PERUGIA – Nel II secolo dopo Cristo e in un anno sconosciuto, nei dintorni di Foligno, il giovane cristiano Costanzo si distingueva già nella chiesa perugina per bontà verso gli altri e irreprensibilità verso se stesso.
Quel giovane, che divenne poi il santo protettore dell’Augusta (insieme a San Lorenzo e a Sant’Ercolano) appena trentenne venne eletto vescovo, il primo della città di Perugia.
Definito “già prudente, saggio nell’apostolato, maturo nella carità, saldo nell’autorità, si dimostrò un Vescovo provvidenziale, specialmente negli anni difficili della persecuzione di Marco Aurelio”.
Si narra che per sua intercessione una donna affetta da cecità riacquistò la vista e che un nobile perugino di nome Crescenzio guarì, grazie alla sua benedizione, da una forma totale di paralisi degli arti inferiori.
Secondo la “Historia Augusta”, una raccolta di biografie di imperatori e usurpatori romani comprendente l’arco di tempo che va da Adriano a Numeriano, il regno di Marco Aurelio fu duramente segnato da epidemie, carestie ed invasioni. Tali disgrazie furono per secoli imputate dal popolo ai cristiani, i seguaci della nuova religione, visti come responsabili della collera degli dei e accusati delle peggiori nefandezze, dall’infanticidio al cannibalismo.
Non si conosce chi denunciò il vescovo Costanzo alle autorità, né per quali ragioni: forse per mettere mano alle ricchezze della chiesa, forse per estorcere informazioni, fatto sta che Costanzo finì per essere catturato, processato e divenne uno degli innumerevoli martiri del periodo.
La tradizione racconta che Costanzo, dopo essere stato flagellato dinanzi al console Lucio, fu rinchiuso nel calidarium delle terme romane portato però alla temperatura di un forno. Il Santo ne uscì miracolosamente indenne e una volta fuori, convertì i suoi carcerieri, riuscendo a scappare una prima volta.
Arrestato e processato una seconda volta fu poi condannato a camminare sui carboni ardenti, ma anche stavolta il fuoco non ebbe potere su di lui e riuscì di nuovo a scappare.
Arrestato una terza volta fu infine decapitato con la spada, intorno all’anno 178, nella città di Foligno in una località denominata “il Trivio”, luogo chiamato al tempo, secondo lo storico Ludovico Jacobilli, “campagna di San Costanzo”.
Dopo il martirio il corpo del Santo fu ricomposto, portato a Perugia e sepolto in un luogo chiamato Areola, fuori Porta San Pietro, dove venne costruita la prima cattedrale di Perugia. Medesimo luogo in cui fu eretta l’attuale chiesa di San Costanzo, esistente già dal 1027 e consacrata nel 1205, sotto il cui altare maggiore vennero ritrovate le sue reliquie nel 1781.
La stessa chiesa in cui, le ragazze nubili e vergini si recavano per chiedere “San Costanzo dall’occhio rotondo famme l’occhietto sinnò n’ciartorno”. Secondo la leggenda infatti, se, grazie a un particolare gioco di luci e rifrazioni sull’immagine del Santo, sembri che quest’ultimo faccia l’occhiolino, allora vuol dire che la ragazza in questione si sposerà entro l’anno. Altrimenti come premio di consolazione, quest’ultima riceverà in dono dal fidanzato il famoso Torcolo di San Costanzo, dolce rituale ricco di simbologie e significati.
La tipica forma a ciambella si presta a numerose interpretazioni: da un lato può ricordare la forma di un anello di fidanzamento ma dall’altro per altri ricorderebbe la forma del collo decapitato del martire mentre per altri ancora richiama, grazie agli ingredienti preziosi da cui è composto quali cedro candito e frutta secca, la corona di fiori che, misericordiosamente, venne posta in seguito alla ricomposizione del corpo o la collana di pietre preziose caduta dal collo del Santo.
Nei cinque tagli obliqui sulla superficie vengono viste le porte di accesso ai cinque rioni del centro storico di Perugia: Porta Sole, Porta San Pietro, Porta Susanna, Porta Eburnea e Porta Sant’Angelo.
Veronica Gatto, direttrice della Scuola Selvatica Dominae Herbarum di Foligno e studiosa di agiografia e antropologia, ci fornisce anche questa interpretazione: “l’ipotesi è che il torcolo sia un pane devozionale per celebrare la sacralità di questo passaggio dell’anno che porta alla Candelora, ricorrenza che sancisce la prima manifestazione della vita che rinasce nella natura. Un pane in offerta quindi, come usavano fare i popoli antichi per riconciliarsi con la sacra manifestazione della vita che rinasce nell’eterno ciclo del cosmo rigenerato e per propiziare la fertilità e la generatività, in quanto la sua forma, il cerchio, rappresenta l’elemento ciclico dell’eterno divenire.
Così il ciclo solare e la luce, rappresentati dall’effetto ottico nell’ammiccare del Santo, tornano a farsi più visibili dopo un’apparente stasi invernale, tanto da benedire l’unione tra giovani uomini e giovani donne, simboleggiata nel gesto rituale di portare il torcolo infilato in un bastone, alla donna prescelta.”
Per quanto riguarda la scelta degli ingredienti poi, Veronica ci ricorda che “il medico e botanico Dioscoride Pedanio nel I secolo dopo Cristo, scrive che i latini attribuivano all’anice specifiche qualità tra le quali quella di combattere l’impotenza. Una pianta perfetta quindi, per propiziare la fertilità e la nascita”.
I cinque tagli da incidere sul torcolo “rappresentano un rituale che riguarda tutta la città, un rito individuale che diventa grande rito collettivo. Un rituale che rafforza, ripercorrendole nel tempo, le origini e la nascita della città, poiché riguarda il luogo della sua fondazione, ne consolida la memoria e ne propizia anche il benessere e l’abbondanza futura”.
Preparato un tempo solo in occasione della festa patronale, è un dolce irrinunciabile per celebrare tale ricorrenza, simbolo di convivialità e legame tra la popolazione: per esempio nel 500, era usanza da parte delle ricche congregazioni, acquistarne in gran quantità da distribuire ai poveri.
Da allora il culto del “santo della gran freddura”, la cui commemorazione cade appunto il 29 di gennaio, è rimasto vivo nel cuore dei perugini che ogni anno si riuniscono per celebrarlo.
Anche quest’anno, con tutte le cautele e le restrizioni dovute alla situazione attuale, la festa è pronta ad avere luogo tra elementi tradizionali e novità.
A Borgo XX Giugno si svolgerà per tutto l’arco della giornata la tradizionale Fiera di San Costanzo mentre alle 10.30 alla Sala dei Notari, ci sarà il simbolico omaggio da parte dei forni della città alla Croce Rossa e ai volontari della Protezione Civile, come segno di ringraziamento per il loro lavoro sul campo.
Appuntamento in corso Vannucci alle 14.30 per quella che sarà invece la novità dell’anno: la prima edizione della Corsa di San Costanzo, gara riservata al settore giovanile della FIDAL organizzata dal comune insieme alla società Atletica Capanne Athletic Team e Atletica Avis Perugia e ai loro presidenti, rispettivamente Sauro Mencaroni ed Enrico Pompei.
“Un invito da parte del comune” ci racconta lo stesso Mencaroni “che noi abbiamo accolto con molto piacere. Con le chiusure di questo periodo di pandemia sono stati proprio i più giovani ad essere più penalizzati, quindi che meglio di una gara per far riprendere loro il movimento e nello stesso tempo far conoscere ai più piccoli le tradizioni della nostra città?”
Una gara più soft, specifica poi, “senza l’ansia della vittoria, per celebrare il santo patrono, stare insieme, vivere e colorare così il centro storico”.
La gara si snoderà lungo corso Vannucci mentre le due categorie dei più grandi correranno anche lungo via Baglioni, con partenza e arrivo sempre alla Fontana Maggiore.
Saranno coinvolti i cosiddetti “pulcini”, di cinque anni e le categorie della federazione: esordienti C (2015-2016), esordienti B (2013-2014), esordienti A (2011-2012) e ragazzi (2009-2010) per un totale, ci svela il presidente “di probabilmente 150 partecipanti. E’ naturalmente tutto da vedere ma hanno dato l’adesione tante società del perugino. Oltre a noi organizzatori, l’Atletica Capanne e l’Atletica Avis, hanno aderito anche l’Arcs di Strozzacapponi, l’atletica Csain Perugia, la Grifo Runners, la Cdp Atletica e probabilmente verranno anche Magione e Umbertide. Insomma, pensiamo di radunare un buon numero di partecipanti”.
Un momento simbolico quindi, per correre incontro con leggerezza ed ottimismo verso un nuovo anno.
Francesca Verdesca Zain
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