PERUGIA – Nella giornata inaugurale dell’edizione 2021 di Umbria Jazz è stato presentato stamani, 9 luglio, alla Sala dei Notari, il libro “Abbiamo tutti un blues da piangere“, titolo tratto dal secondo album de “Il Perigeo”, formazione che ha saputo coniugare sapientemente negli anni ’70 il jazz e il rock. Il volume, uscito tre mesi fa per Albatros, ripercorre la vita e la carriera del maestro Giovanni Tommaso, probabilmente il miglior contrabbassista italiano.
A margine della presentazione, a cui sono intervenuti il giornalista Marco Molendini e il direttore artistico del Festival, Carlo Pagnotta, per i lettori di Vivo Umbria abbiamo avuto la possibilità di fare due chiacchiere con il musicista e direttore artistico delle clinics di Umbria Jazz.
Buongiorno Giovanni, prima di tutto; giusto un mesetto fa abbiamo parlato durante l’intervista che ti ho fatto per la rubrica di Trasimeno Prog La musica nelle parole; all’epoca il programma di Umbria Jazz non era ancora noto integralmente; ora che è stato ufficializzato, qual è il tuo pensiero in proposito?
“È la tanto sospirata sensazione della ripresa. L’aggregazione era lo spirito che ha alimentato la creatività degli anni ’70, proprio il periodo in cui è nata Umbria Jazz. Speriamo si tratti di una ripresa duratura”.
Sei il direttore artistico delle clinics da molti anni (dal 1986 in verità); dopo lo stop dello scorso anno, anche nel 2021 si replica; augurandoci che il prossimo anno sarà tutto ok, quanto è forte la voglia di normalità anche in questo ambito?
“Le Clinics sono nate nel 1985. Purtroppo non si tratta ancora di una vera ripresa. Quella avverrà a luglio del 2022 per celebrare il nostro 35º anniversario”.
Ci parli del tuo rapporto con il patron Carlo Pagnotta e con Umbria Jazz ; il Perigeo è stato uno degli ospiti alla prima edizione del festival nel 1973, o sbaglio?
“Vero, era l’anno in cui suonarono anche i Weather Report. Pagnotta è un appassionato e anche conoscitore di jazz. Ha creato Umbria Jazz, il Festival più importante in Europa e uno dei maggiori del mondo. Con lui ci conosciamo dalla fine degli anni ’50. Qualche volta litighiamo ma l’amicizia è profonda e indissolubile. A lui e a quella che oggi è la Fondazione Umbria Jazz devo molto”.
Come mai l’idea di scrivere questo libro ?
“L’idea mi venne 30 anni fa, si proprio così. Negli anni ho buttato giù le idee fino a completarlo, anche se, come accade a chi non ha esperienza ho spesso ricominciato da capo”.
“Abbiamo tutti un blues da piangere” è stato il titolo del disco del Perigeo. Ora lo è del libro: come mai ?
“Invito coloro che vorranno approfondire l’argomento a leggere il libro per scoprirlo ma posso dire che mi piace così com’è, ognuno può interpretarlo a suo modo”.
La musica da film e per immagini in generale rappresenta una parte importante; prima della tua formazione culturale e poi della tua carriera professionale; ce ne parli ?
“Ho amato il cinema fin da bambino. Il cinema ha sempre stimolato la mia fantasia e confesso che mi sarebbe piaciuto fare il regista di un mio film; forse è troppo tardi, anche se, come si dice “NON è mai troppo tardi”!
Il Perigeo è stata un’esperienza con cui avete creato un ponte tra il jazz ed il rock; cinque anni che hanno prodotto album fondamentali per la musica italiana di qualità. Una reunion prima nel 1993 e quindi nel 2008 sempre ad Umbria Jazz; poi il concerto del 23 luglio 2019 a Firenze. Davvero non sarà facile rivedere sul palco il Perigeo? C’è qualche speranza che il concerto di Firenze diventi un prodotto fisico?
“Se c’è una cosa che mi fa piacere sottolineare di quel periodo è sapere che siamo riusciti a creare qualcosa di nuovo che ha appassionato, e continua a farlo ed una valida testimonianza è stato il calore del pubblico anche a Firenze due anni fa. Se dovessi giudicare dalla fatica che abbiamo fatto direi che non sarà facile suonare ancora insieme; nel frattempo si sta lavorando ad un prodotto fisico tratto dalla serata di Firenze; non so con precisione quando ma prima o poi dovrebbe essere pubblicato”.
A proposito del rapporto con te, questa è l’affermazione che poco fa ha ricordato tua figlia Vivian, di un grande esponente del jazz italiano, ospite del festival nei prossimi giorni all’Arena Santa Giuliana, Enrico Rava: “Il jazz in Italia si divide in prima di Giovanni Tommaso e con Giovanni Tommaso”. Sei d’accordo con il trombettista?
Sono onorato dell’affermazione di Enrico. Ricordo un episodio di molti, forse troppi anni fa. Mi segnalarono durante un concerto un promettente trombettista torinese: era lui. Anche se siamo più o meno coetanei ha un rispetto ed una stima per me che va oltre i miei meriti”.
In famiglia la musica è stata sempre in primo piano. Tua figlia Jasmine ha una bellissima voce ed il disco del 2015 ‘Nelle mie corde’, con Bosso e Filippini è molto bello. Ora se non vado errato è in uscita il suo nuovo album. Giusto ?
“Si, proprio il 26 giugno alla Casa del jazz di Roma abbiamo fatto un concerto per presentare il nostro disco As time goes by che è uscito lo stesso giorno”.
Progetti?
“Proprio qualche giorno fa, facendo una passeggiata sulle Dolomiti, ho avuto un’ispirazione: vorrei fare un disco molto originale ma … per scaramanzia non voglio parlarne ora”.
Ringraziamo il maestro Tommaso ma il futuro è già tracciato: il patron Pagnotta si è infatti lasciato sfuggire che il contrabbassista sarà presente ad Umbria Jazz Winter ad Orvieto. E c’è anche la data: il 30 dicembre.