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Pesce d’aprile, la tradizione burlesca sotto un altro punto di vista

PERUGIA – E se i veri “pesci” fossero tutti gli altri? Se i gonzi e i fool (gli stupidi) britannici fossero coloro che credono che sia necessario prendersi gioco di qualcuno nel giorno del 1° aprile? Proviamo a leggere la tradizione da un altro punto di vista. Le origini del pesce d’aprile non sono certe, anche se sono state proposte diverse teorie. Prima dell’adozione del calendario gregoriano nel 1582, il Capodanno era celebrato tra il 25 marzo (la vecchia data dell’equinozio di primavera) e il primo aprile. Una delle ipotesi più accreditate vuole dunque che, a seguito del cambiamento di calendario, non tutti si abituarono alla modifica e vennero quindi additati come gli “sciocchi d’aprile”. Da qui l’origine burlesca dell’1 aprile. E da qui la tradizione di prendersi gioco di chi in realtà continuava a festeggiare l’inizio del nuovo anno nel momento in cui la natura comincia il suo risveglio, i fiori ricominciano a sbocciare, le rondini riappaiono a volteggiare in un cielo terso, il sole produce le nuove condizioni di una temperatura piacevole e lontana dai rigori dell’inverno. E’ sciocco – ci domandiamo – festeggiare l’inizio del nuovo anno in questo periodo, quando in realtà la natura si risveglia? O il bisogno di prendersi gioco di chi cinque secoli fa non aderiva alla riforma del calendario gregoriano, affonda le radici in motivazioni religiose e in un certo senso conformiste e allineate alla volontà dello strapotere della Chiesa? In realtà la necessità di una riforma del calendario giuliano era già ai tempi (1582) un problema che affondava le radici in secoli passati, quando astronomi e matematici lungimiranti cominciarono a evidenziare le contraddizioni del calendario giuliano. A definire meglio la questione ci aiuta Wikipedia: “Mentre attraverso i secoli scorreva placidamente il calendario giuliano, la data dell’equinozio di primavera si allontanava lentamente rispetto alla misura reale dell’anno tropico. Diversi pontefici, non pochi concili e molti studiosi versati nelle discipline matematiche e astronomiche avevano tentato di conciliare i due periodi del mese lunare e dell’anno solare. Tolomeo, astronomo di Alessandria d’Egitto, già nel II secolo d.C. evidenziò degli errori del calendario giuliano e lo stesso Ruggero Bacone nel 1267 aveva fatto osservare al papa Clemente V, un errore di 9 giorni dell’equinozio di primavera segnato nel calendario. Ma prima di lui, nel 700, Beda il Venerabile aveva scoperto degli errori nel calendario giuliano e ancora la stessa cosa fecero notare Campano di Novara e il monaco inglese Giovanni di Sacrobosco. Il problema della non rispondenza del calendario giuliano con i cicli delle stagioni era noto persino a Dante Alighieri, che lo ricorda nel XXVII Canto del Paradiso (142-143): “Ma prima che gennaio tutto si sverni per la centesma ch’è là giù negletta”. Un problema di coincidenza delle stagioni con il calendario che in realtà ne poneva anche un altro di carattere specificamente religioso, vale a dire la coincidenza con il giorno della festa della Pasqua, la festa più importante dell’anno per i cristiani che nessun papa poteva ignorare. Vero è che sono ancora numerosi i Paesi al mondo che accanto al calendario gregoriano, ormai adottato come convenzionale in tutto il pianeta, affiancano un calendario locale, che per lo più, almeno nell’emisfero boreale, fa riferimento all’equinozio del 21 marzo come inizio dell’anno, per celebrare degnamente l’avvento della Primavera. E questo soprattutto perché, sin dalla notte dei tempi, l’Uomo aveva come riferimento assoluto la sfera celeste e le stelle come orientamento per molte attività e modalità del vivere. La conoscenza delle costellazioni e le conoscenze astronomiche sempre più approfondite permisero dunque di stabilire nell’equinozio di Primavera, la soglia suddivisa esattamente nella stessa durata tra giorno e notte, per oltrepassare l’inverno e trovarsi nel clima dolce della buona, bentornata stagione. E che c’è di sciocco in tutto questo? Che c’è di male nel pensare che finalmente la vita ricomincia quando le condizioni climatiche lo permettono di nuovo? Ma, tant’è. La leggenda vuole che molti francesi, contrari a questo cambiamento o semplicemente sbadati, continuassero a scambiarsi regali tra marzo e aprile, festeggiando il Capodanno come ai vecchi tempi. Dei burloni iniziarono così, per sbeffeggiarli, a consegnare loro regali assurdi o vuoti durante feste inesistenti. Nel regalo vuoto si poteva trovare un biglietto con scritto poisson d’avril: pesce d’aprile,in francese. In Italia i migliori burloni cominciarono ad apparire tra il 1860 e il 1880 a Genova che emularono i cugini francesi. La tradizione si radicò quando dai ceti più agiati, il pesce d’aprile passò al dominio popolare. Così il pesce d’aprile continua a tiranneggiare i poveri malcapitati che lo subiscono trasformandosi nei “pesci” che abboccano all’amo di coloro che si credono furbi. Ma se i veri “pesci”, cioè gli sciocchi, fossero invece loro che forse continuano a pensare che l’inizio dell’anno vada festeggiato a gennaio? Certo, se così non fosse, non esisterebbe neanche Babbo Natale e le renne che trainano la sua slitta. Ma si rafforza il dubbio: chi è più sciocco?

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