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“Pane, zucchero e vino”: qualcosa più della presentazione di un libro

FERENTILLO – Qualcosa più della presentazione di un libro. A cominciare da quel viaggiare in Valnerina che sia all’andata che al ritorno lascia tracce di bellezza, armonia, di natura forte. Che ti resteranno.

Per questo ieri a Ferentillo, nella sala del Consiglio comunale, c’era un pizzico di sana emozione  che avvertivo per la presentazione del libro di un nostro prezioso collaboratore, Carlo Favetti, perché con il trascorrere dei minuti, in attesa, venivo scoprendo che lui è di fatto un irrinunciabile concittadino dei e per i ferentillesi. Al punto che alla fine c’erano solo posti in piedi e un silenzio pieno di attesa e di rispetto non tanto per il consesso istituzionale e la presenza del sindaco Elisabetta Cascelli, pure di rilievo, ma per i sentimenti che si percepivano con chi ti stava seduto accanto. O dietro. O una fila più avanti.

“Pane, zucchero e vino”, il titolo del libro, è una memoria delle momorie che Carlo Favetti ha messo nero su bianco dandogli infiniti colori. In questo che è il suo decimo volume, il racconto della sua vita ne narra molte altre; alcune delle quali, ieri, erano presenti. Un po’ commosse, ma anche divertite tanto si sono rivelati vividi e sorprendenti proprio nella loro nettezza i particolari descritti minuziosamente, del resto frutto dell’attento occhio di ricercatore e studioso dell’autore che i lettori di vivoumbria.it hanno imparato bene a conoscere.

Su tutto, tanto sentimento. Quello semplice, di chi ha saputo giocare per ore con i tappini sul muretto di una piazza; a Ferentillo c’è quella intitolata a Garibaldi, ma si potrebbe chiamare n  mille altri modi e nulla cambierebbe per una certa generazione che ora è sugli anta. Oppure a discorrere dal barbiere, a Ferentillo c’era Romanelli, ma potrebbe, l’avete capito, essere un altro, purché…

Ci sono però la storia, la tradizione, il folclore, le radici, la parrocchia, il don, il paesaggio, l’arte, le rocche che non possono essere condivisi con altri: sono di Ferentillo e dei ferentillesi e queste appartengono a tutte le generazioni, ma del borgo. Profondamente. Basta andare a rivedere quello che abbiamo pubblicato a proposito di “Le rocche raccontano” nei giorni scorsi. Insomma,  nel libro di Carlo Favetti tutti ci possiamo ritrovare, ma il ferentillese ci si può specchiare e rivedersi perfettamente nei contorni, nei modi, nei gesti. Ieri, come oggi.

Una consapevolezza che fino a ieri era avvertita, oggi comprovata. Ci pensi mentre lasci Ferentillo dietro le spalle. E un po’ ti dispiace andartene.

 

 

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