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Quattro milioni di euro per recuperare la chiesa di San Salvatore in Campi

NORCIA Quattro milioni di euro per rimettere in piedi quello che rimane della antichissima chiesa di san Salvatore in Campi di Norcia distrutta dalle scosse sismiche.

Tutti i soldi che saranno spesi non potranno restituire mai completamente a noi e alla storia la tanta bellezza e la tanta arte che racchiudeva l’edificio religioso.  E stato davvero triste, quel giorno del terremoto, vedere quel cumulo di macerie.  Ad ogni modo della chiesa di San Salvatore in Campi un buon settanta per cento dei frammenti dei dipinti e della iconostasi, dei rosoni ecc. sono stati recuperati e messi a restauro nei depositi regionali. Il Fai (Fondo ambiente italiano) che ha adottato fin dall’inizio l’edificio,  sta contribuendo concretamente per far rivivere queste opere.

Ma andiamo a vedere l’epopea della chiesa considerata una delle più importanti di questa parte del territorio nursino. Colpito da numerosi eventi sismici, San Salvatore ha sempre resistito all’onda tellurica ma la violenza dell’evento del 2016 è stato fatale: ora impalcature, sostegni in legno, tettoie,  avvolgono e proteggono ciò che rimane tra i volti di Santi  di Madonne e Crocifissi agonizzanti. La chiesa attendeva i pellegrini e i turisti su quella radura, appena vicino alle sorgenti del Campiano, nel magico silenzio  pregno di spiritualità. Rovistando nella storia, e facendo memoria di quello che racchiudeva, possiamo parlare di un vero e proprio tesoro: volte dipinte, archi decorati, affreschi, sculture, i rosoni, una galleria d’arte. La chiesa è stata edificata su un preesistente insediamento Sabino, successivamente ha vissuto di interventi in epoca romana e medievale. Lì  l’incrocio fra il “cardo maximus” con il “decumanus” sorgeva il tempietto che in epoca cristiana fu dedicato a Santa Maria e successivamente a San Salvatore. Qui sono stati ritrovati molti frammenti di epigrafi e fittili e residui architettonici. I primi restauri avvenuti nel 1969 attestarono che la parete sinistra era stata  costruita da grossi blocchi di epoca romana, sarcofagi, avanzi di frontoni ed epigrafe. La presenza romana è testimoniata da Il battistero, prima ara pagana. L’originaria Pieve, puro romanico, era di dimensioni assai ridotte: infatti, dopo il terremoto della prima metà del XIV secolo (1320), fu ampliata a quattro campate con una sola navata salvando l’Iconostasi con il Crocefisso. Sulla facciata fu aperto un portale con arco ovale e sopra fu posto l’Agnello Crucifero. La torre campanaria è in pietra a base quadrata.

L’opera di decorazione interna fu commissionata a vari artisti, da parte dei benedettini che la governavano. Le decorazioni, prima con la grande Crocifissione sullo stile giottesco ( pie donne, cavalieri, soldati), tra i Santi titolari dell’ ordine ossia i Santi Benedetto e Scolastica, a opera di pittori marchigiani, poi gli affreschi nella parete di sinistra sullo stile abruzzese.

Nel XV secolo, l’edificio, come afferma lo studioso A. Fabbi, subì un’altra modifica, fu ingrandito a due navate, ricavando i piloni sulla parete di destra e innalzando le volte a crociera innervate di costoloni. Di questo periodo erano le decorazioni eseguite da Niccolò da Siena e da altri pittori marchigiani nel 1451.

Il pezzo  più interessante e particolare fu realizzato dai fratelli Giovanni e Antonio Sparapane (pittori influenzati dallo stile marchigiano, umbro e senese): è  la Iconostasi ornata da archetti ciechi trilobati in pietra e nella fronte scene della Deposizione, l’Apparizione di Gesu’ risorto alle Pie Donne, e l’Annunciazione. Molti i dipinti votivi. Singolare, sotto la Iconostasi  la Pietà eseguita da Domenico da Leonessa. Qui era venerata una Croce dipinta di scuola spoletina attribuita a Mastro Pietro del 1242  serie delle croci Azzurre; una statua lignea riproducente Sant’Andrea del XV secolo di stile tirolese, due Polittici realizzati  dagli Sparapane. Tali opere e varie suppellettili erano state salvate da sicura distruzione in quanto già messe in sicurezza precedentemente agli eventi  sismici, ma tante bellezze sono andate perdute per sempre. Non tutto, però, come la Iconostasi che grazie a un capillare intervento di recupero è stata per una buona parte salvata. Sul luogo, la Soprintendenza fin da subito aveva provveduto a mettere in sicurezza quello che rimane e ha installato un laboratorio permanente con tecnici ed esperti restauratori  per il recupero definitivo di ogni frammento di affresco e opere murarie. Ritorneranno così a rivivere i due rosoni di archetti e colonnine un tempo collocati in facciata e le tante altre meraviglie di cui abbiamo accennato.

Foto di Silvio Sorcini, prima del crollo  

Foto di copertina da Il Giornale dell’arte

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