TERNI – Dopo la città di Terni, lungo la Valnerina, sul colle sopra il Nera, Papigno ci attende con la sua austerita’ e quel grigiore che ancora non scompare, testimone di una epoca industrializzata.
Ma, ride Papigno, con Roberto Benigni, e se ne frega, stringe i denti e vive ogni giorno tra la sua bella gente, la sua storia le sue meravigliose curiosita’ archeologiche. E’ collocato a 222 metri sul livello del mare allungato su uno sperone roccioso. Si parla di Papigno nel XII secolo, luogo ghiotto, per la sua posizione strategica a molti signorotti tra i quali gli Arroni, che a loro volta lo cedettero al comune di Terni. Il comune lo acquisto’ nel 1252 per la somma di circa 2825 lucchesi. Papigno nel 1572 insieme a Todi e Terni si ribellò alla chiesa. Nel periodo dell’ affermarsi delle Compagnie di Ventura, Terni muni’ Papigno di un castellano, armi e soldati. Nel 1572, nel periodo della Sede Vagante per la morte di papa Sisto V, causa di alcune ribellioni e atti vandalici di gruppi locali, Terni fu multata dalla Camera Apostolica. Ma gruppi ribelli continuarono nelle scorribande e il comune di Terni, con forte repressione, sottomise definitivamente Papigno. Nel 1785 un forte terremoto lo distrusse, ma nel 1795 rinasce, così anche la chiesa parrocchiale dell’ Annunziata. Il campanile quadrato domina il paese, mentre per accedere all abitato interno, bisogna passare sotto in poderoso arco. Interessanti i palazzi Salvati e Zenoni. Ancora sono visibili le mura e avanzi di bastioni da qualche anno restaurati.
Verso la fine dell ‘800, durante i lavori per la costruzione della prima fabbrica, rinvennero alcuni reperti archeologici d’epoca risalenti al paleolitico inferiore, area Ponte del Toro e Pentima. A proposito del Ponte del Toro. Varie sono le ipotesi sulle origini e funzionalita’. Siamo in un periodo dove lungo le sponde le Nera osava la popolazione dei Naharti. Gli studiosi affermano che nel 1819 viene portato alla luce un Ponte ad una sola arcata, questo, che si chiamerà “Ponte del Toro” perché la località e’ appunto vocabolo Toro. Da come viene meglio specificato, non è un ponte, ma un’opera idraulica romana. Furono alcuni operai, a trovarlo, mentre facevano dei comuni lavori nei pressi per costruire uno dei canali che portavano l’acqua alla citta’ di Terni.
E’ stato realizzato con grandi blocchi di pietra tipica locale. Il manufatto si fa risalire allorno al primo sec. a.C e il primo secolo d.C. e’ largo 2 metri e 40 cm. L’ ipotesi e’ che la sua funzione era quella di far raggiungere l’acqua del Velino al Nera tramite un canalone che scendeva dalla montagna Sgurgola. Oggi il manufatto e’ stato restaurato e gestito dall’ Associazione Archeomarmore. E’ visitabile e inserito nel percorso di visita della Cascata delle Marmore. Lo sviluppo del territorio e’ dato da queste bellezze e testimonianze storico archeologiche protette e curate dalla natura, dall’acqua che da energia e dalla capacita’ dell’ uomo. L’ inquinamento che per tanti anni ha reso invivibile questa parte del territorio, da diversi anni e’ stato sconfitto con l’alienazione di siti che hanno prodotto malattia e morte. Buono il progetto di sviluppare un piano per l’ archeologia industriale, ma preferiamo il connubio tra storia e ambiente.