FERENTILLO – Sfatiamo in via definitiva quello che rappresentano le edificazioni altomedievali che sovrastano i due abitati di Ferentillo: Precetto (Sacrato) Matterella (mater-illae /quella Madre o piccola Madre). Queste sono le due denominazioni che da sempre distinguono e compongono geograficamente e storicamente, Ferentillo. La storia scritta, da eminenti studiosi prima di noi, non può e non deve essere estromessa da assurde attribuzioni o illazioni. La storia di questo paese e stata studiata a fondo, e quindi quello che sappiamo ed abbiamo appreso, non deve essere messo in discussione: “carta parla, villan dorme” . L’emblema del paese sono le rocche altomedievali. Esse si ergono maestose in cima ai due nuclei abitati. Furono edificate attorno al 1100, come baluardo di difesa insieme ad Umbriano della abbazia ma nel contempo, facenti parte di un anello strategico militare, insieme ad altri nuclei fortificati della via di comunicazione con Lazio, Marche, Abruzzo.
Un controllo totale in una vasta area, soggetta alle mire espansive del ducato spoletino (finché non ne ebbe in possesso). Quindi il sistema militare era così costituito da i seguenti fortilizi: rocca di Matterella, rocca di Precetto, rocca di Monterivoso, rocca di Umbriano, rocca di San Mamiliano, rocca di Gabbio, rocca di Sasso (sovrastante il poggio di Loreno), rocca di Macenano, Rocca di Terria. In tutte le rocche, abbiamo al centro la torre o più comunemente detta Cassero quadrato, con due finestre per lato (tranne per la torre di Precetto, di impianto pentagonale). La rocca di Matterella, posta all’estremità del monte, precipite sulla valle del Nera, si impone con la sua torre quadrata, si accedeva tramite Porta Spoletina. Il nucleo, recuperato di recente, si presenta con bastioni cilindrici e angolari, dentellata da mensoloni e cinti nella controscarpa da una cornice marcapiano. Lungo le mura, ancora sono visibili feritoie e caditoie, locali per l’ appostamento della guarnigione e del deposito delle armi e vettovaglie. L’ interno e’ munito di una cisterna per la raccolta dell’ acqua. Alcuni archi interni, a tutto sesto, sorreggevano altri stabili sopraelevati purtroppo andati perduti. Le mura, degradanti verso valle, ancora raccolgono le abitazioni, intervallati da archi e contrafforti. La rocca ha subito un interessante recupero e consolidamento da parte dell’ amministrazione comunale (ma ancora c’e molto da fare). La Rocca di Precetto, sulla parte opposta, di rimpetto, ha impianto triangolare con al culmine la torre pentagonale di vedetta, con due finestre per lato all’ estremita. Si accedeva, tramite la pusterla.
Le mura, che degradano verso l’abitato conservano ancora i contrafforti, con i classici merli Guelfi. Poco tempo fa si e svolto un intervento di ripulitura e manutenzione della parte a monte racchiuso nelle mura. Sono emersi tracce delle antiche case e “muretti a secco” (classici baluardi di contenimento della rupe, ma nel XVI secolo adattati più per coltivazioni degli ulivi. Questa particolarità e’ presente anche nei territori toscani delle Cinque Terre, territori Cybei). Si accedeva a questa rocca tramite Porta Saracena e, la strada interna riusciva per l’ altra Porta di Valle per proseguire per il Santo del Cieco, passando per Monterivoso. Due bastioni semicircolari posti sotto la torre, rappresentano il rinforzo e sostegno della rupe, l’ angolatura delle mura dei bastioni quadrati con archi e camminamenti ancora visibili dappertutto. Questi castelli, nel 1190 l’abate Ancaianj dell’ Abbazia di San Pietro in Valle, li cedette al comune di Spoleto. Nel 1212 in un documento di Archivio, Precetto rinnova la sottomissione a Spoleto tramite il feudatario Ottaviano Gentilini; nel 1415 tutte le rocche passarono in possesso di Ugolino Trinci. Dal 1515 con Franceschetto Cybo furono in possesso della famiglia Cybo e successivamente Cybo-Malaspina fino al 1730. In seguito vennero vendute, insieme ai terreni alla Famiglia Benedetti Montevecchio di Fano, poi Montholon con Umbruano e Precetto e successivamente a privati cittadini. Oggi, anni 2000, dopo un lungo iter burocratico, sono state finalmente acquisite dall’ente comunale che ne ha sostenuto il recupero e consolidamento (rocca di Matterella). Azzardiamo ora a descrivere, come si presentavano le nostre rocche all’epoca della loro edificazione e grandezza (XI-XIIsecolo c.a.). Innanzitutto, le rocche erano l’ ultima parte del cosiddetto castello, (quella fortificata).
I castelli erano un insieme omogeneo di villaggi fortificati e non sede del feudatario. Erano divisi in tre “cerchi concentrici“: LA TERRA (casareni posti dentro le mura), CONTADO (una serie di ville situate nelle adiacenze), DISTRETTO (se erano presenti altre rocche nel comprensorio, nel nostro caso il distretto era assai vasto). I castelli data la loro posizione aggrappata alla collina o a picco su dirupi (casi singolari come Matterella, Precetto, Terria, Monterivoso, Umbriano Loreno) erano adatti più per difesa morale che per quella militare, una sorta di dissuasore per coloro che transitavano. Questi nuclei, come i “castra stativa” (terminologia ereditata dai romani) erano per lo più centro di raccolta di soldati, delle loro famiglie, oltre che magazzini di derrate e ricovero per animali. La planimetria (come è evidente) segue l’ andamento del terreno dove sono stati edificati. Le mura (anche se oggi per la maggior parte scomparse) si estendevano in cortina a forma triangolare o trapezoidale, rafforzata da antemurali, avancorpi, casseri più o meno ad altezza contenuta, bastioni quadrati ad angoli retti e semicilindrici agli angoli ottusi. IL MASTIO era per la maggior parte a base quadrata (eccetto per Sacrato pentagonale). Era munito di possenti mensoloni dove si aprivano le caditoie, difesa piombate. I MERLI GHIBELLINI (non presenti nel nostro caso) a forma di coda di rondine, erano più adatti per le bertesche di legno girevoli. Le porte ogivali dei bastioni (esempio Porta Saracena evidente a Precetto), erano aperte ad angolo rientrante, per dare ai soldati che difendevano il perimetro delle mura, l’azione offensiva a sorpresa dell’ attaccante. All’estremità, come detto, era collocato il mastio dentro il quale si accedeva attraverso la Posterla con una scala in legno mobile che veniva ritirata al momento opportuno. I castelli o rocche avevano spesso un cunicolo che dall’ interno del mastio comunicava all’esterno in aperta campagna. La torre, (come evidenzia quella di Monterivoso) era scandita, al suo interno da più piani con ballatoi e scale in legno. All’estremità era collocata la vedetta che attraverso un sistema di segnalazioni era in corrispondenza con altre torri (è singolare, sulla estremità della torre di Monterivoso, era collocata anche una “latrina” per le esigenze corporali degli armigeri di turno. Era una apertura a mo’ di foro sulla pietra inserita in una nicchia a sedile….). I castelli, nel loro insieme formavano quindi, con le rupi rocciose, un omogeneo baluardo di poderosa difesa. Nel suo interno, il nucleo edilizio, raccolto dentro le mura, era composto, come già specificato, da casareni (derivazione romana di insulae) edificati a mo’ di ventaglio (come a Precetto) con viottoli e strette viuzze disposte a ragnatela. Di fronte alla torre o porta di ingresso, alla parte fortificata, era disposta la chiesa di juspatronato della comunità (esempio San Giovanni di Matterella). Di fronte ad essa era un piccolo portico (conventus ante ecclesia, come a Colleponte) dove si riunivano i consigli comunali. Successivamente tale servizio civico fu trasferito presso la Platea della Collegiata di Santa Maria a Matterella. Come in tutti i luoghi, le porte del castello venivano chiuse al rintocco della campana (Ave Maria) all’ imbrunire. In alcuni codici come quello “Eutiziano”, (canones poenitentiales) il traditore del castello era equiparato allo stesso Giuda. A lui venivano confiscati i beni e subiva il carcere a vita. Nel periodo rinascimentale con l’ evolversi e il miglioramento delle armi, le torri persero la loro importanza e funzione di difesa. Alcune di esse furono abbassate, altre trasformate in colombaia, in altri casi le pietre utilizzate per l’edificazioni di altri edifici sia civili che di culto. (Nel nostro caso nulla di tutto cio’). I nostri avi hanno preservato le torri per tantissimi secoli, lasciandole intatte. E così ancora si possono ammirare sia quelle del capoluogo Matterella, Precetto, sia quella di Macenano, Terria, Monterivoso, San Mamiliano (quest’ ultima trasformata in torre campanaria, così la vecchia rocca in chiesa di San Biagio, come testimonia il bastione cilindrico trasformato in abside, il tutto nel XV sec. ). La manutenzione delle torri e delle mura e rete viaria interna, era contemplata con incisiva legislatura negli Statuti Comunali di Alberico Cybo Malaspina del 1563. Ed è per tutto questo che ci piace chiamare Ferentillo “il Paese delle Rocche”.