Nella notte di San Giovanni si celebrano i riti del fuoco e della rugiada. L’acqua magica che fa ringiovanire

PERUGIA – A ridosso del solstizio d’estate tra il 23 e il 24 giugno, cade la notte di San Giovanni, considerata magica fin dai tempi antichi. Carica di suggestioni e rituali è la “notte di mezza estate” per eccellenza, notte più corta dell’anno, data soglia, ponte che collega gli opposti.

Nei campi api, insetti e farfalle danzano il capitolo più sfrenato della loro vita, nell’umida ombra sotto gli alberi carichi di gemme e nuove foglie, esplodono le felci dal loro viluppo, l’aria calda accarezza l’erba alta e trasporta con sé il profumo dei fiori selvatici, macchie di colore nel verde spumeggiante della natura.

È il trionfo del sole, del caldo, dell’abbondanza.

Come una piccola nota a margine però, è proprio da questo momento che il buio ricomincia la sua avanzata e, poco alla volta ma in maniera inesorabile, le notti ricominciano ad allungarsi.

Come in ogni momento di passaggio, tra gli antichi popoli che vivevano seguendo il ciclo naturale delle stagioni, nascono rituali ed usanze volti ad esorcizzare la paura del cambiamento, del lato oscuro dell’anno collegato al freddo e alle difficoltà.

 

 

Le usanze connesse alla festa del Battista – scrive Cattabiani in Florario – hanno la funzione di proteggere il creato, come per esempio i falò accesi nei campi per impetrare copiose messi, la raccolta delle cosiddette erbe di San Giovanni dalle virtù curative o profetiche, l’esporsi nella notte della vigilia alla guazza che avrebbe straordinari poteri.”.

Per i babilonesi, così come secondo le antiche tradizioni celtiche, in questo giorno il sole, elemento fuoco, si sposa con la luna, associata all’acqua, ed è per questo motivo i riti che si svolgono ancora oggi nella cultura contadina ma non solo, sono incentrati sull’accensione dei fuochi rituali e la raccolta della rugiada.

Nel folklore nord europeo la vigilia della notte di San Giovanni è considerata una delle tre notti degli spiriti, insieme alla vigilia di Calendimaggio e Halloween/Samhain, notti incantate in cui il mondo visibile e quello invisibile si compenetrano, nelle quali possono manifestarsi presenze da altri mondi e i desideri realizzarsi.

Così, il fuoco dei falò accesi, il fare cerchio attorno a essi o saltarvi attraverso, erano modi per proteggersi dagli spiriti maligni e le streghe che, si diceva, vagassero nel mondo durante la notte, ma anche strumento per consolidare l’energia del sacro sole e cercare di rallentarne la discesa.

Le gocce della rugiada di questa notte di mezza estate, “perle da appendere all’orecchio di ogni primula” nel Sogno di Shakespeare, erano considerate linfa magica e fonte di fecondità ed in molti luoghi le donne che desideravano avere figli si rotolavano nude sull’erba bagnata, alla luce delle stelle.

Quest’acqua miracolosa aveva però anche il potere di ringiovanire, portare salute e rigenerare lo spirito, complice il potere delle numerose erbe reperibili in questo periodo che hanno un posto di primaria importanza nelle tradizioni legate alla notte di San Giovanni.

Ad esempio nell’antica Roma durante la festa veniva allestito un mercato delle erbe davanti alla basilica di San Giovanni in Laterano dove si poteva trovare di tutto: l’aglio, che si doveva comprare proprio quel giorno, ma anche cipolla, spighe di lavanda, mentuccia, biancospino, artemisia, ruta e iperico, l’erba tipica della festa, detta anche “cacciadiavoli” o erba di San Giovanni.

Un tempo in Russia i contadini si recavano nella foresta poco prima dello scoccare della mezzanotte della notte di San Giovanni per cercare di assistere alla leggendaria fioritura della felce, che avrebbe donato loro la conoscenza delle cose del mondo. In Germania e in Bretagna “anche il seme della felce, che si vuole risplenda come oro nella notte di San Giovanni, farebbe scoprire i tesori nascosti nella terra in virtù della magia omeopatica secondo la quale vi sarebbe affinità tra un seme, o un ramo dorato, e l’oro”(cit. Cattabiani, Florario).

Fiore e seme doppiamente magici, se si pensa che la felce è una pianta pteridofita, che si riproduce tramite spore e non possiede né semi né fiori.

 

L’acqua di San Giovanni, attività tornata molto in voga in questi ultimi anni, prevede la raccolta di fiori e piante spontanee che vanno messe in una bacinella d’acqua lasciata tutta la notte all’aperto. Al mattino, ci si lava il viso con l’acqua profumata che ha assorbito la rugiada e gli influssi benefici della notte.

“Nella tradizione – racconta Veronica Gatto, direttrice della Scuola Selvatica Il Sentiero nel Bosco di Foligno, esperta di agiografia e tradizioni popolari – si inizia la raccolta già il giorno 20, poiché dovrà durare almeno tre giorni ed il numero tre è sempre un numero ricco di sacralità. Le piante  dovranno essere  di numero dispari, da nove fino ad arrivare al numero 23 come la data della notte del Santo ed oltre. Tra queste troviamo l’iperico, la lavanda, la salvia, la verbena, la menta, l’achillea, la ruta, la melissa e il rosmarino. Anticamente la guazza o acqua di San Giovanni era detta anche “acqua delle 100 erbe”, un numero simbolico che indica che tutte le piante in fioritura in questo momento sono curative ed hanno un potere di guarigione molto alto.

Le piante vengono raccolte al tramonto o all’alba, quando è presente la rugiada, perché “la rugiada di San Giovanni cura tutti i malanni”, così come l’acqua che si prepara. In origine la raccolta e la preparazione dell’acqua era compito delle donne, attraverso rituali di preparazione che erano molto esclusivi. Molto importante è l’elemento acqua ma anche quello lunare, quindi il sole, simbolo della festa, che incontra la luna per raggiungere un’unità. Unità tra maschile e femminile intendendo questo non come una divisione tra i sessi ma come unità interiore, in noi.

L’accensione del fuoco era invece compito degli uomini così come la raccolta della legna perché nell’accensione del fuoco sacro di San Giovanni, non possono essere bruciati tutti i tipi di legna. Esistono numerose liste di piante magiche ma diciamo che l’albero sacro di questo momento è la quercia.

 

 

 

 

San Giovanni è anche una festa della comunità, che va a rinsaldare i legami sociali. Infatti un’altra tradizione è quella del “comparatico”, tradizione popolare molto presente sul territorio italiano dove si sceglie “il San Giovanni” ossia “il compare”, l’uomo o la donna che, come persona più cara all’interno della comunità, entra a far parte della famiglia di sangue. Questa persona diventa così importante che addirittura si dice che il San Giovanni, cioè il compare o la comare, diventano più importanti di un fratello o una sorella.”

 

Presso la Scuola Selvatica Il Sentiero nel Bosco (https://www.facebook.com/Scuolaselvatica) è possibile questo fine settimana celebrare ed assaporare l’anima della festa: a partire dalle 18 del 23 giugno, preparazione dell’acqua poi banchetto solstiziale e rito del fuoco; il 24 giugno dalle 16, passeggiata alla ricerca delle erbe del solstizio e laboratorio di preparati e magiche pozioni con le erbe raccolte.

 

Visto in questi termini, tornare a celebrare gli antichi culti stagionali ai giorni nostri, non è solo un gesto simbolico o un’attività come un’altra per passare il tempo ma rappresenta un modo per recuperare quel rapporto armonico con la natura interrotto ormai da troppo tempo.

Un ricordare l’ordine naturale delle cose e ricollocarci in un rapporto profondo e finalmente rispettoso con il mondo e l’ambiente che ci circonda.

 

 

 

Francesca Verdesca Zain: Una vita vissuta all’insegna della creatività. Giornalista pubblicista, artigiana, danzatrice, lettrice e sognatrice compulsiva, sono amante della natura, della scrittura, dei gatti. Ho una laurea in lingue e letterature straniere.