TORGIANO – Si chiama “Piccolo Pallido Puntino Blu” la mostra ideata dallo storico dell’arte Lorenzo Fiorucci visitabile fino ad ottobre alle sale espositive del MACC di Torgiano, presso Palazzo Graziani Baglioni. Un titolo che incuriosisce e che racconta di storie lontane, storie che sono state scattate dall’alto, quando nel 1990 la navicella spaziale Voyager 1 per la prima volta fu in grado di immortalare la Terra da una distanza di oltre 4 miliardi di km.
Ai microfoni di Vivoumbria abbiamo intervistato l’ideatore di questa mostra, Lorenzo Fiorucci.
“Sono Lorenzo Fiorucci storico e critico d’arte contemporanea, dal 2022 Accademico d’onore all’Accademia di Belle Arti di Perugia e da gennaio 2024 Direttore del Museo Arte Ceramica Contemporanea (MACC) di Torgiano e delle sale espositive di Palazzo Graziani Baglioni. Dal punto di vista storico critico mi occupo essenzialmente di arte contemporanea in particolare di scultura, pittura e ceramica dagli anni 50 ad oggi. In questo ambito ho curato numerose mostre in Italia e all’estero, occupandomi, attraverso pubblicazioni e mostre di: Alberto Burri, Leoncillo, Lucio Fontana, Bepi Romagnoni, Edgardo Mannucci, Ugo La Pietra, Loris Cecchini, Paolo Canevari, Giulia Napoleone, Joaquin Roca Rey, Claudio Capotondi, Giacinto Cerone, Luigi Mainolfi e tanti altri.
Ho promosso la costituzione, presso il Ministero della Cultura, di numerosi Comitati Nazionali per la Celebrazione di centenari di importanti artisti e critici tra cui: Giovanni Carandente, Pietro Cascella, Titina Maselli. Attualmente sono membro delle Edizioni Nazionali approvato da Ministero, per la ripubblicazione dell’opera omnia di Cesare Brandi e faccio parte degli archivi di Edgardo Mannucci, Bepi Romagnoni e Titina Maselli. In questo momento invece sono impegnato nella progettazione di un’esposizione che coinvolga artisti italiani e sud africani. In particolare quest’ultimi sono ceramisti provenienti da Langa una Township o bidonville nata sotto la segregazione razziale a Città del Capo in Sud Africa, dove grazie alla Scuola Dante Alighieri e il Consolato Italiano di Cape Town, esporremo a novembre valorizzando il lavoro artistico italiano e sud africano”.
Come nasce l’idea della mostra “Piccolo pallido puntino blu”?
“La mostra nasce dall’attualità del nostro tempo. In pochi mesi/anni sembra che l’umanità sia ripiombata improvvisamente indietro di 70 anni. Sono tornati a dominare la scena conflitti che incendiano l’Europa, la Russia e il Medio Oriente, in attesa di un fronte bellico orientale che si annuncia da anni e che sarebbe una vera catastrofe. Conflitti in cui mi pare che si stia sempre più forzando quei limiti etici che difficilmente avevamo conquistato, sdoganando anche la minaccia nucleare che sembrava sopita dopo il ‘45 e superata dopo ‘89, e dove mi sembra che il temine ‘pace’ non sia più sull’attualità dell’agenda politica internazionale, né tantomeno prioritaria tra la cittadinanza, soprattutto occidentale ed europea, troppo impegnata a pensare a proprie questioni interne.
A questo si sommano i problemi che abbiamo sottovalutato da almeno 50 anni, come il cambiamento climatico e tutte le conseguenze sociali che questo comporta in termini di disuguaglianza, senza che effettivamente si sia affrontato il problema alla radice. Ripensando cioè ad un diverso sistema economico, produttivo e culturale in cui si rifletta su nuovi valori, che esulano dall’unica prospettiva attuale che è quella del profitto. Insomma mi pare che ci stiamo imbarbarendo avendo in mente le divisioni e come unica priorità il benessere individuare lasciando completamente da parte l’idea di collettività, unità e insieme. Da queste premesse nasce la mostra “Piccolo pallido puntino blu” che rielabora il titolo da una nota fotografia scattata dalla navicella spaziale Voyager 1 nel 1990, che immortala la terra dal punto più lontano ad oggi possibile e cioè dai confini di Nettuno, oltre 4 miliardi di km.
Da quella distanza la Terra non è che un “Pallido puntino blu”, come la descrisse nel 1994 Carl Sagan, lo scienziato che volle quella fotografia e da quella immagine ha scritto forse una delle pagine più belle del nostro tempo. Egli ci fa notare come tutta la storia, la sapienza dell’uomo, tutte le sue guerre, le sue idee, il suo odio e il suo amore è racchiuso in quel puntino che è casa nostra, dal quale non possiamo fuggire e pertanto dovremmo prendercene cura con attenzione e rispetto per tutti gli esseri che la popolano pensando in termini unitari. Credo che quel puntino sperduto nello spazio dovrebbe farci ridimensionare arroganti ambizioni e sconsiderati comportamenti, ribaltando paradigmi e azioni quotidiane dell’umanità nel suo insieme”.
La domanda che mi sono posto è stata: chi ha riflettuto sul rapporto uomo, cosmo, natura nell’arte? Nel novecento sicuramente Joseph Beuys che ha fatto della “difesa della natura” l’oggetto principale della sua ricerca artistica, per questo una sezione della mostra di Torgiano è dedicata a lui, al suo pensiero e al suo lavoro. Accanto a questo straordinario artista ho voluto mettere anche un’opera di Edgardo Mannucci, lo scultore marchigiano amico di Burri che negli anni ’50, di ritorno dalla guerra, ha avvertito per tutta la vita la minaccia nucleare e ha elaborato delle sculture fatte di materiale metallico di recupero e pietre vetrose, che generano un effetto di straordinaria bellezza quasi ad esorcizzare quel pericolo da tenere sempre presente. Tutti gli altri sono artisti di diverse generazioni e linguaggi, dalla veterana Giulia Napoleone classe 1936, alla giovanissima Ilaria Pennoni nata nel 1998, e poi ancora Pino Genovese, Paolo Canevari, Francesco Capponi, Attilio Quintili, Andrea Mori, Carlo Dell’Amico, Andrea Marinelli, Danilo Fiorucci, tutti a modo loro hanno, nella costanza del loro lavoro, affrontato questi temi da punti di vista diversi ma che credo efficacemente rappresentati in mostra.
La mostra indaga la connessione fra Natura, Società e Cosmo. Come questi elementi riescono a dialogare oggi?
“Il punto è che natura e cosmo dialogano mentre società no, o quantomeno non in modo costante. Per questo occorre, soprattutto all’uomo e dunque alla società, un mediatore che un tempo era lo sciamano, e qui torna Beuys, a fare da collante tra cosmo natura e uomo. Sciamano non da intendere come puro santone spirituale, quanto metaforicamente una guida nuova nelle forme di potere consolidate, che sviluppi nell’uomo una consapevolezza sui propri comportamenti. L’uomo dovrebbe poi riorganizzare la società in una visione unitaria con la natura e con il cosmo e non in forme predatorie, affariste e individuali.
L’arte da questo punto di vista serve a riflettere, ma anche a modificare i comportamenti e offrire visioni nuove, critiche e propositive ma sempre con una veste poetica, sussurrata e mai urlata. Come nel caso di Andrea Mori, l’artista camminatore che vive nei boschi e che in mostra ha inviato oltre alcune “meraviglie” del bosco accanto a delle vere e proprie carte che il pubblico può prendere dove c’è riportato il consiglio del bosco, con l’obbligo, per il visitatore, di raccogliere quel consiglio. Quindi è un’arte che diviene di comportamento e che vuole disseminare consapevolezze nuove abbattendo confini mentali e culturali e cercando di ritornare all’unità di base tra uomo e natura. Uomo parte della natura e la natura parte del cosmo in un unico indistinto rapporto che permette l’esistenza”.
L’esposizione sarà visibile a ingresso libero fino al 10 novembre 2024 per info e prenotazioni 075/6211682 email info@stradadelvinodelcantico.it
Apertura da martedì a domenica ore 9-13, ad agosto anche dalle 20 alle 24. Ingresso da corso Garibaldi, per info e prenotazioni 075/6211682, email ingo@stradadelvinodelcantico.it