FERENTILLO – Torna la tradizione in Valnerina con la ricorrenza di Sant’ Antonio Abate protettore degli animali domestici. L’ iconografia del Santo eremita egiziaco lo raffigura in tutte le chiese e luoghi di culto in tutto il mondo, ma soprattutto nelle zone dedite per lo più all’agricoltura e allevamento. In Valnerina, chiese ed edicole religiose lo effigiano con i simboli della tradizione contadina con il classico maialino al suo fianco o ai piedi. Ma la visione più ampia della sua vita e delle storie e’ riprodotta nel nicchione della chiesa di Santa Maria di Matterella.
Una gigantesca riproduzione realizzata nel 1543 da Jacopo Siculo (Giacomo Santoro da Giuliana – PA- 1490/1543). Andiamo a vedere, ancora una volta, l’opera di questo maestro raffaellesco che realizzo’ il dipinto su commissione della Confraternita dei vetturali e allevatori del luogo. Il dipinto raffigura Sant’ Antonio Abate benedicente e le sue storie – Madonna col Bambino.
L’ affresco e’ nella quinta nicchia della navata di destra di chi entra; di recente restaurato e riportato al suo originario splendore. Prima del restauro, le storie del Santo erano si di chiara interpretazione anche se le condizioni del dipinto erano in cattivo stato. Il restauro ha riportato in evidenza singolarita’ delle vicende che hanno caratterizzato la vita e le imprese del Santo Eremita, acclamato dalla chiesa e dai credenti come protettore degli animali domestici.
Il restauro ha tolto per sempre la precarietà di quest’ opera rinascimentale, simbolica e identificativa del maestro Siciliano sopratutto per il volto severo del Santo raffigurato con la barba folta; una caratteristica che distingue i soggetti nelle immagini dell’ Onnipotente che si incontrano in molte opere del Santoro. Infatti, il dipinto anche se non firmato, la critica lo attribuisce al maestro siciliano per evidente analogia dell’Onnipotente riprodotto nella nicchia precedente (Fabbi 1976). Il dipinto e’ datato 1543 (A.D. MDXXXXIII) su una tabella della candelabra dell’ intradosso. L’ unica voce discorde all’ attribuzione e’ quella del Guardabassi che lo attribuisce addirittura a Giovanni di Pietro detto lo Spagna ingannato, forse, dall’ aspetto spagnesco dell’ opera. Il Santo benedicente e’ al centro in cattedra, tiene con la mano sinistra il libro aperto poggiato al ginocchio recante l’ammonimento al clero secolare: NON EST HIC LOCUS IDONEUS NISI AMATORIS HUIUS SAECULI PROPTEREA FUGIAMUS A FACIE HUIUS CUPIDITATIS.
Attorno a lui ruotano in primo piano figure di animali domestici: capre, pecore, cavalli, asini, pennuti; alle spalle la campagna umbra con prati ruscelli, alberi e sulla collina il paese di San Mamiliano dove il maestro realizzò la tavola con lunetta e predella nel 1538. Qui a Santa Maria di Matterella, le storie del Santo come le tentazioni e i miracoli sono ben evidenziate tramite piccole scene, a mo’ di fumetto, di grande suggestione e abilità figurativa. Torna il colore tenue e pacato di quello stile inconfondibile del “Siculo rinascimentale” riscontrato già nel dipinto nella chiesa della Madonna di Loreto a Spoleto e presso la chiesa di San Giovanni Battista a Vallo di Nera. A coronamento dell’ opera, in alto, nell’ovale, circondato da uno stucco settecentesco dorato, la Madonna col Bambino di grande dolcezza e armoniosita’.
Tuttavia, l’immagine della Vergine col Bambino (nella foto), che coniuga ideale di bellezza formale, con schietti valori morali come “umiltà” e la “gentilezza”, si muove nel solco di alcune opere giovanili di Raffaello come, ad esempio, la Madonna Conestabile San Pietroburgo Eremitage). Il primo riferimento al maestro siciliano della decorazione di tale cappella si deve al Cavalcaselle e Crowe (1908), facendo così decadere l ipotesi del Guardabassi. L’ altare dedicato al Santo, come e’ inciso sulla transazione della parasta, era della corporazione, come detto, dei cosiddetti “mulari e vetturali” simboli (asino, mulo, maiale) scolpiti con abilita’ nelle paraste dei pilastri laterali dai maestri lombardi (scalpellini e muratori). I motivi a candelabra, dei pilastri dell’arco di accesso alla cappella, frequentemente adoperati dal Siculo sia come elementi decorativi di superficie (affreschi cappella Eroli duomo di Spoleto) che come ornato di elementi architettonici nelle macchine lignee intagliate (pale di Leonessa e Bettona) si richiamano palesemente a quelli in uso nell’ arte rinascimentale – manieristica romana come cappella Carafa di Filippo Lippi nella chiesa di Santa Maria sopra Minerva, Logge di Raffaello, Villa Madama (A.G.Marchese 1988).