FERENTILLO – Il Cavalcaselle, l’accosta allo stesso Raffaello, apprezzando la testa di San Pietro “per disegno e ricchezza di toni, la tinta fusa con un buon impasto, alquanto ombreggiata con toni grigi”. Il Guardabassi la classificò come una delle migliori opere del Siculo ma non poté vederne la predella. Per il Cavalcaselle, il gruppo raffigurato “ha carattere raffaellesco e ricorda la Vergine col Bambino della raccolta Roger”. Il riferimento del Cavalcaselle è alla Pala Ansidei ora alla National Gallery di Londra. Nel caso di questa pala d’altare di San Mamiliano con lunetta e predella realizzata nel 1538 parliamo sempre del pittore raffaellesco Jacopo Siculo (Giacomo Santoro da Giuliana PA.1490 – RI.1543). Dunque non è un’opera di Raffaello ma l’autore è, secondo Giovanna Sapori, un “Raffaellista purissimo”. Sono in tanti i critici e gli studiosi che del resto accostano al maestro di Urbino questa meravigliosa opera, oggi più che mai splendente, dopo un accurato restauro.
Antonino Giuseppe Marchese storico dell’arte di Giuliana e autore di una interessante biografia sul pittore, accosta questa opera di San Mamiliano alla Pala Colonna, realizzata dallo stesso Raffaello negli anni 1504 – 1505 per il convento di Sant’ Antonio di Padova a Perugia (ora al Metropolitan Museum di New York) della quale prende lo schema della lunetta con l’ Eterno benedicente. Il Barricelli ricorda nell’impostazione “il Cesare da Sesto di San Giorgio”. Dopo aver esaminato l’espressione critica, parliamo brevemente di questa opera considerata un atto testamentario di un artista che ha saputo catturare nel periodo del suo soggiorno romano, alla bottega di Baldassarre Peruzzi, stile e caratteri; soprattutto suggestioni di artisti del primo rinascimento come a San Gimignano conobbe Vincenzo Tamagni, Dono Doni, lo Spagna, e lo stesso Raffaello. C’è una somiglianza con due pale di altare eseguite da Giovanni Di Pietro detto lo Spagna per i conventi francescani di Todi e Trevi; e alla pala del Ghirlandaio alla sala consiliare del comune di Narni. La pala, come detto, è stata realizzata per con il contributo di 10 pezzi d’oro per la comunità di San Mamiliano (nella cimosa sotto la lunetta si legge la commissione e la data: SVMTIBVS VNIVERTITATIS 1538).
Consta di tre pezzi incastellati tra loro da una cornice lignea di marcatura e fattura classica con velata doratura. Nella lunetta, l’Onnipotente benedicente attorniato da otto teste cherubiche che benedice la scena. Al centro la Madonna in trono sotto una tenda che mostra il Bambino nudo ai Santi Pietro e Giovanni; sotto, inginocchiati i patroni del castello i Santi Biagio e Mamiliano con piviali riccamente decorati, pastorale e con le mitre poggiate a terra.
Nella predella cinque formelle riccamente dipinte: i quattro profeti maggiori; il seppellimento di Giovanni da parte di Lazzaro eremiti della vicina abbazia; l’adorazione dei Magi e tra essi San Mamiliano; il martirio del Santo nudo con mitra in capo tormentato dai pettini; il trionfo dell’imperatore preceduto da cavalcata, mentre un soldato reca su una picca la testa del Martire.
Al centro del tronetto, sotto la Madonna si leggono i nomi dei committenti, il costo (decem aureis) dell’opera e l’esecutore materiale ossia: JACOBVS SICULVS FACIEBAT.