SPOLETO – Dopo il successo dell’incontro dello scorso 13 gennaio a Palazzo Mauri per la celebrazione dei 50 anni di Selling England by the pound, il Comune di Spoleto ha nuovamente coinvolto Mario Giammetti per parlare dei Genesis.
Ospite d’onore Steve Hackett, chitarrista della band inglese tra il 1971 ed il 1977, per l’incontro che si è svolto ieri al Teatro Nuovo Gian Carlo Menotti.
Prima dell’evento Hackett ha incontrato la stampa soffermandosi anche su argomenti di più ampio respiro come il suo coinvolgimento in una fervente scena chitarristica londinese come quella tra gli anni ‘60 ed i ‘70, che ha paragonato al Rinascimento in Italia nel mondo dell’arte citando Michelangelo e Leonardo.
A tal proposito ha ricordato Jeff Beck, definendolo un maestro ed esprimendo forte commozione per la sua dipartita; di aver avuto l’opportunità di veder suonare e/o conoscere artisti come Eric Clapton prima del suo ingresso nei Bluesbreakers di John Mayall, Peter Green non ancora in formazione con i Fleetwood Mac; ed infine d’aver assistito a ben due esibizioni di Jimi Hendrix.
L’Italia ha detto “è un paese bellissimo, ed ogni volta è una scoperta“; non conosceva Spoleto e l’ha molto apprezzata; e poi il clima, “in Inghilterra sta piovendo da cinquanta giorni; qui si sta molto meglio“.
Stimolato da una domanda precisa sul tour di Selling England by the pound del 1974, ha rammentato il furto della chitarra avvenuto il giorno prima; dovette suonare con una presa in prestito.
“A Roma c’erano oltre ventimila persona ad ascoltarci, una grande emozione” ha raccontato; “però grazie a bootleg che sono circolati credo suonammo proprio bene”.
Poi intorno alle 17:15 l’intervista di Mario Giammetti, andata avanti per circa 150 minuti, con un Hackett molto contento dell’accoglienza.
Il giornalista napoletano è specialista nella materia genesisiana; ha infatti all’attivo numerosi libri sul gruppo e su tutti i suoi membri ed è fondatore della fanzine Dusk, tuttora esistente, che continua a fornire informazioni su qualsiasi cosa riferita alla band inglese.
E’ stato il modo per fare un excursus sulla carriera del chitarrista, iniziando dalla sua ultima fatica solista (The Circus And The Nightwhale, pubblicato nel mese di febbraio), e poi ripercorrendo i sette anni di militanza nei Genesis.
Dall’annuncio che il musicista pubblicò sul Melody Maker, preso in esame raccontando l’incontro con Peter Gabriel e Mike Rutherford, che ne apprezzarono le doti, ma ponendo pure l’accento sul fatto che Tony Banks fece passare diversi mesi prima di esprimersi sulle sue qualità “fino ad allora era una sfinge” ha ricordato.
Poi l’accenno al fatto che aveva apprezzato Trespass (l’album precedente al suo ingresso nella band), e che già in Nursery Cryme era stato coinvolto nella stesura delle partiture; a tal proposito il primo frammento diffuso in sala era tratto da The return of the giant hogweed.
Quindi Foxtrot, album che contiene quella che probabilmente è la suite più famosa del progressive rock, Supper’s ready; Hackett ha raccontato come si trattasse di numerosi brani che poi sono stati uniti; tuttavia Tony Banks non era troppo d’accordo sul confezionare un brano di tale durata, salvo poi acconsentire sempre che venissero trovate le giuste modalità per congiungere i vari frammenti.
Oppure la difficoltà di esecuzione di una brano come Watcher of the skies; un continuo crescendo che progredendo ha parti più complicate; lo spezzone proposto per Foxtrot era Can-Utility And The Coastliners.
Ancora Selling England by the pound, il suo album preferito tra gli otto (compresi Genesis Live del 1973 e Seconds out del 1977), in cui è presente nel gruppo, con celeberrimo assolo di Firth of fifth (che è stato oggetto di ascolto), ed i primi screzi tra i componenti.
Poi The lamb lies down on Broadway, album “imposto” da Peter Gabriel che scrisse tutti i testi e portò dopo la sua uscita ed il relativo tour all’uscita del cantante.
E poi la nuova fase con A trick of the tail; al primo matrimonio di Phil Collins Jon Anderson degli Yes avvicinò Hackett e gli disse “ma come avete un ottimo cantante come Phil Collins, sfruttatelo, casomai assumerete un nuovo batterista”.
Hackett ha definito questo lavoro come fondamentale per la band che la stampa, e non solo, davano per finita senza Gabriel, citando i brani di apertura e chiusura dell’album (Dance on volcano e Los endos), che durante il tour venivano eseguiti uniti e lo sforzo di Collins di cantare su tonalità molto alte, come avveniva in Squonk.
Ripples è il brano da cui si è ascoltato un estratto.
Per chiudere la panoramica sui lavori nel gruppo all’appello manca Wind & wuthering (con Blood on the rooftops scelto per l’ascolto), uscito pochi mesi dopo A trick of the tail.
E’ l’ultimo album in studio con la presenza di Hackett, che lascerà perché posto di fronte alla scelta di proseguire con la band (ma senza l’opportunità di una carriera solista, che aveva iniziato nel 1975 con Voyage of the acolyte).
Ed il resto è storia; trenta lavori del chitarrista che alterna materiale inedito in studio a live dove ripropone brani dei Genesis (negli ultimi anni anche album interi) e riscuote sempre il gradimento del pubblico.
Il musicista ha anche avuto modo di ricordare i vari tour italiani, soffermandosi in particolare su quelli dei primi anni dove è accaduto che si siano trovati a non suonare perché il locale deputato nel frattempo era stato chiuso dalla polizia oppure i tour americani dove il pubblico nell’ascoltarli era molto perplesso, tranne che a Los Angeles (dove suonarono per tre sere al Roxy in due set giornalieri sempre gremiti, probabilmente dagli stessi spettatori).
Non è mancato un breve cameo musicale con il regalo al pubblico delle note di Horizons, dall’album Foxtrot.
Un gran bel pomeriggio con tra ricordi ed aneddoti; Selling England by the pound era introdotto da un testo che diceva “Sai dirmi dov’è la mia patria ?”; dal punto di vista musicale credo che gli amanti del prog la patria l’abbiano trovata nella proposta dei Genesis.
Grazie a Davide Fabrizi del Comune di Spoleto per l’ospitalità, la disponibilità e per le foto concesse