Stefano Bollani e Hamilton De Hollanda, al 2Mondi l'essenza della musica

SPOLETO – Batte il piede destro, agita i fianchi, fa roteare una grigia chioma legata di capelli grigi ricci, guarda i tasti del pianoforte e poi il suo compare, si regola sul movimento delle sue dita e sul ritmo del suo corpo. Stefano Bollani ha regalato ieri sera il suo On Tour a Spoleto nonostante la pioggia, mezz’ora dopo le 22, insieme a Hamilton De Holanda al mandolino portoghese (bandolim). Nella contorsione della danza che li attraversa sono pervasi dall’essenza della musica e li vedi dimenarsi carichi. Fin da subito viene creata, o mostrata al pubblico, la complicità dei due musicisti incontratisi dieci anni fa: uno sguardo sarà artefice di un’improvvisazione, di un rovesciamento di scale, di una distesa di note. 
Quando nel Novecento nacque il genere ibrido del jazz è già contaminato di polifonia e forme atonali provenienti dall’integrazione linguistica ed etnica, dalle avanguardie classiche europee e popolari.  È un mondo vulcanico e variegato quello che risalta fin oltre l’oceano. La tristezza e la violenza espressi liberamente da Charles Mingus, ad esempio, che seppe fondere il free jazz e l’hard bop sotto l’influenza di Debussy e Stravinskij forgiò lo spirito e lo studio di tutto quel complesso musicale e strumentale che sarebbe venuto dopo. Ben oltre il cromatismo e le tradizioni blues più umili, in Brasile negli anni Cinquanta venne fondata la Bossa Nova, originata dal samba e ispirata al minimalismo europeo, da Antonio Carlos Jobim e João Gilberto a cui, morto il 6 luglio scorso, ieri è stato dato tributo. Così come è stato ricordato, con buono assenso degli spettatori, Astor Piazzolla quale riformatore argentino del tango.
“La musica ha mille modi per farsi ascoltare” scriveva il pianista e compositore milanese qualche anno fa nel libro Parliamo di musica con la stessa leggerezza e pienezza d’animo con cui lo si è visto ieri al Teatro Romano in abito bianco. Entrambi giocano con la musica, uno proveniente da studi di Conservatorio presto lasciati alle spalle, l’altro rappresentato da un piccolo strumento che sembra finto ma che fasciato di accordi e tecnica è profusione di stupore. 

La perturbazione ondulatoria del suono, che è il tutto, è generata anche dal tempo battuto sulla pelle di legno degli strumenti, sui tasti nel telaio del pianoforte, sul palco dalla suola della scarpa.  Il duo, specchio l’uno dell’altro, stimola l’immaginazione mentre i brani si legano tra loro, si incastrano, zampillano in goliardiche assonanze. Il pubblico a gran richiesta, affollato sulle gradinate del Teatro, sprona infine il rientro dei due artisti per due volte e loro ossequiosi si inchinano per ricevere il meritato applauso, vinto per aver dato esempio di un’opposta tradizione che può intersecarsi, che divisa per secoli dalla Storia con discriminazioni artificiali sa mescolarsi e si unisce. La replica del concerto avverrà questa sera, 13 luglio, alle ore 22 al Teatro Romano e intanto oggi Stefano Bollani, a Casa Menotti, riceverà il Premio Monini.

Riccardo Regi: Direttore di Vivo Umbria, Perugino, laureato in Lettere, giornalista professionista dal 1990, vice direttore dei Corrieri Umbria, Arezzo, Siena, Viterbo, Rieti per 18 anni.