San Mamiliano celebra il patrono San Biagio: arte e fede nel dipinto manieristico di Jacopo Siculo

FERENTILLO – Il giorno 3 del mese di febbraio ricorre nella chiesa cristiano -cattolica, ma anche in quella ortodossa, la festa di San Biagio martire di Sebaste in Armenia, medico 316 d.C. Un santo che fu martirizzato tramite i cosiddetti  “pettini” ossia un attrezzo chiodato per cardare la lana, atto a strappare la pelle dal corpo. Oltre a subire questo supplizio, Biagio morì per decapitazione. La figura del Santo è ben rappresentata in molte opere d’arte: affreschi, tele, stucchi, pale d’altare; in ogni epoca, in tutto e in tutto il mondo.
In Valnerina la frazione di San Mamiliano, fin dai tempi lontani, ne ha fatto il compatrono e lo ha rappresentato nella suggestiva e importantissima pala d’altare (nella foto) eseguita dal pittore siciliano Giacomo Santoro (Giuliana – Palermo -1490 Rieti 1543) detto Jacopo Siculo che la realizzo nel 1538, su commissione della comunità  locale per dieci aurei.
Ma torniamo alle celebrazioni del Santo protettore della gola: a chi parteciperà alla Santa Messa verrà impartito l’olio benedetto all’ altezza della gola con due candeline. La tradizione, infatti, vuole che a un bambino rimase conficcata una lisca di pesce in gola. Fu portato a Biagio che, dopo aver pregato il Signore e con un segno di croce, con olio benedetto, toccò la gola e il piccolo guarì.
Molte, del resto, sono le tradizioni legate a questa figura di Santo. C’è anche un dolce che porta il suo nome e viene realizzato in provincia di Mantova: una sorta di panettone con uvetta. Ma c’è anche il proverbio o detto popolare che testimonia la tradizione religiosa di alcuni dei santi legati al periodo invernale: “il Barbato, il Frecciato, il Mitrato e il freddo se ne è andato…”.
Il Barbato è Sant’Antonio Abate 17 gennaio; il Frecciato è San Sebastiano 20 gennaio; il Mitrato San Biagio 3 febbraio. Santi che nella chiesa del paese di San Mamiliano sono ben rappresentati. Ma andiamo nel vivo della ricorrenza con alcune notizie riguardo l’edificio religioso e l’iconografia legata a Biagio. Della storia del paese c’è ne siamo occupati in varie occasioni. La sua planimetria di castello difensivo e di vedetta (versante spoletino) mostra caratteristiche al XIII secolo.
Impianto ben ancora visibile, con la porta di accesso, mura perimetrali con feritoie e caditoie, bastioni quadrati fino a terminare con la rocca della quale la torre di vedetta nel XVI secolo fu riadattata a torre campanaria. La chiesa attuale è della fine del XV secolo adattata nella struttura della antica  rocca come testimonia l’abside circolare ricavato dal bastione cilindrico. Interno ad unica navata con copertura a caprigliate. Nel presbiterio oltre all’altare maggiore, a sinistra altare di San Biagio con decorazioni in stucco seicentesco raffigurante il Santo (nella foto di copertina).
Questo è stato da sempre l’ altare votivo della comunità. A sinistra altro altare con affresco del XVII secolo raffigurante Madonna col Bambino tra angeli e alcuni santi.  Un affresco nella parete del presbiterio, emerso da sotto lo scialbo, raffigura un bel San Sebastiano di stile rinascimentale.  Ma è il dipinto della pala di altare come abbiamo già accennato,  che Jacopo Siculo celebra San Biagio, nel massimo dello splendore.
Il martire (nella foto) è al centro della scena, in ginocchio, sotto al tronetto della Madonna.
Vestito con abito vescovile, Biagio sorregge, con la mano sinistra il pastorale con la destra porge il pettine del martirio; indossa il privilegio riccamente decorato; mitra a terra sulla sinistra; il volto barbuto e lo sguardo rivolto alla sacra immagine della Vergine col Bambino. Sia San Biagio che San Mamiliano, come detto posti in ginocchio l’ uno di fronte all’ altro, concludono la sacra rappresentazione, dando slancio e simmetria  a  questa opera, considerata da Bruno Toscano  una delle più belle rappresentazioni dell’ arte manieristica in Umbria e soprattutto nella Valnerina. Fino ad alcuni anni fa qui c’era il Busto ligneo del Santo del XVI secolo che conservava al suo interno  un frammento della reliquia del corpo. Fu trafugato insieme all’altro Busto ligneo raffigurante Sant’ Antonio Abate. La storia del territorio raccontata da eminenti cultori nel corso dei secoli hanno dato risalto a questo paese per le sue caratteristiche come il pozzo della comunità oggi piazza Jacopo Siculo (nella foto) dove nella colonna è scolpito uno dei primi stemmi del comune nel periodo de invasione saracena: giglio, chiavi pontificie, fiume scorrente, ed esternamente appesa la testa del saraceno.
Non ci risulta invece, attraverso le fonti storiche, né la presenza del Santo Grall né lo stanziamento di una possibile comunità di templari.
Carlo Favetti: Nato a Ferentillo, ho pubblicato saggi d'arte, volumi di storia e libri di poesie. Ho collaborato con il Corriere dell'Umbria dal 1998 al 2010 e poi con il Il Giornale dell'Umbria. Nel 1993 ho fondato l'associazione culturale Alberico I Cybo Malaspina.