FERENTILLO – A sostenerne la paternità ci sono studi compiuti da critici, storici e soprintendenti. Ma coglie pienamente il vero e autentico artista esecutore e la particolarità di quel dipinto soltanto chi riesce con sensibilità a leggere in quei volti così tanta dolcezza e allo stesso tempo semplicità: Giacomo Santoro, Jacopo Siculo (1490-1543). Scappò via dalla Sicilia giovanissimo, con il suo talento artistico trovò fortuna a Roma, alla scuola del Peruzzi. Qui ai primi del ‘500 conobbe l’arte di Raffaello e di molti altri eminenti artisti già affermati. Arriviamo al 1543, quando alla Collegiata di Matterella realizzò l’affresco nella cappella di Santa Caterina d’ Alessandria. Un capolavoro, mai pagato, gli scudi promessi Jacopo Siculo non li vedrà mai. Li vanterà nel suo ultimo testamento da un certo Florentelli de Abbadia Ferentilli. Al di là di questo, restano quelle Sante siciliane che ci guardano e ci raccontano con i loro sguardi la loro storia la loro passione, il loro martirio.
Al centro, Caterina di Alessandria. Superba imponente e allo stesso modo fiera di sé e del suo martirio; quegli occhi penetranti leggono dentro l’ animo del visitatore attento.
Alla sua sinistra Barbara, con la sua torre, sguardo tenero, dimesso guarda come per annunciarla alla sua destra l’altra martire, Apollonia, che tiene in mano le tenaglie con il dente.
Giunge alla destra di Caterina la bellissima Agata, dolcissima e sofferente che mostra in un piatto i due seni simbolo del suo martirio (nella foto di copertina).
Infine ci guarda con il suo bel volto, ma austero, Lucia, che mostra il piattino con gli occhi. Bellissimi volti, profondi sguardi che spingono a riflettere sull’importanza della vita, sul fatto che ognuno deve accettare, sia nel bene che nel male, ogni prova che Dio manda ai suoi fedeli.
Sguardi che ti senti addosso dal primo momento in cui varchi la porta di ingresso della bussola: è uno tsunami di emozioni; una voglia di tornare, cercare vivere esperienze diverse, autentiche.