FERENTILLO – Visto che in ogni dove si sta già parlando del Natale, noi facciamo promozione culturale, nel nostro territorio della Valle Umbria Sud di alcune tra le opere d’arte che illustrano l’evento della nascita di Gesù. In questo lungo periodo di festività sarà un piacere parlarvi di queste opere sparse un po’ ovunque e, vi assicuro, che quelle delle piccole chiese, edicole o raccolte museali sono veramente da ammirare e ricercare.
Torniamo oggi a parlare di una delle opere d’arte più controversa della cultura popolare e storica dello Spoletino.
Trattasi del dipinto Natività detta Ancaiani, appartenuto all‘Abbazia di San Pietro in Valle Suppegna, che ora si trova a Berlino Gemaldegalerie (Boden Museum) Staatliche Museum. Una tela che misura 245×245 cm. Un dipinto che ha attraversato numerose vicende più o meno gioiose.
L’opera era collocata, come detto, sull’altare maggiore dell’abbazia di San Pietro in Valle Suppegna lì conservata fino ai primi del XVIII secolo. Viste le condizioni precarie del dipinto a causa dell’umidità, ossia i colori iniziavano a staccarsi dalla tela, l’abate Decio Ancaiani, ne fece incollare un altra nuova dietro da Domenico Michelini e chiese alla Sacra Congregazione il permesso per portare l’opera originale presso la cappella di San Benedetto della sua famiglia a palazzo Ancaiani di Spoleto sostituendola con una copia. Il permesso fu concesso dal cardinale Francesco Barberini con un documento firmato il 18 settembre del 1733; (Il documento fu rinvenuto dal Pungileoni dopo aver esaminato le carte dell’archivio della famiglia Ancaiani da parte dell’ Arcivescovo Mario Ancaiani. Si decise di fare una copia del dipinto e ricollocarla in Abbazia. La copia fu commissionata a Sebastiano Conca, ma questa copia non raggiunse mai San Pietro in valle. All’epoca del Pungileoni quindi l’opera era alla cappella di San Benedetto di Spoleto (cappella che verrà distrutta nel 1833 per il passaggio della strada interna alla città). Nel 1825 la famiglia Ancaiani fece portare il dipinto a Roma. Per qualche anno fu esposta a Castel Sant’Angelo, poi fino al 1833 a Palazzo Torlonia. In quell’anno fu acquistata per 6000 scudi romani per il museo di Berlino (da precisare che gli Ancaiani successivamente, con Decio Ancaiani, morto senza eredi diretti, nel loro feudo di Ancaiano, la rocca passò ai parenti più prossimi, Giannuzzi Savelli Carlo, Maria e Paolina. Gli attuali proprietari della Rocca sono Gianvincenzo e Paola Coppi; infatti, l’hanno ereditata da Paolina Giannuzzi Savelli, la nonna paterna). Il Passavant riferisce che Raffaello lo avesse dipinto su commissione dell’abate Ancaiano Ancaiani (Abate dal 1478 al 1503). Nel 1860 si riferiscono attribuzioni a lo Spagna. Il Sansi menzionò l’ opera, così pure il Lermolieff; il Berenson lo incluse tra le opere dell’artista prima del 1503; il Lupattelli osservò che si doveva al Passavant l’attribuzione allo Spagna; Il Cavalcaselle, notando che la Nativita’ di Berlino era in analogia con l’altra del convento della Spineta di Todi, non lo attribuì a Raffaello; lo Gnoli e il Bandini la ritennero anteriore al 1503 considerando lo stemma di Ancaiano Ancaiani; il Fausti la collocò nel 1500; il Van Marle segui il Cavalcaselle considerandola eseguita prima del 1503; anche il Perkins e il Gamba la collocano nel 1503. Ma il colpo di scena sull’esatta datazione dell’opera, il committente e l’autore, come riferisce la storica dell’arte professoressa Giovanna Sapori, viene da un documento ritrovato da Luigi Rambotti nell’Archivio di Stato di Spoleto nel 2004 in occasione delle ricerche per la mostra sullo Spagna. Ma andiamo a scoprire il documento: il 14 Febbraio del 1508 nell’orto della chiesa San Benedetto a Spoleto, presso le case Ancaiani, Eusebio Ancaiani, abate di San Pietro in valle, il notaio Giovan Moscatello di Ser Guglielmo e il pittore Giovanni Di Pietro detto lo Spagna si incontrano per stipulare un contratto, per ottanta fiorini l’ artista dipingerà una Adorazione dei Magi su tela.
La preziosa inquadratura a candelabre, il fregio di divinità marine, la presenza di riquadri di due sibille in simmetria con i Santi Benedetto e Scolastica, potrebbero infatti riflettere le inclinazioni del gusto dell’abate, probabilmente legato alla cerchia umanistica di Severio Minervio, Benedetto Egio, Gregorio Elladio che fiori a Spoleto intorno al convento agostiniano di San Nicolò fra quattrocento e e cinquecento.