E’ stato definito un miele “made in centro storico” ed è il risultato di un progetto portato avanti da alcune associazioni di promozione sociale tra cui Borgo Sant’Antonio, Borgo Bello, Porta Pesa e Porta Eburnea. Il progetto “Orti, arte e tempo al centro dell’azione partecipata” che ha vinto il bando regionale, ha come finalità quella di recuperare spazi inutilizzati e degradati della città con una finalità sociale: curarli, sistemarli e farli rinascere come luoghi da dedicare all’aggregazione coinvolgendo i residenti di ogni fascia d’età dai più piccoli agli anziani.
Ed è così che passeggiando lungo via Sant’Antonio, lo sguardo che, fino a pochi mesi fa, abbassandosi lungo la scarpata che porta fino al torrente Rio, trovava solo un cumulo di sterpaglie e rifiuti, può ora scorgere una rete di sentieri che si snoda attraverso un piccolo orto in crescita, qualche albero da frutto e, cosa più singolare e importante, una serie di arnie. E’ stato infatti inaugurato lo scorso settembre il primo progetto di apicultura sociale a Perugia e le api sono state iscritte all’Anagrafe apistica nazionale, cioè l’elenco in cui tutti gli apicoltori che posseggano alveari sul territorio italiano devono per legge essere iscritti.
Le api in realtà, rivelano i responsabili, causa la siccità di quest’anno e la conseguente scarsità di pollini, non sono tantissime e purtroppo questo rispecchia la drammatica situazione globale.
Tuttavia è interessante notare come questo progetto vada ad inscriversi in tutta una serie di iniziative virtuose che l’Umbria ha messo e continua a mettere in atto a favore di questo insetto fondamentale e di cui forse molte persone non sono a conoscenza.
“Se il numero degli alveari è aumentato di quasi 3500 alveari rispetto allo scorso anno, quando erano stati censiti 39.258 alveari – ha recentemente dichiarato Fernanda Cecchini, assessore all’agricoltura – a causa degli stress climatici, in Umbria come nel resto d’Italia, si è registrato un forte calo della produzione di miele. Una fase di difficoltà nella quale interverrà il sottoprogramma regionale per l’apistica con misure e contributi a supporto di investimenti per il miglioramento dell’attività, l’acquisto di arnie e presidi per difendere le api dal temuto acaro ‘varroa’, l’acquisto di sciami e api regine, l’assistenza tecnica”.
E, a proposito dell’acaro killer, uno dei responsabili insieme all’inquinamento e all’uso di pesticidi in agricoltura, della moria delle api, viene proprio da Perugia l’idea che potrebbe sconfiggere questo pericoloso nemico. La Convective Knowledge, giovane start up nostrana di fisici, ha avuto l’intuizione di applicare all’apicoltura la tecnologia del plasma freddo, allo scopo di uccidere l’acaro senza colpire l’ape e soprattutto senza rilasciare sostanze nocive.
Buone notizie quindi, come buone sono quelle che ci arrivano in questi giorni da Città della Pieve: di concerto con la campagna Coobeeration, il comune ha aderito all’iniziativa denominata “Comune amico delle api – apicoltura bene comune”, progetto che vede coinvolti diversi paesi del Mediterraneo, le Università di Torino, di Bologna ed ha come capofila Felcos Umbria (Fondo Enti Locali per la Cooperazione Decentrata e lo Sviluppo Umano Sostenibile). “E’ fondamentale – si legge in una nota dell’Amministrazione comunale – che questa consapevolezza parta dalle istituzioni, per poi sensibilizzare e coinvolgere l’intera comunità. Il pianeta sta vivendo un’emergenza, dobbiamo accelerare e potenziare il nostro contributo mettendo al centro delle politiche comunali l’ambiente. Noi ci siamo”.
Piccoli e grandi gesti che ci rendono un po’ più fiduciosi riguardo al futuro delle api e di conseguenza del nostro Pianeta.
Del resto il rapporto tra uomo e ape è stretto e antico: la prima iconografia è stata scoperta nel 1921 in Spagna nella provincia di Valenza dove sulle pareti della grotta Cueva della Araña sono raffigurati un nido di api e un cacciatore di miele, fatti risalire a circa 9000 anni fa, durante il Neolitico.
Le api raffigurate in bassorilievo sul sarcofago di Mychirinos ci indicano che l’apicoltura era nota nell’Egitto dei faraoni e anche presso i nostri antenati Etruschi il miele rivestiva un posto di primo piano: veniva infatti utilizzato in vari modi, come “additivo” del vino o con funzioni magiche e propiziatorie durante i rituali.
Per i greci e i romani l’ape era la messaggera delle muse. La dea greca Melissa, divinità dalle doti creative e fecondatrici, era per metà ape e le sue sacerdotesse, conosciute come Melissai, veneravano le api.
Una lunga strada lastricata di profumi e suggestioni che oggi più che mai è necessario continuare a percorrere e tutelare.