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Tommaso Bori: "Riaprire i centri diurni per i disabili"

Il capogruppo del Partito democratico a Palazzo Cesaroni, Tommaso Bori, annuncia la presentazione di una mozione con cui chiede alla Giunta regionale di riaprire i centri semi residenziali. Bori chiede in sostanza “di intervenire immediatamente assicurando anche la rimodulazione di questa tipologia di servizi e con lo stanziamento delle risorse necessarie a supporto degli operatori e delle famiglie. Ci sentiamo di dare voce all’appello di centinaia di strutture e operatori, fortunatamente realtà diffuse nella nostra regione, lanciato della presidente dell’Aris Umbria (associazione degli istituti di ricovero), l’avvocato Francesca Di Maolo, anche presidente dell’Istituto Serafico di Assisi – spiega Bori – che ha lamentato proprio come i disabili continuino ad essere dimenticati, anche nella fase due, con il terzo settore che rischia di collassare. Un fatto che l’Umbria, terra di libertà e uguaglianza, di fraternità e solidarietà, non può permettersi”.
“Se è vero – prosegue Tommaso Bori – che in periodo di emergenza Covid i servizi socio-sanitari e socio-assistenziali hanno subito delle limitazioni, fino ad arrivare alla sospensione delle attività ambulatoriali e dei centri residenziali a partire dal 17 marzo, è altrettanto vero che i centri residenziali hanno proseguito però l’attività socio sanitaria con un aggravio dei costi dovuti a sanificazione e acquisto di dispositivi di protezione individuale”.
“Con la fase due – evidenzia il capogruppo Pd – la riattivazione dei Centri diurni per disabili è compito delle Regioni, che dovranno provvedere a specifici protocolli: i Centri, però, risultano ancora chiusi e i protocolli assenti. Il tutto nonostante il Governo sia intervenuto prevedendo specifici accordi tra gestori dei Centri e Asl per interventi individuali e non differibili, qualora ovviamente possano essere rispettate le disposizioni relative al distanziamento sociale. Ma il Governo, con l’articolo 48 del ‘Cura Italia’, ha previsto anche modalità di sovvenzionamento per le strutture che gestiscono centri di questo tipo. Benefici da cui l’Umbria ha scelto di escludere tutte le strutture aderenti all’Aris. Serve un intervento correttivo della Regione, a cui appartengono interamente le competenze, che preveda lo stanziamento delle risorse e la rimodulazione dei servizi, assicurandone continuità, e soprattutto un’integrazione delle strutture che beneficiano delle modalità di sovvenzionamento, come previsto dal Cura Italia. Servirà una strada per farli riprendere e permettergli di sopravvivere, anche attraverso un riadeguamento delle rette. Una lunga fase di stop, infatti, porta le tante persone assistite a perdere le autonomie conquistate e i tanti progressi raggiunti. Sarebbe opportuno quindi poter provvedere a programmi riabilitativi personalizzati, anche telerealizzabili ma soprattutto – conclude – serve l’erogazione delle risorse economiche necessarie per le strutture in convenzione con la sanità regionale e in regime di ordinaria operatività perché le attività che svolgono sono fondamentali per la nostra Umbria. Realtà diffuse ed importanti, fatte di professionalità generose, come il Serafico o le Comunità di Capodarco, solo per citarne alcune delle tante presenti in tutta l’Umbria, che meritano un sentito ringraziamento e non di cadere nel dimenticatoio”.

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