UMBERTIDE – Castagni tinti di giallo, querce imponenti, corbezzoli pronti ad esplodere di rosso e il verde cupo di pini e abeti. Sono gli alberi principali che si incontrano passeggiando lungo l’anello detto della Badia di Monte Corona, a pochi chilometri da Umbertide. Un percorso interessante e ricco di interesse sia dal punto di vista naturalistico sia da quello storico.
Si parte dall’Abbazia di San Salvatore di Montecorona (uscita Pierantonio dalla superstrada) e si inizia a salire lungo il monte imboccando il sentiero Cai 171. Anche se inizialmente il sentiero interseca in vari punti la strada asfaltata, è subito bosco e quiete, passi attutiti dalla terra umida e dalle foglie secche che cadono lungo il sentiero chiamato “La Mattonata”, una strada larga circa 2 metri e costruita a secco con blocchi di pietra arenaria risalente al XVI (1528) che unisce l’abbazia con l’eremo che si trova sulla cima del monte (sentiero 172). I due centri religiosi in passato erano infatti molto legati laddove l’abbazia era il centro della vita economica e l’eremo di quella spirituale, edificato dagli stessi monaci benedettini per vivere in maniera più rigorosa la regola monacale.
Lungo questo percorso morbido si arriva quindi ad un bivio dove occorre fare una breve deviazione a sinistra per raggiungere in pochi passi l’Eremo di Monte Corona, ad un altezza di 962 metri, dove vive attualmente una comunità religiosa che applica la regola della clausura.
Vegliato da un antico cedro del Libano, è questo un luogo suggestivo e silenzioso, in parte visitabile e con una storia affascinante alle spalle.
Costruito a partire dal 1530 e somigliante a quello di Camaldoli, fu destinato ad ospitare quel ramo dei camaldolesi, gli eremiti di San Romualdo, che volevano appunto avvicinarsi ancor di più allo spirito eremitico. Espulsi nel 1810 al momento della soppressione napoleonica, gli eremiti vi tornarono fino al 1861, anno della soppressione degli enti ecclesiastici, quando l’eremo venne abbandonato.
Divenuto di proprietà laica, fu utilizzato come rifugio in tempo di guerra per poi cadere in totale abbandono fino al 1981, data in cui un gruppo di monache della famiglia monastica di Betlemme, dell’Assunzione della Vergine Maria e di San Bruno giunsero in questo luogo e diedero il via ai lavori di ristrutturazione. Nove anni dopo, le stesse monache fondarono un nuovo monastero nei pressi di Mocaiana (frazione di Gubbio) e al loro posto si stabilirono qui i monaci del ramo maschile dello stesso ordine.
L’eremo è composto da 16 cellette dove i monaci trascorrono meditando e pregando in solitudine la maggior parte delle loro giornate, da una chiesa e da vari edifici per la vita in comune alcuni aperti al pubblico. Tra questi, una piccola esposizione di artigianato creato dai monaci, oggetti in legno ed incensi.
Salutato il grande cedro e questo luogo di pace, si torna indietro fino al bivio per continuare il percorso e reimmergersi nel folto della macchia, tra profumi e brevi scorci che si aprono verso la vallata. All’inizio si costeggiano le antiche mura del romitorio poi si inizia a scendere fino ad arrivare ad una strada di sassi (unico punto un po’ più impegnativo del percorso) che conduce fino al borgo medievale di Santa Giuliana. Un piccolo gioiello di 320 metri di mura fortificate che occhieggia in mezzo alla valle le cui prime notizie certe risalgono all’anno 1362. Protagonista di un assedio nel 1411 da parte del capitano Paolo Orsini, alleato di Braccio Fortebraccio da Montone, vide una strenua e risoluta resistenza da parte dei suoi abitanti che riuscirono a non cedere facendo abbandonare l’impresa, in cui lo stesso Orsini rimase gravemente ferito, agli assalitori.
Completamente restaurato dopo anni di abbandono, conserva tutt’oggi un po’ del suo spirito di resistenza perché è purtroppo completamente privato e non visitabile. Noi abbiamo avuto l’occasione di incontrare uno dei proprietari che ci ha molto gentilmente aperto le porte del cancello e fatto fare un giro all’interno dove sorge anche una chiesetta edificata nel 1558 dedicata a Sant’Antonio.
A questo punto per tornare indietro si può, o ripercorrere la stessa strada o continuare lungo il percorso ad anello attraverso una strada bianca. La si percorre fino ad un bivio, giunti al quale si prende a destra (sentiero 171) e si continua la discesa passando accanto al Podere San Giuliano delle Pignatte (sentiero 169a). Arrivati in fondo alla valle si attraversa la strada asfaltata proseguendo nella stessa direzione da cui si è arrivati lungo la strada di fronte che porta al Podere Toro.
Subito dopo si incontra un altro bivio e si gira a destra (sentiero 169). Lungo la strada si incontrano altre tracce ma si mantiene sempre la destra, quindi si raggiunge e si oltrepassa un vecchio cimitero di campagna. Ad un successivo trivio si prende a sinistra seguendo una strada che costeggia la collina di Castiglione dell’Abbate per fare ritorno infine al parcheggio dell’abbazia.
La stessa abbazia, la cui costruzione viene fatta risalire nientemeno che al 1008, con il suo bellissimo campanile a pianta ottagonale anticamente utilizzato come torre di difesa, la chiesa romanica dedicata a Santa Sofia e l’antica cripta a cinque navate, merita a questo punto una visita.
Scheda tecnica
Difficoltà: E
Dislivello: m. 690
Tempo di percorrenza: 4, 30 ore
Lunghezza: km 12,500
Francesca Verdesca Zain