TERNI – Il secondo capitolo della terza edizione di Terni Falls Festival si svolge a Narni con gli appuntamenti dedicati al pittore narnese Francesco Diofebi e lo scultore Bertel Thorvaldsen, tra i quali nacque un’amicizia artisticamente vivace, prolifera e fortunata.
Di questo e altro abbiamo parlato con Giuseppe Fortunati, co-fondatore del Terni Falls Festival e, in effetti, sono venuti fuori particolari interessanti.
Quanto la comunità di Narni sente vicino la figura artistica di Francesco Diofebi? Il festival immagino sia un’occasione per far conoscere l’artista anche a chi magari non ne aveva tanta familiarità, giusto?
La città di Narni, ma in particolare noi ‘addetti ai lavori’, abbiamo scoperto l’artista qualche tempo fa, nel 2012, grazie al bellissimo lavoro di Laura Moreschini che a quel tempo era una studentessa. Per l’edizione di quest’anno siamo riusciti a rimetterci in contatto con Laura, oggi storica dell’arte, che ci ha onorato con un suo intervento alla conferenza del 26 novembre: si è potuto così fare un nuovo confronto tra il suo e i nostri più recenti lavori, c’è stata una bella integrazione professionale, anche perché la figura di Diofebi è ancora tutta da scoprire…non sappiamo né come era fatto (non ci è pervenuta ancora nessuna immagine), né sappiamo con certezza dove abitasse.
Che valenza hanno questi incontri?
Importantissima proprio per la possibilità di mettere insieme i “pezzi”, come nel caso della triangolazione che è avvenuta tra noi, Laura Moreschini e Margrethe Floryan, responsabile del Museo Thornvaldsen di Copenaghen in cui sono presenti quindici quadri del pittore Diofebi, un numero notevole se solo si pensa che ci sono più quadri dell’artista all’estero che in Italia. In particolare l’archivio Thornvalden si è dimostrato un baule d’oro pieno d’informazioni: lì abbiamo trovato anche un manoscritto musicale risalente alla metà dell’ottocento circa, dedicato a Thorvaldsen e firmato dal compositore italiano Donizzetti. È stato emozionante vederlo oggi adottata per violino con l’associazione culturale de ‘Il Concertino’.
Qual è l’apporto che Narni dà al Terni Falls Festival?
Il polo ternano e quello narnese sono diversi ma l’uno integra l’altro, perché in questa collaborazione si è riscoperta la miniera di ricchezza culturale del Grand Tour, che poi è quella dei plenaristi. Questo lavoro non ha unito solo me e Christian Armadori ma tantissime altre persone. Ognuno di noi ha creato i presupposti per un unico obiettivo comune, quello di valorizzare tutta l’area. Quest’anno poi con il sostegno della Fondazione Carit siamo riusciti ad avere in concessione dall’estero il quadro del pittore plenarista Fancois Carabain, datato 1892 circa, in cui ci viene restituita un’immagine inedita della piazza principale di Narni: si può notare il vecchio abbeveratoio per i cavalli che aveva come peculiarità un volto in pietra, reperto dell’Antica Roma oggi esposto a Palazzo Eroli. Sono convinto che il Festival debba essere un’occasione per riscoprire le cose belle: difatti, ogni volta cerchiamo di portare personaggi di grande spessore e ogni volta ne usciamo arricchiti. C’è lo studio di un anno dietro ogni edizione ed è quello che stiamo già facendo per il 2022.
Com’è stata finora la risposta del pubblico?
Buona. Siamo contenti, abbiamo la fortuna di avere una settimana di lancio grazie a Terni. È stato emozionante vedere anche i bambini delle scuole primarie e materne avvicinarsi a questo mondo con l’installazione multimediale a Palazzo Eroli. Ci piace concludere il Terni Falls Festival con un regalo alla città di Narni, tre opere che faranno da base per una futura sezione dedicata al Grand Tour e dei Pleanaristi che visitarono 200 anni fa il nostro territorio: l’opera calcografica del maestro Zavoli ripresa dall’acquarello di Francesco Diofebi “Chiostro di un convento a Narni con scena di elemosina”, “Pifferai di Roma a San Cosimato” di Francesco Diofebi e “Piazza Garibaldi’ di Jacques Francois Carabain.
Narni è sempre stata attiva nel campo culturale. Come riparte ora?
Con il Covid c’è stato uno stop che ci ha sacrificato un po’ tutti: noi ad esempio abbiamo dovuto abbandonare l’appuntamento settimanale con “Incontri Fortunati” (gruppo di ricercatori storici fondato dallo stesso Giuseppe Fortunati). Ma è anche vero che questo periodo ci ha permesso di iniziare a riflettere su valori maggiormente pregnanti. Io, che come tanti altri, ho avuto l’occasione di passare più tempo a casa ho rafforzato le ore dedicate alla ricerca e allo studio. È stato uno spunto. Stiamo attraversando una fase di slancio, la famosa resilienza, una vera e propria operazione di resistenza rispetto alle avversità. In ogni cosa ci sono aspetti positivi e aspetti negativi: il bello sta nel saper massimizzare il positivo e minimizzare il negativo. Il territorio di Terni, Narni e tutta la Valnerina era conosciuto con il nome de La Valle Incantata ai tempi del Grand Tour. Terni Falls Festival è quindi l’occasione per ricordare a tutti i cittadini cosa vuol dire vivere questa terra, dove la bellezza naturalistica decantata per secoli è stata spunto di altrettanta bellezza artistica.