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Sette i comuni umbri più attrattivi nel 2020, annus horribilis della pandemia da Covid 19

PERUGIA – L’agenzia di Big Data Mediacom43, diretta da Giuseppe Castellini ha diffuso il Rapporto sui Comuni umbri più attrattivi nel 2020, annus horribilis della pandemia da Covi 19.

“Nonostante la dura recessione provocata dal Covid-19 nel 2020 (il Pil italiano nei conti Istat è sceso del 9,1% rispetto all’anno precedente, con l’Umbria che, in attesa dei dati ufficiali dell’Istat, è data dalla Svimez con un calo dell’8,5%) e quindi un generale e forte rallentamento delle attività economiche, sono comunque sette (Bastia Umbria, Città della Pieve, Foligno, Giano dell’Umbria, Norcia, Passignano sul Trasimeno e Perugia) i comuni umbri che hanno dimostrato nell’annus horribilis della pandemia una capacità attrattiva e un certo dinamismo, con gli impieghi bancari che hanno superato i depositi. In altri termini, si tratta di quei municipi umbri in cui i prestiti a famiglie e imprese hanno superato il livello di risparmio liquido o ultraliquido (tali sono i depositi) esistente, attraendo risparmio supplementare dall’esterno per finanziare le attività economiche di famiglie e imprese. Nei restanti comuni umbri, invece, pur se a diversi livelli, il risparmio liquido o ultraliquido (che alcuni definiscono ‘risparmio ozioso’, almeno nella misura in cui non viene utilizzato per erogare prestiti alle attività di famiglie e imprese) supera i prestiti, a dimostrazione di un minore dinamismo economico e quindi di una minore attrattività (esistente, in non pochi casi molti, come si può osservare dalla tabella, anche prima del Covid-19).

Il quadro emerge dai dati forniti per ciascun comune dalla Banca d’Italia ed elaborati da Mediacom043.

Come detto, la recessione da Covid-19 ha presentato il suo conto pesante: come si può vedere nella Tabella 1, nel 2019 i comuni umbri dove gli impieghi superavano i depositi erano 14, il doppio dei 7 del 2020.

Ci sono poi comuni, come Terni, Todi ma anche Narni e Deruta dove, sempre nel 2020, lo sbilancio tra impieghi e depositi bancari è molto limitato.

Ovviamente l tutto si inquadra nel forte aumento dei depositi bancari che si registra da qualche anno in Italia e in Umbria e che è proseguito nel 2020 e 2021(ad agosto 2021 i depositi bancari di famiglie e imprese umbre sono saliti a 20,923 miliardi di euro), come si può vedere nel precedente Rapporto Mediacom043. (Link per leggerlo: https://drive.google.com/file/d/1A_DTgmb7HTqKmJnG7H6IyBYx62gh6etV/view?usp=sharing

Una massa di denaro e liquido e ultraliquido che in parte – sulla sua entità reale uscirà a breve un apposito Rapporto Mediacom043 – resta denaro ‘ozioso’, che non si trasforma in imprese e investimenti).

Quanto ai comuni umbri dove il risparmio liquido supera di molto gli impieghi (ossia il finanziamento delle attività economiche di famiglie e imprese) e quindi risultano meno attrattivi per investimenti e consumi, come si può osservare nella tabella nel 2020 sono Magione, Spello, Panicale, Fabro, Castiglione del Lago, Orvieto e i cosiddetti ‘comuni riservati’, ossia il gruppo di quei municipi in cui operano meno di tre sportelli bancari. Per motivi di tutela del segreto statistico, Bankitalia scura risultano oscurati gli importi relativi a questi comuni, i cui dati vengono pertanto forniti solo in forma aggregata.

Alcuni spunti del Rapporto

Intanto, come c’era da aspettarsi in un anno come il 2020, in tutti i comuni umbri il rapporto impieghi/depositi bancari è sceso, non per il calo degli impieghi (che sono anzi cresciuti da 13,01 a 13,31 miliardi di euro, e spiegheremo nel prosieguo il perché), ma per il netto incremento dei depositi (nel 2020 aumentati in Umbria del 13% – +1,616 miliardi – rispetto all’anno precedente), che ha portato i depositi bancari complessivi umbri a quota 14,046 miliardi di euro. E la tendenza prosegue anche nel 2021, nonostante i venti di ripresa, che dovrebbero aiutare nel dirigere una quota maggiore del risparmio verso le attività economiche: ad agosto 2021, infatti, la mole dei depositi bancari (quindi risparmio liquido o ultraliquido, che alcuni definiscono ‘ozioso’ perché almeno per una parte non marginale non si dirige a finanziare la crescita e lo sviluppo economico-sociale), è arrivata in Italia a oltre 2mila miliardi di euro e a 20,923 miliardi in Umbria.

Così, se nel 2019 il rapporto impieghi/depositi in Umbria era di 104,7 (ossia, ogni 100 euro di depositi ce ne erano 104,7 di impieghi), nel 2020 il rapporto è sceso a 94,8. La flessione riguarda sia la provincia d Perugia, dove il rapporto impieghi/depositi è calato da 106,4 a 96,5, sia in maniera ancora più accentuata la provincia di Terni (da 98,2 a 88,3).

Ma, nonostante un calo così forte dell’indice, che evidenzia un’ulteriore spinta alla ‘bolla’ dei depositi che si era già andata formando negli anni scorsi, come detto ci sono 7 comuni umbri dove gli impieghi continuano a superare i depositi bancari, ossia presentano un indice superiore a 100 nel rapporto impieghi/depositi. Comuni che, se pur ovviamente attenuata vista la pandemia, nel 2020 hanno mantenuta un’attrattività interessante, utilizzando tutto il risparmio liquido realizzato nel comune e attraendolo altro dall’esterno: in testa c’è Bastia Umbria (indice 133,7, ossia nel 2020 per ogni 100 euro di depositi ci sono 133,7 euro di impieghi), quindi Città della Pieve (128,4), Foligno (118,5), Giano dell’Umbria (117,5), Norcia (114,2), Passignano sul Trasimeno (105,6) e Perugia (101,7). Prossimi alla parità tra depositi e impieghi Terni (indice 99,5), Todi (98,3) e Narni (98,1). Sopra l’indice 90 (ossia gli impieghi verso famiglie e imprese sono inferiori fino al 10% del risparmio liquido esistente nel comune) anche Umbertide (indice 95,6), Spoleto (92,9) e Città di Castello (92,3).

In coda, i comuni economicamente meno attrattivi dell’Umbria sono Magione, fanalino di coda con indice 41,2, Spello (60,1), Panicale (66,8), Fabro (67,6), Castiglione del Lago (71,3) e Gubbio (73,5).

Due spiegazioni e lo scenario futuro

Prima spiegazione

La prima domanda che sorge spontanea è come mai, in un anno terribile come il 2020, gli impieghi bancari complessivi non solo non siano scesi, ma siano addirittura aumentati, sebbene di poco (in Umbria da 13,101 a 13,31 miliardi di euro, +2,3%).

Questo è accaduto fondamentalmente per tre motivi: il primo è che non poche imprese, vista la politica monetaria molto espansiva della Bce (Banca centrale europea), con tassi di interesse bassissimi e con molta liquidità immessa sul mercato, oltre che la garanzia posta dal Governo sugli impeghi, hanno acceso prestiti – o aumentati quelli in essere – al di là delle effettive necessità produttive (Bankitalia stima circa il 25% in più), al fine di costituire o rafforzare un cuscinetto di liquidità sia a scopo precauzionale, sia per avere le risorse per cavalcare, al momento opportuno, un’eventuale ripresa economica, che in effetti si sta materializzando in maniera robusta. Il secondo motivo è che, grazie ai robusti incentivi messi in campo dal governo (i vari bonus ristrutturazione, bonus facciate e così via) si è mossa anche una parte delle famiglie, accedendo prestiti per realizzare i lavori e sfruttare questi bonus. Il terzo motivo è che l’introduzione da parte del Governo della possibilità di sospendere il pagamento delle rate, oltre che l’autonomo attivismo delle banche su questo fronte, ha ‘congelato’ il volume dei prestiti in essere, senza che una parte di essi finissero nei crediti deteriorati (in primis le famose ‘sofferenze bancarie’ e gli Utp – unlike to pay – ossia i prestiti che non sono andati ancora in sofferenza, ma che hanno un’elevata probabilità di andarci nel prossimo futuro).

Seconda spiegazione

La domanda è: perché i depositi, ossia come detto il risparmio liquido o ultraliquido, sono aumentati in modo consistete negli ultimi anni, anche nell’orribile 2020 quando le risorse di non poche famiglie sono state messe sotto pressione?

Fondamentalmente per tre motivi: il primo è che i bassi tassi di interesse non remunerano il risparmio e questo, viste le incertezze dell’economia,  la bassissima inflazione (per cui il denaro tenuto in forma liquida, in primis sul conto corrente, non perde potere d’acquisto) e la garanzia statale sui depositi (fino a 100mila euro), garanzia che ovviamente non c’è sul risparmio investito in altri strumenti finanziari (obbligazioni, azioni e così via), è stato parcheggiato nei depositi bancari. Con l’arrivo della ripresa (e anche con l’aumento dell’inflazione, per cui il denaro tenuto liquido perde valore) è presumibile che questa ‘bolla’ dei depositi vada via via a ridursi, trasformando di più il risparmio in risorsa per la crescita e lo sviluppo (anche se va notato che il tema su come far affluire il risparmio alle imprese in Italia e in Umbria presenta moti altri aspetti, tra cui la scasa propensione delle Pmi italiane a ricorrere a strumenti di equity).

Lo scenario futuro

Quanto detto sopra ci proietta nel presente e nel futuro prossimo. L’arrivo della ripresa (il Pil italiano nel 2021 crescerà del 6,3% in media d’anno e per il 2022 è previsto un aumento del 4,9%, con l’Umbria che dovrebbe attestarsi intorno alla media nazionale) certamente spingerà una parte del risparmio a un riposizionamento meno liquido, favorito dai minori rischi (se l’economia cresce il rischio medio di investimento finanziario verso le imprese scende) e probabilmente da un aumento medio delle remunerazioni attese dagli investimenti finanziari. Fattori che dovrebbero determinare la discesa della quantità di denaro detenuta per motivi precauzionali.

Anche se la forza e la velocità di questo riposizionamento dipenderà, almeno per gli investimenti finanziari improntati alla maggiore prudenza, dall’andamento dei tassi di interesse, che in Europa la Bce terrà bassi ancora per un po’ fino a che la ripresa non si sarà consolidata, salvo che l’inflazione non aumenti troppo in maniera struttrurale. Il Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza, ramo italiano del Recvery Fund – Next Generation Eu), con i suoi 190 miliardi di euro e rotti provenienti dall’Ue – ai quali si aggiungono circa 40miliardi di euro di fondi statali –  se verrà rispettato il timing previsto delle riforme e degli adempimenti (senza i quali i fondi non vengono erogati dalla Ue) terrà elevata la base della ripresa e avrà un effetto moltiplicativo sugli investimenti privati, aprendo nuovi canali di opportunità per il risparmio. L’opera di sgonfiamento della bolla dei depositi dovrebbe completarsi con una crescita dell’inflazione (l’obiettivo resta comunque di mantenerla nel medio periodo nei pressi del 2%), che facendo perdere valore al denaro spinge il risparmio verso allocazioni che permettano almeno di recuperare l’inflazione.

Uno scenario di crescita, insomma, che dovrebbe riportare le cose a posto sul fronte dei depositi. Ma, come si usa dire, le vie dell’inferno sono lastricate delle migliori intenzioni e ad oggi tale scenario appare minacciato dall’andamento della pandemia da Covid-19 e dai timori che la secca crescita dell’inflazione non rappreseti un fattore temporaneo e contingente (tra cui il recupero dell’inverno dei prezzi degli anni passati di recessione e stagnazione), ma un fattore strutturale della ripresa che le autorità monetarie sarebbero obbligate a contrastare tirando il freno anzitempo rispetto alle previsione.

Su quest’ultimo fronte bisognerà tenere un occhio attento alla crescita della produttività media dell’economia, vero fattore strategico della crescita e, di più, della crescita non inflazionistica. Ma questo è un discorso da affrontare a parte in maniera più specifica.

NOTE E AVVERTENZE 

  • I dati sono stati forniti dalla Banca d’Italia ed elaborati da Mediacom043
  • Con il termine ‘Comuni Riservati’ Banca d’Italia intende quei comuni in cui operano più di tre sportelli bancari. Per motivi di tutela del segreto statistico, risultano oscurati gli importi relativi a questi comuni, i cui dati vengono pertanto forniti solo in forma aggregata.
  • A differenza delle tabelle di Banca d’Italia a livello regionale, quelle sui depositi e gli impieghi a livello comunale si riferiscono alla sede dello sportello bancario in cui vengono realizzate le operazioni di deposito e di prestito non alla residenza del depositante o del beneficiario del prestito. In altre parole, se un cittadino residente in un comune effettua il versamento in uno sportello di un altro comune, il deposito viene calcolato sul comune di questo sportello e non sul comune di residenza del depositante. E lo stesso vale per i prestiti.
  • I dati si riferiscono ai soli depositi bancari e non anche, come avviene invece in altri dati della Banca d’Italia a livello regionale, ai depositi postali.
  • Per depositi si intendono le forme di risparmio più liquide di famiglie e imprese, in primis conti correnti, ma anche investimenti finanziari diretti a breve.
  • Sia per i depositi che per i prestiti vengono escluse le operazioni Pct (pronti contro termine).

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