TERNI – Lo scorso 10 gennaio a Roma è morto Adriano Urso, il musicista di 41 anni che a seguito delle misure anti Covid, si era messo a fare il rider. Ha avuto un infarto mentre spingeva la sua auto rimasta in panne durante le consegne. Nei giorni successivi, la reazione di una parte della stampa è stata l’aver cominciato a raccontare in termini entusiastici le storie di chi con la pandemia, costretto a lasciare il proprio lavoro, si è reinventato. Dalla famiglia che finalmente vive felice in barca, alla cantante lirica che ora ripara borse, solo per citarne un paio che sui social sono state acclamate. Sottovalutando, spesso in maniera plateale, che questa riconversione è, nella stragrande maggioranza dei casi, forzata e avviene nella quasi totale assenza di un vero sostegno economico.
A quasi un anno dal primo lockdown, la categoria più dimenticata dal welfare sembra essere proprio quella dei professionisti della creatività: gente di spettacolo, fotografi, designer, organizzatori di eventi e tanti, tantissimi altri. Professionalità altamente formate e specializzate, che provengono da lunghe gavette e che ancora oggi sostano in un nebuloso limbo lavorativo. Ne parliamo con tre professionisti di base a Terni per capire come stanno vivendo questo periodo: il mentalista Aldo Aldini, l’illustratrice Giulia Ceccarani e il musicista Alessandro Petrucci.
Aldo Aldini da vent’anni pratica il mentalismo “un lavoro frutto di uno studio costante che unisce tanti aspetti, dalla psicologia, all’esoterismo, alla prestidigitazione.” La sua professione è stata una scelta di vita dettata dalla passione. “Non avrei mai potuto fare altro. Ho avuto bisogno di fare il mio lavoro perché qualunque altra cosa mi avrebbe spento. In questo lavoro rischi di non decollare mai ma a me le cose sono andate molto bene”. Mentre in tanti improvvisavano serate nei locali per arrotondare, lui diventava un professionista. “La pandemia ha completamente annientato il settore dello spettacolo. Il lavoro è sparito improvvisamente, non è cambiato, non c’è più, è diverso. Sono in un momento in cui non so se il mio lavoro esista più e se mai tornerà a essere come prima”. Un lavoro il suo, in cui il contatto diretto con il pubblico è l’essenza di tutto e che non può essere trasportato online perché “non sarebbe reale. Lavoro da sempre sulla presenza non sulla distanza, mettendoci l’anima”. Nell’ultimo anno ha organizzato un corso di mentalismo professionale online ma ci racconta che quello virtuale “è un giro molto blando, dove si guadagna poco”. Quando gli chiediamo se ha usufruito degli ammortizzatori sociali, ci racconta che da un anno vive dei suoi risparmi che inevitabilmente si stanno assottigliando. Nella speranza che le cose vadano meglio, punta al prossimo dicembre per ritornare al suo amato lavoro.
Giulia Ceccarani la incontriamo nel suo spazio da Bloom, il co-working al centro di Terni che ha inaugurato la sua nuova sede da pochissimo. Ci racconta che il primo impatto col lockdown le ha causato la perdita dei lavori su commissione, i più grandi, ma che la chiusura è stata anche l’occasione per riprendere in mano vecchi lavori e crearne di nuovi. “Ho lavorato molto sui rapporti, a distanza ovviamente e i social in questo sono stati fondamentali, soprattutto Instagram, perché mi hanno portato lavoro”. Come tanti altri professionisti, ha usufruito delle due sovvenzioni Inps da 600 euro ma una volta esauriti i risparmi “mamma e papà sono stati il mio ammortizzatore sociale”. E proprio insieme a sua madre ceramista, durante il lockdown ha creato “Antonellina” che definisce un “allenatore quotidiano”, un personaggio corredato di un esercizio di consapevolezza al giorno. Per lei il 2020 è stato un anno di investimento durante il quale ha potenziato la sua formazione, seguendo corsi online. “Chi ha la partita iva era probabilmente più pronto alle incertezze della pandemia” perché la libera professione “è una condizione per cui sei abituato a forti cambiamenti”. Se il 2020 è stato un anno preoccupante sotto molti aspetti, per Giulia il 2021 sarà l’anno della costruzione “in cui uscire finalmente dalle case per rimettere insieme la rete”.
Alessandro Petrucci ha visto svanire il suo lavoro nel giro di pochi giorni, i primi dello scorso marzo quando gli sono state annullate tutte le serate che aveva già in programma nei locali. “Sono rimasto basito, all’improvviso era sparita l’intera categoria dei musicisti”. Per lui la musica ha rappresentato una scelta di vita “La musica è il nutrimento dell’anima. È estemporanea e senza pubblico manca del tutto l’unione fra persone”. Trovatosi nell’impossibilità di lavorare, si è adattato svolgendo altre attività. “Mi sono dato da fare, ma non mi ha pesato perché ero già abituato a reinventarmi. Prima di dedicarmi solo alla musica avevo fatto tanti lavori e nonostante l’emergenza sono caduto in piedi”. Alessandro in questo ultimo anno ha fatto la vendemmia, il muratore e ha impartito lezioni private. “Quello che pesa è l’essere completamente dimenticati dai media e dalle istituzioni. Spero che le coscienze si risveglino”. Quando gli chiediamo se ha piani per il futuro ci dice: “Sto studiando come un pazzo, soprattutto il pianoforte e la musica classica. Se torno, voglio un upgrade”.
Sara Costanzi