PERUGIA – Ma mi si nota di più se non ne parlo o se ne parlo con distacco e male? Nanni Moretti di Ecce Bombo non finisce mai di illuminare. Sui social i post sono entusiastici e certa sinistra ne celebra le gesta come l’iniziatore di un’era nuova. Ma c’è sempre qualcuno, radical chic, meglio radical clic, visto il contesto di Fb e social vari, che lo “conosce meglio di altri” e che fa distinguo tra un prima e un dopo: prima di Netflix e dopo Netflix, come se la piattaforma digitale lo avesse privato di tutta l’inventiva e la creatività di cui è capace. E’ questo il destino di chi esce allo scoperto come Zerocalcare e che, dopo aver disegnato duemila pagine – come ha confessato lui stesso – ha sentito il bisogno di fare qualcos’altro. Netflix gli ha offerto la sponda, intelligentemente, ma i puristi che per principio snobbano le masse delle multisale e inneggiano a Cannes come il solo e unico luogo che ha conservato il senso del cinema, lo accusano di essersi venduto. Sarà, ma la scelta di farsi conoscere dal grande, anzi grandissimo pubblico (Netflix coinvolge 190 Paesi diversi nel mondo) non poteva non essere l’epilogo migliore per chi ha talento da vendere e riesce insieme a conciliare leggerezza e profondità, ironia e sarcasmo e dubbi esistenziali, trasgressioni e conformismi (soprattutto culturali) e in sostanza riesce ad abbattere i luoghi comuni sul narrare e sugli stessi principi della narratologia dove agli archetipi junghiani di eroe, persona e ombra, contrappone l’antieroe, la coscienza critica e il dubbio. Una montagna di dubbi che rendono tutto meno certo, più incline ad essere rivisto e rimesso in discussione, spesso in un soliloquio che accade dentro di noi e che rappresenta la condizione esistenziale di molti di fronte ai cambiamenti sociali, spesso più rapidi di quanto non si sia pronti a metabolizzarli. Il tutto ad un ritmo infernale che procede quasi a non lasciare il tempo di riflettere e ad instillarsi dentro lo spettatore come in uno spot subliminale. L’effetto è travolgente, ma è anche una modalità per rinviare la riflessione a dopo: dopo le risate e dopo aver fruito del tratto icastico di Zerocalcare. Segno tangibile che non si può restare indifferenti e che qualcosa, al contrario di molte cose che passano per Netflix, rimane dentro e riemerge in seguito per essere affrontato e nel migliore dei casi, metabolizzato. Altrimenti rimane dubbio, rimane fragilità e impossibilità di intervento su questioni a volte di piccolo vissuto quotidiano; altre sulle grandi questioni che caratterizzano la nostra era. Tutto questo è “Strappare lungo i bordi”, la serie tv di sei episodi di circa 20 minuti ciascuno che Zerocalcare ha creato per Netflix e che rappresenta il primo e inedito grande successo in Italia per un’animazione a fumetti che non necessariamente sia destinata ad un pubblico di bambini, ma che anzi è diretta soprattutto ad un pubblico di trenta-quarantenni in cui possono rispecchiarsi nei loro piccoli, grandi tic esistenziali e dubbi vari. Michele Rech (questo i vero nome di Zerocalcare), fumettista, autore, regista, da un microcosmo periferico di una borgata romana immaginaria tratteggia il meglio e il peggio di un circa quarantenne romano e che parla in romanesco alle prese con la sua esistenza: dai traumi infantili della delusione nei confronti di una insegnante che aveva idealizzato, alle dinamiche interpersonali con un gruppo di amici tra paranoie e momenti di estrema lucidità (di cui è protagonista soprattutto Giulia), dalla ricerca di un “ruolo” sociale e di un agognato quanto sfuggente lavoro che offra stabilità (anche emotiva), dai dubbi su una centralità fallocratica un po’ razzista nei confronti dell’altro sesso e lo schema conformista di maschio che non può lasciarsi andare di fronte all’amore di una donna, dai tic e le manie di un’esistenza senza punti di riferimento e la fatica di doversela inventare continuamente attraverso la mediazione della propria coscienza nelle sembianze di un armadillo, sino ad un finale tragico che pone tutti di fronte all’atto volontario di Alice, un’amica, ma più di un’amica, di togliersi la vita perché in fin dei conti nessuno ha mai voluto sino in fondo stare ad ascoltare e ad ascoltarsi nella propria indifferenza. Zerocalcare nella sua serie sottolinea che strappare lungo i bordi significherebbe definire nel tempo e nello spazio una propria identità e una propria personalità attraverso percorsi precisi – lungo i bordi che formano una sagoma, appunto – ma nell’atto di strappare, spesso i bordi vengono infranti per dirigersi in altre, imprevedibili direzioni che di volta in volta presuppongono duttilità e intelligenza, umanità e sentimento, per essere affrontate. E’ il senso dell’esistenza di ognuno di noi.
- Claudio Bianconi in Serie tv
“Strappare lungo i bordi”, serie tivù su Netflix, epilogo del talento di Zerocalcare
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