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Quel canto di Nada che ha donato sacralità al Sanfra

PERUGIA – La sacralità del San Francesco al Prato ha rimbalzato con straordinaria duttilità il canto che da sempre graffia le corde vocali di Nada e quelle dell’anima di chi la ascolta, a partire dai testi. Talvolta rituali, come nel caso di “Maremma”, a volte da ballata malinconica come in “Senza un perché” o di una litania dissonante dell’amore da trovare in “Luna piena”. Questi echi, in qualche caso al limite del punk, battono sulle volte di una chiesa sconsacrata trasformata in auditorium ma che trasuda storia francescana e invocazioni di popolo.
Nada stessa confessa l’emozione di trovarsi lì, con le sue canzoni, con il suo verbo.
Davanti a lei c’è un pubblico devoto. Suo, certamente, ma anche quello del Sanfra che si sta abituando alla proposta, nuova, di Mea Concerti e Comune di Perugia che vuole inserire all’auditorium un certo tipo di espressioni culturali.
Ad accompagnare Nada c’è una chitarra acustica sei corde. E’ quella di Andrea Mucciarelli. Un devoto anche lui di lei. Abituato a suonare jazz e blues, frutto della scuola senese, già conosceva tutte le canzoni di Nada e che, come la stessa Nada ha pubblicamente ammesso, ha fatto la sua parte nel convincerla a tornare a cantare sui palcoscenici dopo che la morte di Fausto Mesolella, chitarrista compositore della Piccola Orchestra degli Avion Travel, le aveva tolto linfa vitale oltre a quello che era molto più di un amico.
Quel giovane chitarrista, ora, è una presenza di assoluta consonanza con Nada al di là della sua oggettiva bravura. La sei corde rimanda un suono di grande effetto grazie a una pedaliera variegata fatta di delay ma anche di distorsori che riproducono note da chitarra elettrica, con l’amplificazione del piede che batte come la cassa di una batteria. Una solidissima, particolarissima , efficacissima base, insomma, su cui Nada mette se stessa, i suoi movimenti alla Janis Joplin (come la ricorda in molte cose), i suoi sorrisi, le sue grida.
Mentre le canzoni si susseguono ecco arrivare “Ma che freddo fa”. Ed è a questo punto che scopri con chiarezza qualcosa che già in quel lontano Sanremo del 1969 avevi percepito di quella Nada. Un testo gelido, di sofferenza inconsueta per quei tempi, premonitore di consapevolezze sociali e culturali che erano alle porte anche in Italia, di quella “farfalla che sui fiori non vola più” e sapeva però che avrebbe voluto posarsi sulle cose della vita e impollinarle di verità e poesia con la sua vena artistica.
Mentre ci pensi, la vedi inscenare sul palco del Sanfra una sorta di camminata ritmata. Quella che l’ha portata, dopo quel Sanremo, a percorrere strade artisticamente anche impervie. Frutto senza dubbio del fertilissimo periodo di “Nada in trio”, con Mesolella per l’appunto e Ferruccio Spinetti, che non per caso dal palco dell’Ariston l’hanno fatta salire su quelli del Premio Tenco e di Musicultura di Recanati. Da lì fino al 2017 e di “Nada Trio: La Posa”, pietra miliare, per tanti aspetti, di una carriera già densa di musica e contenuti.
“Vi canto sempre anime nere, amori disperati. Ma io sto bene con me stessa. Ma ho una voce interiore – ha colloquialmente confessato al pubblico del Sanfra – che incoraggia il mio lato oscuro che è dentro di me. Che quasi recide al mattino un fiore, ferendolo”.
Certo è che comunque sia e si senta di essere, Nada trasuda magnetismo. E un po’ di mistero. Anche per quella storia del nome nato, come si narra, dal colloquio che mamma Viviana ebbe con una zingara che, leggendole la mano, le predisse la nascita di una figlia che avrebbe viaggiato e avuto successo. Per sdebitarsi, Viviana, le chiese cosa potesse fare: la zingara rispose “nada, nada”. Quel niente, niente, si è trasformato nel transito della vita in tanto, tanto. Emblematico il finale, a due anime, del concerto con due bis. Il primo, il canto religioso “Dell’aurora tu sorgi più bella” di don Pietro Panzetti. Il secondo “All’aria aperta” e un frase che resta in testa: “Se più non sono una rosa è perché nel tuo giardino sono nati crisantemi”.
Che, volendo, spiega molto anche di quella farfalla che sentiva tanto freddo nonostante i fiori sanremesi.

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