Gestire i dati personali in rete è diventata un’attività di fondamentale importanza, in un contesto come quello attuale in cui tantissime attività si svolgono sul web. Tutte le operazioni che hanno luogo su internet, infatti, dalle semplici operazioni quotidiane alle transazioni commerciali più complesse, prevedono la raccolta e l’uso di informazioni sensibili, che vanno protette da eventuali malintenzionati. Una recente indagine sull’uso di Internet nell’Unione Europea nel 2023 ha rivelato dati molto interessanti e, in alcuni casi, preoccupanti sul comportamento degli utenti proprio riguardo alla protezione dei propri dati personali: ecco il punto della situazione.
Informative sulla privacy: quante persone le leggono davvero?
Un primo sorprendente aspetto emerso dall’indagine è che solo il 36% degli utenti di Internet dell’UE legge le informative sulla privacy prima di fornire i propri dati personali. In altre parole, la maggioranza della popolazione digitale accetta le informative privacy senza essere pienamente consapevole di come le loro informazioni vengono raccolte e utilizzate. Quelli che possono sembrare soltanto dei testi lunghi e ricchi di termini tecnici, sono in realtà studiati proprio per informare gli utenti sulle pratiche di trattamento dei dati di un’organizzazione, eppure la loro lettura può spesso essere scoraggiante proprio a causa della loro complessità.
Molti utenti, dunque, accettano automaticamente i termini per accedere rapidamente ai servizi, ignorando i potenziali rischi associati, il che pone con forza il tema di rendere le informative sulla privacy più chiare e accessibili, in modo che gli utenti possano prendere decisioni informate sulla condivisione dei propri dati.
La resistenza all’uso dei dati personali per la pubblicità
In contrasto con quanto visto nel punto precedente, la metà degli utenti dell’UE ha poi mostrato una chiara resistenza al consenso per l’uso dei propri dati personali per scopi pubblicitari. Il 54% degli intervistati ha infatti rifiutato di consentire l’uso dei propri dati per la pubblicità mirata, una scelta che riflette una crescente consapevolezza dei rischi associati alla raccolta di dati per la pubblicità e un desiderio di proteggere la propria privacy da pratiche intrusive.
La pubblicità mirata, sebbene efficace per le aziende, può essere infatti percepita come invasiva dagli utenti, che potrebbero non apprezzare la raccolta dettagliata dei loro comportamenti online per creare profili di consumo, per un atteggiamento di rifiuto che potrebbe spingere le aziende a rivedere le loro strategie pubblicitarie, cercando un equilibrio tra efficacia e rispetto della privacy dei consumatori.
Controllo dell’accesso ai dati di geolocalizzazione
Proseguendo nella lettura del report, possiamo poi osservare come oltre metà degli utenti (51%) abbia limitato o rifiutato l’accesso alla propria posizione geografica, poiché preoccupati per la propria sicurezza e privacy. In realtà, in molti casi, i servizi che richiedono l’accesso alla posizione possono offrire vantaggi significativi, come la navigazione e le informazioni basate sul contesto, eppure nonostante ciò molti utenti sembrano ancora fidarsi poco e preferiscono mantenere il controllo su questo tipo dati sensibili.
I timori, d’altronde, non sono del tutto infondati. La geolocalizzazione può infatti esporre gli utenti a vari rischi, come la sorveglianza non autorizzata e il tracciamento, e limitare l’accesso a queste informazioni rappresenta un modo per ridurre la possibilità di utilizzi impropri o non autorizzati dei propri dati di posizione.
La verifica della sicurezza dei siti web
Nonostante un atteggiamento ancora timoroso e caratterizzato da elementi di sfiducia rispetto all’uso dei dati personali, risulta che solo il 35% degli utenti dell’UE verifica che i siti web siano sicuri prima di fornire informazioni sensibili, con l’aumento dell’esposizione degli utenti a rischi significativi, come il furto di dati e le frodi online.
Utilizzare connessioni sicure tramite protocollo HTTPS, verificare la reputazione dei siti web e fare attenzione ai segnali di phishing sono, per esempio, pratiche essenziali per proteggere i propri dati durante la navigazione. Quando si naviga su siti di e-commerce o si utilizzano piattaforme di intrattenimento, come quelle di streaming o per l’accesso ai giochi online, controllare che tutti i parametri di sicurezza vengano rispettati è, per esempio, fondamentale, a maggior ragione quando ai dati personali si associano anche quelli di pagamento per l’acquisto di beni e servizi o per la partecipazione a giochi a premi come quelli con jackpot disponibili nei principali casino digitali come PokerStars Casino, accessibili sia da PC che dai dispositivi mobili.
Protezione dei profili e dei contenuti sui social media
Con l’uso crescente dei social media, la protezione dei profili e dei contenuti online è diventata una priorità per molti utenti. Proprio per questo motivo, il 41% degli intervistati ha scelto di limitare l’accesso ai propri profili o ai contenuti condivisi sui siti di social network o sugli spazi di archiviazione online, in modo da mantenere un maggior controllo sulle proprie informazioni personali e ridurre il rischio di esposizione indesiderata o accessi non autorizzati.
Le piattaforme social offrono diversi strumenti per gestire la privacy e la visibilità dei contenuti, ma è fondamentale che gli utenti li utilizzino in modo efficace per proteggere la propria identità digitale.
Variazioni nei comportamenti di protezione dei dati tra i Paesi dell’UE
È interessante, infine, soffermarsi sull’aspetto geografico: l’indagine ha infatti rivelato notevoli variazioni nel modo in cui gli utenti nei diversi paesi dell’UE gestiscono l’accesso ai propri dati personali. Le percentuali più elevate di gestione proattiva dei dati sono state osservate in Finlandia e nei Paesi Bassi (93%), seguiti dalla Repubblica Ceca (89%), Paesi che dimostrano già da tempo un alto livello di consapevolezza e attenzione alla protezione dei dati personali, oltre che un utilizzo molto più consolidato dei diversi servizi digitali.
Al contrario, i livelli più bassi sono stati registrati in Romania (52%), Lettonia (55%) e Slovenia (57%), nei quali si osservano forti discrepanze rispetto ai Paesi più avanzati digitalmente, che possono essere influenzate da vari fattori, tra cui la cultura digitale, la legislazione locale sulla privacy e l’accesso all’educazione sulla sicurezza online.