È edito da Pavesi Edizioni il nuovo romanzo di Marina Trastulla. L’autrice perugina, da sempre appassionata di storia e di Medioevo in particolare, dopo i quattro romanzi della saga del Falco, torna con un emozionante volume dal titolo “Morgingab. Il dono del mattino”.
La trama – Ducato longobardo di Spoleto, a.D. 591. Vibia, nobile e colta romana, viene costretta dal padre per interessi politici a sposare il barbaro Liutprand, imparentato col duca. L’odio per i conquistatori e il disprezzo per la loro cultura la spingono a cercare una scappatoia con l’aiuto dell’affascinante Patrizio, ma le cose non sono mai come sembrano e Vibia sarà costretta a rivedere molte delle sue posizioni, mentre la guerra divampa ancora una volta: l’Imperatore di Bisanzio vuole sterminare i Longobardi, nonostante gli sforzi di pace e dialogo tra papa Gregorio e la regina longobarda Teodolinda.
Nel volume, non proprio una sorta di prequel del “Falco Ghibellino”, ma, come ci spiega la scrittrice, “l’integrazione molto faticosa tra i nobili longobardi e il substrato locale” ovvero i romani, “questa élite di nobili decaduti che hanno una grande immagine di sé” ma che poi, in realtà, in quel momento non contano più quasi niente. “Dall’unione di questi popoli e, quindi, anche dai protagonisti idealmente deriva la stirpe di Gemma – NdR. una delle protagoniste della saga del Falco – nobile di discendenza longobarda”. Spesso forse perdiamo di vista il concetto che in Italia “i nostri nobili cavalieri medievali sono discendenti dei Longobardi, dei Franchi” e, successivamente, “dei vari Imperatori tedeschi che scendono in Italia”. Gli stessi Oddi e Baglioni perugini “in realtà hanno origini straniere perché la loro era una nobiltà guerriera”.
Guerre e storia: “Ambientato nel Ducato di Spoleto alla fine del VI secolo”, momento del massimo splendore della città, “questo libro ci riporta proprio alle guerre che ci furono allora in Italia fra Bizantini da una parte, che volevano conquistare un Impero, e Longobardi dall’altra, che volevano tenersi stretto il loro territorio. In mezzo ci sono i poveri abitanti della penisola italiana che cercano di sopravvivere facendo alleanze con l’uno o con l’altro” nonché “Papa Gregorio che è il Vescovo di Roma ma che è anche il protettore della città e, in qualche modo, cerca di difendere gli abitanti facendo patti coi Longobardi e utilizzando i soldi della Chiesa per salvare vite”. Un triangolo tra interessi vari e diversi.
Nel libro sono valorizzate diverse città umbre, non solo Spoleto…
“La residenza stabile dei protagonisti è Spoleto. La casa di Vibia coincide con la “Casa Romana” visitabile nella città. La descrizione di questa dimora così come veniva utilizzata effettivamente nell’antichità è interessante. Poi c’è una parte dedicata al Tempietto del Clitunno, che è di epoca longobarda, e c’è anche Gubbio, dove è ambientata una battaglia”. L’idea è che il lettore possa “immergersi nel passato ma ritrovare le tracce di questo passato nel presente, visitando i luoghi, soprattutto quelli meno noti che prendono risalto nel libro”. Coinvolta anche Roma con “un assedio delle campagne romane e della stessa città. La protagonista viene anche presa in ostaggio” e, nelle pagine, si ritrova catapultata in una “Roma in decadenza”.
Nel volume, come di consueto nei suoi libri, troviamo una minuziosa ricostruzione storica, frutto di un grande studio, ma anche particolari dei luoghi citati e delle rievocazioni perché Marina è solita visitare e fare suoi i posti in cui si svolgono i suoi romanzi. “Mentre facevo ricerche per il libro, mi è capitato di andare a vedere il “Luglio Longobardo” a Nocera Umbra. Per l’occasione c’era una mostra sui Longobardi curata da Elena Percivaldi, che ho così conosciuto e grazie alla quale ho potuto approfondire alcuni aspetti della civiltà longobarda che riporto nel libro. Quel giorno c’era anche la rievocazione di un matrimonio longobardo e questo mi è servito per creare il matrimonio di Vibia”.
Vibia è un personaggio di fantasia?
“Vibia Vespasia è un nome di fantasia, creata però per mettere in evidenza la famiglia dei Vibi che per Perugia fu molto importante. È una famiglia realmente esistita, di origine etrusca, che poi si integra nella società romana e arriva anche ai vertici del comando. Addirittura, c’è un Imperatore che porta questo nome, Vibio Treboniano Gallo, di cui ci sono tracce anche sulle mura etrusche della nostra città”. L’iscrizione “Colonia Vibia” sulla cornice subito sopra l’arcata dell’Arco Etrusco in piazza Fortebraccio è stata fatta apporre dall’Imperatore Vibio “che ha reso Perugia una colonia con uno status giuridico superiore a quello precedente”. Un personaggio, secondo l’autrice, da riscoprire sicuramente.
Come ha scelto l’immagine di copertina?
“È il dettaglio di un sarcofago romano esposto nella piazza principale di Spoleto, proprio a fianco del Duomo. I romani realizzavano questi sarcofaghi anche celebrativi e molto costosi, poi quando veniva meno la funzione originaria, spesso venivano riusati come vasche o per altro. Lì, infatti, ha funzione diversa dall’originaria. Ho scelto il dettaglio che si vede sulla copertina perché il sarcofago parla di una caccia e c’è l’immagine di un leone che atterra un personaggio con tipico vestiario romano. Mi sembrava fortemente simbolico: il longobardo selvaggio che aggredisce e atterra il nobile romano. Tra l’altro, nel libro si parla anche di questo sarcofago”.
Due i motivi principali per cui l’autrice sceglie di collocare il romanzo in questo preciso momento storico. In primis, essendo un’insegnate – professoressa di Italiano alla Scuola secondaria di primo grado – e ritornando ogni anno sullo stesso percorso, “mi sono resa conto che di questo periodo longobardo in realtà non se ne parla quasi mai. Invece per la nostra Italia, anche geneticamente, è un periodo importante perché, come dicevo prima, la nobiltà medievale è di origine longobarda”. Poi perché “finendo il ciclo del Falco, riflettevo sul fatto che la protagonista (Gemma) è, anche lei, una nobile di discendenza longobarda e mi piaceva questa sorta di indagine sulle sue origini”.
Quattro volumi per il Falco. Questo rimarrà unico o possiamo sperare in un sequel?
“Dipenderà molto dai lettori – ci dice sorridendo – Il libro ha un suo percorso conclusivo. Il lettore arriva in fondo e rimane completamente soddisfatto, non ci sono punti interrogativi. Certo, nulla vieta che ci siano altre avventure in seguito”.
In “Morgingab” non c’è però solo la parte storica ma “c’è anche un lavoro di ricostruzione dell’interiorità dei personaggi”. Pensiamo allo stato d’animo di una colta nobile donna romana che si ritrova a contatto con un rozzo longobardo. Viceversa, pensiamo a quello dei longobardi, abituati a una vita più semplice, nel vedere lo sfarzo e i pregiudizi dei nobili romani. “Il bello del libro è che vediamo le cose da un punto di vista opposto. Poi piano piano, questi due punti di vista, dialogando, si fondono e ognuno prende dalla cultura dell’altro il meglio che può. Questo è anche un augurio per i nostri tempi dove più che uno scontro fra civiltà ci dovrebbe essere un incontro”. Un incontro sia fra singole persone che fra culture diverse.