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Quattro passi in centro sino ad imbattersi in “Fiorivano le Viole”

PERUGIA – Un sabato pomeriggio, la piccola esigenza di acquistare un filo da cucito, la scelta di non raggiungere una comoda merceria dotata di parcheggio ma prendersi il tempo di salire in centro  e dirsi “ma via, con l’occasione ci facciamo anche due passi”, e già la cosa ti sembra esotica, diventa occasione di incontri e un’esperienza fatta di magoni e fari nella nebbia.

Il cielo è grigio e la salita di via Alessi, proprio lì dopo l’archetto, ti sfida quasi a percorrerla. Macchine e qualche raro passante frettoloso.

Ti incammini, ma prima di giungere nel negozio ricercato le vie catturano la tua attenzione: ci sono murales, istallazioni artistiche, sculture e ti vengono in mente ricordi di un’altra vita. “È vero” dici “c’era Alchemika” il festival degli artisti di strada che si snodava proprio tra queste vie, musica, balli e risate e una mano invisibile ti spinge leggermente alle spalle per continuare a camminare.

Ti guardi intorno: passi accanto ad una ragazza riccia a cavallo di un grifone circondata da creature magiche, una fila di occhi in barattolo ti fissa mentre osservi i muri scrostati, c’è un gorilla in gabbia e una chiave gigante che apriva in passato chissà quale porta, busti estatici di santi e la scritta “non ci resta che” lasciata a metà, come a dire completatela voi che qui siamo stanchi. E ancora, specchi che rimandano immagini fumose, unicorni in argilla dagli occhi umani e lupi che ululano alla luna.

Un tempo c’è stato qualcuno che con entusiasmo ha creato tutto questo, ha dipinto, scolpito, incollato, inchiodato per rendere più bella e colorata la via certo, ma soprattutto la vita di chi, per caso o per volontà si fosse trovato a passare nell’intrico di strade tra via Cartolari e via Della Viola.

Un tempo le serrande dei locali erano alzate. Adesso, in un quartiere che aveva problemi di degrado e abbandono ben prima della pandemia, di fronte a queste serrande chiuse ti viene solo da chiederti in quanti riusciranno a rialzarle e la mano che ti spingeva ora ti serra un po’ la gola e senti un peso sul cuore e intorno non c’è nessuno, solo silenzio e le solite macchine.

Però continui a camminare ed eccolo il primo faro nella nebbia: una cassetta della posta ed un cartello: “hai bisogno d’aiuto? Lascia un messaggio in questa cassetta con un tuo recapito. Ti contatteremo”. Sì, insieme a qualche libro accatastato alla rinfusa, coperte e una scarpa buttata lì, fa anch’essa un po’ scenario post apocalittico ma è un forte segnale che dice che parla di presenza e ascolto. Ed infatti, fatti pochi passi, si arriva alla sede dell’associazione che ha ideato tutto questo, che ormai da anni si prende cura delle strade e delle anime di questo quartiere. “Fiorivano le Viole” si presenta così, come “una cellula di resistenza creativa contro il degrado culturale e civile che attanaglia le nostre strade, i nostri luoghi, il nostro sentire” fondata come “baluardo contro la deriva individualistica ed economica della modernità che ha ceduto lo spirito al danaro e l’emozione al potere”.

Ti aspetti di trovarla chiusa camminando davanti al portone ma invece altri fari si accendono, occhi sorridenti dietro le mascherine e voci: sono proprio i ragazzi e le ragazze di Fiorivano le Viole, l’associazione è aperta come da Dpcm per le lezioni individuali di musica e sala prove ed è naturale fermarsi e mettersi a chiacchierare con loro.

Daniela, che insieme a Marco è la responsabile della cassetta solidale vista qualche metro più giù ci racconta che l’idea del paniere è nata durante il primo lockdown. Ci dice che in realtà non hanno ricevute molte richieste, 7 o 8 forse, sono state tutte ascoltate e le persone indirizzate a chi di dovere, servizi sociali o psicologi, ma c’è stato anche il caso di un ragazzo che voleva solo integrarsi e parlare con qualcuno che è stato richiamato. Da un bel po’ non hanno richieste ma continuano a lasciarla attiva e a controllarla regolarmente.

Anche loro sono in attesa ma intanto si ride e si scherza lungo la strada ed il cuore si alleggerisce.

Così come si alleggerisce di fronte alla piccola fila che si è formata davanti alla Libreria “Mannaggia” perché pensi che una piccola libreria indipendente sta lavorando.

Son passate quasi due ore e infine arrivi dove devi andare, quasi in cima a via Alessi, e nel colorato mondo dello storico negozio di filati “Il Gomitolo” trovi Daniela e Antonietta, la proprietaria, che sferruzzano e lei ti dice che anche loro sono in attesa. Sono in contatto con altre persone: vogliono mettersi insieme per creare un’associazione con dei corsi per insegnare e valorizzare l’antica arte di lavorare i filati, lei ha già gli spazi pronti, ci racconta, sotto al negozio. Avevano iniziato ma poi… E lascia la frase in sospeso.

Ed è chiaro che non c’è bisogno di spiegare cosa c’è alla fine di quei puntini di sospensione.

Cosa ci sarà alla fine dei puntini di sospensione di tutti noi invece non è dato sapere, quello che però ci portiamo dentro alla fine di questa intensa passeggiata è la sorprendente consapevolezza di quanto bello e arricchente sia aprirsi all’altro, al confronto, agli occhi e alle parole di chi non si conosce.

Di quanto siamo chiamati a compiere un ulteriore sforzo per evitare di considerare “normale” questo stato di cose perché  come diceva Søren Kierkegaardla porta della felicità si apre sempre verso l’esterno. Chi tenta di forzarla in senso contrario, finisce per chiuderla sempre di più”.

 

Francesca Verdesca Zain

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