PERUGIA – Secondo un’indagine di BVA Doxa 2021, chi per paura di contagi, chi a causa delle condizioni restrittive, chi per motivazioni economiche, almeno il 23% degli italiani non farà le ferie quest’anno e rimarrà a casa.
La buona notizia però è che l’arte e la storia non vanno mai in vacanza, soprattutto in una città così ricca di entrambe come la nostra. E se è vero che la propria città è spesso una di quelle che conosciamo meno, perché non approfittare per scoprirla da turisti, cogliendo quegli aspetti a cui, presi dai ritmi quotidiani, solitamente non prestiamo attenzione?
Data a volte per scontata, conosciuta ma da molti perugini mai visitata, è per esempio la Torre degli Sciri, uno dei simboli di Perugia, vestigia di un passato lontano e affascinante.
232 gradini e 42 metri di altezza, la Torre degli Sciri è una torre medievale del 1200, unica superstite di un complesso di numerose torri (circa 40 secondo alcune fonti catastali, oltre 70 secondo altre) che nel medioevo valsero a Perugia l’appellativo di “turrita”. Situata in via dei Priori, tra corso Vannucci e la Porta Trasimena, fu costruita probabilmente con funzione difensiva, con i quattro lati lisci in calcare bianco punteggiati solo da alcune piccole feritoie.
Ma i suoi muri imponenti raccontano molto di più e sono testimoni di vicende e persone che hanno popolato le intricate vie medievali in epoche lontane.
Di proprietà della famiglia Oddi, in seguito agli scontri con i Baglioni e all’esilio degli Oddi, verso la fine del 1400 la Torre passò agli Sciri, il cui stemma con la zampa di gallo è posto sull’architrave della porta alla base della torre.
Due secoli dopo, nel 1600, con l’estinzione della famiglia Sciri, la torre tornò ai primi proprietari passando nelle mani della contessa Caterina Della Penna, vedova Oddi, che decise di donarla alla terziaria francescana suor Lucia Tartaglini da Cortona, una donna davvero speciale che dedicò tutta la sua vita ad aiutare altre donne in difficoltà.
Lucia nasce a Cortona nel 1629, di buona famiglia ma con la giovinezza funestata dalla perdita del padre Francesco d’Agnolo. Decide di prendere i voti domenicani ma si accorge presto che la sua scelta è sbagliata e decide così di “convertirsi” al Terz’Ordine di San Francesco, rifiutando di entrare in convento, scegliendo di rimanere accanto alla madre e alla sorella e seguire la propria vocazione nella vita di tutti i giorni. In questi anni Lucia inizia a prendersi cura e ad ospitare nella sua abitazione numerose donne a rischio prostituzione o in condizioni di disagio. Tra le tante donne sole e abbandonate alle quali Lucia insegna a tessere e a vivere con il proprio lavoro, viene ricordata Giacinta di Gerolamo Albertini, che trascorre tutta la vita con lei.
Nel 1670 la bancarotta del fratello Bernardo costringe Lucia e le sue protette a lasciare Cortona e a trovare ricovero a Perugia presso la francescana suor Margherita della Croce. Qui fonda il “Conservatorio per fanciulle e donne sole” e, in seguito, con l’aiuto della contessa Della Penna, diventa proprietaria della casa della Torre degli Sciri dove continua la sua opera di assistenza fino alla morte nel 1713.
Durante questi anni, il convento delle “suorucce” o delle “becchette” , come venivano chiamate dai perugini, accoglie e sostiene vite spezzate e difficili di “povere zitelle abbandonate” ed è proprio qui che suor Lucia, mistica e visionaria, scrive i suoi libri e si dedica inoltre all’arte ceroplasta. Realizza il maestoso e impressionante “Ecce Homo”, busto di Cristo che va ad inserirsi nel filone della devozione femminile della cristianità tipico di quegli anni: “Un immaginario sacro domestico […] che esprime il bisogno individuale di una religione intimistica, senza i numerosi tramiti interposti tra uomo e Dio, previsti dalla pratica religiosa comunitaria”.
La scultura, che Lucia teneva nascosta nella propria stanza, descritta dai suoi biografi “di ottima perfezione, da per tutto grondante di copiosissimo sangue” e ritenuta fino ai primi del XX secolo oggetto miracoloso, è ora visibile nella cappella del Santissimo Salvatore all’interno della torre.
Da allora l’edificio ha ospitato un convento gestito dai Padri dell’oratorio di San Filippo Neri, fino al 2011, data in cui è divenuto proprietà del comune di Perugia che l’ha restaurato e riqualificato.
Grazie ai volontari dell’Associazione Priori che si occupano di aprirla al pubblico con regolarità, è ora possibile visitare la Torre gratuitamente dal lunedì al venerdì dalle 18 alle 20, su prenotazione nel fine settimana.
Fonti e citazioni: “Scolpito non solo nel core: dinnanzi all’immagine di Cristo. Esercizi spirituali e cristocentrismo a Perugia fra Quattro e Cinquecento” di Francesca Guiducci
Francesca Verdesca Zain