PERUGIA – Mercoledì 4 maggio alle ore 17, sala Sant’Anna di viale Roma a Perugia, verrà proiettato il cortometraggio “Una madre altrove” dal testo di Paola Ducato, professoressa di filosofia al liceo classico Annibale Mariotti, con la regia di Alberto Romizi, pediatra ed educatore alla salute. Nel contesto di un progetto di prevenzione del disagio giovanile e del bullismo nelle scuole, la proiezione sarà preceduta dai saluti del sindaco di Perugia, Andrea Romizi, e dal presidente della Fondazione Sant’Anna Marcello Rinaldi. Al termine è previsto il dibattito con l’autrice, il regista e uno dei protagonisti, l’ex preside Alberto Stella, qui nelle vesti d’attore. A moderare l’iniziativa il giornalista Gilberto Santucci.
Tutto parte del progetto didattico “Il compagno del banco accanto”, è dedicato agli alunni della scuola secondaria di primo e di secondo grado, ma anche ai docenti. Con la volontà che il fenomeno non vada sottovalutato, in quanto sorgente di sofferenze nelle vittime, il cortometraggio ha l’ambizione di rivolgersi a scuole ed enti educativi. La trama è incentrata sul giovane immigrato iracheno Salah, che non ha gioco facile nell’integrarsi a scuola. Certi stereotipi condizionano sia il rapporto con i compagni che con i docenti. Incastrato in un’intensa crisi di identità in un ambiente condizionato da pregiudizi, Salah cerca di dare un senso alla propria vita.
Abbiamo intervistato Paola Ducato, l’autrice del testo.
“Il bullismo è un argomento delicato. Se ne parla tanto, di sicuro, ma come viene vissuto è diverso da come ce lo immaginiamo. Io, da professoressa, vivo nell’ambiente scolastico; un contesto in cui talvolta può esserci reticenza sull’argomento, per svariati motivi tra cui l’ansia per eventuali ripercussioni. Ci sono situazioni in cui i bulli sono figli di intoccabili, e la situazione a quel punto diviene incandescente. Il bullismo si può presentare in varie forme ma, se su quello in rete noi possiamo fare poco in prima persona, quello in presenza, come avviene a scuola, è giusto poterlo affrontare perché parliamo di questioni davvero complesse”.
L’obiettivo del cortometraggio?
“Intanto svelo che inizialmente facevamo prove teatrali, perché quello era l’intento. Poi con l’avvento della pandemia la situazione è degenerata, facevamo prove a distanza, ci stavamo demotivando. Alberto Romizi ha dunque proposto l’idea del cortometraggio salvando – ci tengo a riconoscerglielo – il progetto. In questo cortometraggio il bullismo è un tema centrale. Parliamo di un ragazzo fragile, immigrato di seconda generazione, ma il finale è positivo. L’obiettivo è sensibilizzare il più possibile, anche se mercoledì saranno certamente presenti più adulti che ragazzi. Ma da questo punto di vista ci siamo già mossi, andando in visita al liceo Jacopone da Todi, così da confrontarci con gli studenti. Ritengo giusto parlarne con loro, capire i loro pensieri, i loro punti di vista. Se c’è modo, è bello poter intervenire sulle loro vite”.
Quanto ritiene importante il ruolo delle famiglie?
“Le famiglie hanno di certo un ruolo socio-culturale molto elevato. Tuttavia in alcuni contesti e nel periodo più recente si tende a disporre una sorta di intoccabilità attorno ai figli. A volte i ragazzi – in pubblico – sono completamente differenti rispetto all’ambito familiare, e questo può risultare difficile, se non impossibile, da accettare per una madre e per un padre. La scuola è qui che può e deve intervenire, altrimenti resta poco di questa istituzione. Il nostro è un percorso non solo didattico, ma anche educativo, ed è bello poter contare su insegnanti che portano avanti con enorme dignità il proprio ruolo”.