PERUGIA – Ieri lunedì 19 settembre al circolo ARCI Il Porco Rosso i sindacati studenteschi Sinistra Universitaria – UDU Perugia e Altrascuola- Rete degli Studenti Medi Perugia hanno partecipato all’evento “Stop sfruttamento”, incentrato sul rapporto tra formazione e lavoro, organizzato insieme a NIdiL CGIL Perugia e con ospite Andrea Borghesi, il segretario nazionale di NIdiL CGIL.
Margherita Esposito, coordinatrice della Sinistra Universitaria – UDU Perugia ha affermato: “Troppo spesso e da troppo tempo lo sfruttamento dei lavoratori giovani e meno giovani si annida all’interno di forme contrattuali concepite come strumenti di formazione e distorte nel corso dei decenni di politiche di deregolamentazione e di “laissez-faire” nei confronti delle imprese. Molto spesso tirocini, alternanza e stage nascondono mansioni e funzioni che sono in realtà tipiche del lavoro, senza condividerne però diritti e tutele, a farne le spese sono studenti medi e universitari, stranieri e disoccupati di tutte le età Secondo i dati ANPAL, negli ultimi due anni, complice la pandemia, il ricorso a queste forme di precariato e sfruttamento è cresciuto del 200%. Nonostante questo, nell’agenda politica di questa campagna elettorale questi temi ricoprono un ruolo secondario: tocca allora alle organizzazioni degli studenti e dei lavoratori accendere i riflettori su queste odiose sacche di sfruttamento”.
Anna Pierucci, Coordinatrice di Altrascuola- Rete degli Studenti Medi Perugia ha affermato: “Come tanti altri ragazzi e ragazze sento il lavoro come un mondo vicino. Vicino ma spaventoso, segnato da precarietà, dubbi, aspettative deluse e soprattutto sfruttamento. La stortura di questo sistema è particolarmente evidentemente se analizziamo il modo in cui spesso l’alternanza scuola lavoro, oggi PCTO, si trasforma in una vera e propria assuefazione allo sfruttamento, che abitua noi giovani a forme di lavoro senza diritti né dignità. Il rischio, concreto e reale, è che l’alternanza scuola-lavoro si concretizzi in una fornitura di manodopera gratuita, che abitua noi giovani sin dalla prima adolescenza allo sfruttamento malpagato che subiremo in futuro, piuttosto che essere una reale forma di acquisizione di competenze. Veniamo spesso descritti come una generazione choosy, fannullona, che non ha voglia di lavorare: non è così. Il mondo che noi giovani immaginiamo, e che anzi pretendiamo a gran voce, è un mondo in cui le persone vengano prima dei profitti, in cui la sicurezza e i diritti siano al primo posto, in cui lo sfruttamento e la precarietà non abbiano più cittadinanza. Vogliamo poter accedere al mondo del lavoro in maniera dignitosa, senza dover essere sfruttati e sottopagati. Vogliamo un lavoro che ci permetta di mantenerci senza dover chiedere necessariamente un sostegno alle nostre famiglie. Vogliamo un lavoro in cui le tutele vengano al primo posto, in cui le ore lavorate vengono effettivamente pagate. Vogliamo un lavoro sicuro, in cui non rischiamo la nostra vita quotidianamente. Sono convinta che, unendo la forza di più generazioni, tutto ciò sia possibile.”