rule e Fly away.
Non sono mancati momenti di grande interazione con il pubblico e durante il bis una passeggiata in platea nel delirio dei tantissimi fan festanti.
Tutte le foto sono di Giancarlo Belfiore