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Pandoro o panettone?

Alla fine del grande pranzo del 25 la diatriba è sempre la stessa: panettone o pandoro?
Non amo i dolci, quindi preferisco indulgere su altre portate, ma questi due non possono restare fuori quando si parla di Natale.
Panettone: impasto giallo e corposo, lieve sentore di arancia, magnificenza e dolcezza acerba degli agrumi canditi, gradevole amabilità dell’uvetta e burro a profusione. Appena morso, tutti gli aromi si fondono in un unico e inimitabile sapore che è quello del Natale italiano.
Pandoro: la passione dei bambini.
A mio avviso va servito tiepido, di modo che l’immensa quantità di burro che contiene possa risvegliarsi, tornare in circolo e raggiungere ogni alveolo all’interno del dolce. Al morso si scioglie come una nuvola d’aria, sprigionando sapori unici, primo quello di vaniglia. La morbida parte esterna ha il colore dell’ambra e il sapore del caramello, che non può finire senza zucchero a velo.
In commercio si trovano mille varianti: dalle semplici gocce di cioccolato, oramai entrate nella tradizione, al nocciole e cioccolato bianco, passando per pistacchio e fichi secchi. Il più buffo però, è il panettone senza canditi e senza uvetta, scusate ma a cosa serve il pandoro allora?
A me piace la tradizione quindi classici, senza fronzoli, possibilmente artigianali e in moderata quantità. Talmente moderata che per i due mesi successivi alle feste, quando già fioriscono i narcisi, ancora mi ritrovo i malcapitati in un sacchetto che gira per la credenza e che, immancabilmente, nonostante tutti i consigli trovati nella rete su come ridargli una seconda vita, riciclo nell’umido.
Ma il Natale è anche questo.
A domani.

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