FOLIGNO – E’ l’esempio di quando la passione per le arti diventa un vero e proprio lavoro. Così ha cominciato folignate Nicola Pesaresi, classe 1979. Ventriloquio prima per gioco e poi per passione, ha sviluppato un’arte poco sviluppata in Italia. Sono in pochi, infatti, i ventriloqui nel nostro paese, anche a causa della difficoltà di modulazione della lingua. Ad oggi Nicola Pesaresi è sicuramente uno dei 3/4 artisti più attivi in questo settore a livello nazionale.
Come hai scoperto di avere questa passione?
“Mi occupo di teatro da sempre – risponde Nicola – seguendo anche le orme di mio padre, che è un noto regista del folignate. Avevo cominciato ad affiancare al mio lavoro principale, che era quello di perito assicurativo, delle attività di laboratorio teatrale nelle scuole, soprattutto con bambini e ragazzini. Alla fine di ogni incontro laboratoriale, per lasciare ai bambini un’esperienza positiva o comunque per empatizzare con loro, inserivo sempre un momento di intrattenimento che poteva essere una storiella, una barzelletta o una canzoncina che inventavamo al momento. Un giorno, per caso, ho utilizzato un pupazzo e ho visto una risposta incredibile, straordinaria. A quel punto mi sono domandato: se questo è l’effetto che i pupazzi fanno sui bambini che cosa si può fare utilizzandoli di più? Per questo ho cominciato a fare una una ricerca e ho scoperto questo mondo straordinario, che in Italia era sviluppato pochissimo e quindi mi sono andato a fare una bella ricerca soprattutto nell’area degli Stati Uniti. Ho visto che c’è una vera e propria cultura dietro al mondo dei pupazzi e questo mi ha generato tanta curiosità che poi è diventata passione”.
Qual è stata la tua prima esibizione in assoluto?
“Proprio in virtù di questi momenti, che avevo a disposizione con le classi, ho cominciato ad utilizzare il pupazzo. A mano a mano che imparavo la tecnica, la portavo al mio piccolo pubblico. Perché è vero che sono un piccolo pubblico ma sono grandi. I bambini ti danno una carica spaventosa perché se tu li sai coinvolgere partecipano e sono un motore in più nella costruzione del tuo stesso entusiasmo. Per cui è stata una cosa stratosferica e straordinaria vedere come loro si appassionavano man mano che io riuscivo ad inventare o ad improvvisare delle cose da proporgli. Quindi la mia prima esibizione è da ricondurre al giorno in cui ho preso un pupazzo di cane da Ikea. L’ho fatto modificare da mia madre, che è molto brava a fare queste cose, affinché potesse aprire la bocca. Poi l’ho portato davanti ai bambini cercando di tenere la bocca semichiusa. I risultati sono stati pessimi ma questo non importa perché l’importante è stato creare la relazione, la situazione e il personaggio incominciando ad interagire con i bambini con questo pupazzo. E’ stata una cosa meravigliosa soprattutto considerando che sono partito dal concetto che sono andato a parlare con il pupazzo ai bambini senza avere la più pallida idea di quello che avrei detto. E’ nato tutto in quel momento dove ho recepito questa cosa straordinaria”.1
Quella più importante?
“Dal punto di vista emotivo è ogni volta che prendo il pupazzo in mano e ho mio figlio vicino, quella è sempre e comunque l’esibizione più importante. A livello professionale non so che dirti: dalle mie esibizioni televisive alla mia partecipazione al ‘Clown&Clown Festival’, che è una manifestazione sul mondo dei clown e che si tiene tutti gli anni a Monte San Giusto nelle Marche. E’ uno dei più grandi festival in assoluto sul tema. Tra l’altro è meraviglioso e nel 2015 ho partecipato anche al premio ‘Takimiri’, che è un riconoscimento circense bastato sull’intrattenimento, che ho vinto. Per me quella finale è stata probabilmente una delle esibizioni più importanti in assoluto. Professionalmente mi ha aperto un mondo sul tema del teatro di strada e degli spettacoli di circo di strada, appunto. Poi è stata una consacrazione perché è stato il primo vero proprio traguardo raggiunto dopo aver partecipato ad ‘Italia’s Got Talent’, che per me è stato un po’ l’esordio”.
Hai partecipato a vari talent, qual è quello che ti ha aiutato di più per la tua carriera?
“Tra i vari talent quello che mi ha aiutato di più è stato Italia’s Got Talent. L’ho fatto nel 2012 quando io mi occupavo ventriloquia dà 5-6 mesi, non di più. Avevo caricato su YouTube un video e da lì mi hanno contattato dalla redazione di Italia’s Got Talent dicendo che i pupazzi ai giudici piacciono molto, alla gente piacciono molto e che non avevano persone in grado di proporli. Mi hanno detto che se mi piaceva l’idea di andare in trasmissione, loro erano contenti di accettarti. Tra l’altro questo messaggio mi è arrivato il giorno del funerale di mia nonna. Sono molto legato a questo ricordo in maniera contrastante perché era un momento di estrema tristezza ma vedere questo messaggio mi ha aperto un pochino il cuore e mi ha fatto pensare che probabilmente si potesse anche lo zampino di mia nonna in questo in questo piccolo successo. Perché, comunque, per me era già un successo l’idea che qualcuno della redazione di Mediaset avesse visto il mio video pensando che potevo essere giusto per partecipare al programma”.
Sei diventato famoso con Isotta ma tu hai anche altri personaggi…
“Sicuramente Isotta è stato da subito il mio personaggio di punta. L’ho comprata subito dopo aver capito con il cane, acquistato da Ikea, che questa poteva essere la mia strada. E’ stata un po’ una follia nel senso che l’ho vista su di un sito internet e mi è piaciuta tantissimo ma costava circa 600 euro tra spedizione e acquisto perché veniva dagli Stati Uniti. Ci ho pensato un po’ prima di acquistarla, perché spendere tutti questi soldi per un pupazzo quando facevo un altro lavoro era impegnativo. Ma alla fine l’ho fatto ed è stata per me la svolta. Ho cominciato a costruire questo personaggio e ha funzionato da subito in maniera strepitosa. Ho anche altri personaggi, come il famoso cane, che uso negli spettacoli per bambini. Ultimamente ne sto inserendo di nuovi che hanno una potenza strepitosa: dal gorilla Cesare al ragazzino Carlo Alberto, caratterizzato dalla ‘r’ moscia e dall’essere particolarmente fifone. E’ un personaggio molto particolare che sicuramente dirà la sua nei miei spettacoli da qui in avanti. Ovviamente quello a cui sono più legato continua ad essere Isotta ma mi sto avvicinando da un po’ di tempo anche all’intrattenimento per adulti dove Cesare, con il suo modo un pochino coatto di affrontare le cose, lui è proprio classico coatto romanaccio ex galeotto, riesce a conquistare in maniera strepitosa il pubblico, soprattutto quello adulto anche per il suo linguaggio e per i contenuti che utilizzo con lui”.
Qual è il tuo sogno nel cassetto?
“E’ quello di riuscire a far crescere il mio canale YouTube, perché penso che lì c’è un grande potenziale per arrivare a tante persone e far conoscere a tante persone l’arte della ventriloquia, quello che faccio io e come lo propongo io per poi riuscire ad avere la serenità di lavorare in quello che mi piace. Voglio continuare a lavorare nel mondo dello spettacolo, senza avere grosse velleità di televisione o grandi show. Quello che amo è il contatto con la gente, riuscire sempre a portare a casa un’esperienza positiva da ogni spettacolo. Questo è per me molto più importante, più delle luci e delle scintille del mondo televisivo che, come immaginerete, è molto costruito e fine a se stesso per fare audience ed ascolti. Soprattutto il mondo dei talent oggi è diventato una macchina macina soldi alle spalle dell’artista. Purtroppo non è più utile all’artista. Oggi il talent è quasi esclusivamente utile alla televisione, a chi lo produce, al produttore, perché l’artista non ha neanche i modi e i tempi per potersi esprimere in pieno. Certo, poi ci sono quelli che grazie al talent riescono ad emergere, ma sono rari al giorno oggi. Purtroppo i talent fanno una carneficina in questo. E’ terrificante l’idea di dover mettere due artisti a confronto perché il metterli in concorrenza tra loro non dovrebbe esistere. Il confronto può essere solo emozionale, cioè quello che ti comunicano con la loro esibizione e non si possono fare paragoni. Non è possibile paragonare un ventriloquo, ad esempio, con un artista circense. Ognuno ha la sua abilità e particolarità. Non c’è un metro di giudizio in questo. Purtroppo i talent invece ci stanno insegnando il contrario e questa è una cosa, a mio avviso, negativa… Quindi nel mio cassetto c’è il sogno di poter continuare a lavorare in questo, di poter costruire sempre nuove situazioni e vorrei riuscire anche a portare il mio spettacolo fuori dall’Italia. Nel nostro paese – conclude Nicola Pesaresi – c’è poca concorrenza in questo settore specifico e mi piacerebbe, invece, rapportarmi con Paesi e con competitor che abbiano grandi capacità, per poter imparare sempre di più”.