PERUGIA – Su di lui si è scritto di tutto, a partire dal fatto che sarebbe stato un piccoletto iracondo e vendicativo che proprio per il fatto di essere basso conquistò mezza Europa in meno di venti anni. In realtà gli storici in tempi recenti si sarebbero accordati su un’altezza di Napoleone vicina all’1,70, forse un paio di centimetri in meno, ma più o meno nella media del periodo storico di riferimento (tra la fine del 1700 e l’inizio del 1800). Certo è però il fatto che la sua altezza era inversamente proporzionale al suo ego smisurato che ne caratterizzò un atteggiamento sdegnato e altezzoso nei confronti degli esseri umani di qualsiasi ceto e provenienza.
Accusato di sessismo e di misoginia, Napoleone fu anche un amante appassionato che lasciò testimonianze verificate e verificabili in una serie di missive dirette alla sua prediletta Josephine De Beauharnais che diventò sua moglie due giorni prima che partisse per la campagna d’Italia. Ma – la storia insegna – alla fine anche gli Imperatori hanno una loro Waterloo e nonostante lascino tracce di imperitura memoria così come il 5 maggio di Manzoni ricorda, in questo bicentenario della morte di Napoleone riemergono antiche questioni mai del tutto metabolizzate dalla stessa storia e anzi che riecheggiano proprio nel momento in cui la grandeur francese si appresta a celebrare il mitico iniziatore dell’era contemporanea con una spesa di circa cinque milioni di euro per esaltarne le “eroiche gesta”. Che a ben guardare tanto eroiche non sarebbero state se è vero che ancora oggi sentirsi Napoleone è sinonimo di pazzia e comunque di una sopravvalutazione delle proprie umane, a volte miserrime possibilità. Insomma l’immagine ricorrente dell’uomo a cavallo che scruta dall’alto di una collina il campo di battaglia, per quanto eroica ed epica, soffre di un’ombra lunghissima che si staglia su uno sfondo storico-culturale di riferimento molto preciso e inappellabile, tanto che la cosiddetta “cancel culture”, vale a dire quel flusso di opinione che vorrebbe rivisitare i paradigmi storici e culturali in base a principi di politically correctness, appioppa lo stigma di schiavista a Napoleone Bonaparte. La motivazione di tanto astio nei confronti dei napoleonisti convinti si fonda su almeno un paio di tradimenti napoleonici sul più autentico esprit rivoluzionario che assegnò alle masse i sigilli della libertà, dell’uguaglianza e della fraternità proiettati verso il progresso sociale e culturale. Solo una decina di anni più tardi da quella fatidica e indimenticabile presa della Bastiglia che decretò le basi per la nascita degli Stati moderni e delle democrazie occidentali, Napoleone lanciò segnali inequivocabili di regressione sociale, se è vero che prima sancì un diritto di famiglia che assegnava il potere al padre di famiglia sulla moglie e sui figli – e per questo ora accusato di misoginia – poi, in estrema contraddizione con lo stesso principio di uguaglianza, introdusse nel 1802 lo schiavismo che sdoganò così dai diritti acquisiti con il sangue della Rivoluzione. Fatti questi che ancora oggi ribollono nelle vene delle minoranze nere delle colonie d’Oltremare francesi e che allo stesso tempo assegnano a Bonaparte il ruolo di una figura storica controversa, se non addirittura – come ormai dominio della vulgata – di pazzo. In realtà decontestualizzare Napoleone dal periodo storico di riferimento è certamente operazione discutibile e contraddittoria, ma questa, in fin dei conti, può essere catalogata come l’eredità più pesante che l’Imperatore illuminato ha lasciato ai posteri e che oggi ne inficia la figura di eroe pur riconoscendo in lui doti di stratega e condottiero che vanno oltre la stessa storia. Per questo la sua “eternità” che pure lui stesso prefigurava nelle memorie scritte dal confino dell’Isola di Sant’Elena vacilla e sempre per questo non appaiono infondate le istanze di una ricollocazione storico-sociale del grande Imperatore. Sta di fatto che oggi, giorno del bicentenario della morte di Napoleone, complici i problemi legati alla pandemia, non si sa ancora quando a Parigi potranno essere disponibili al visitatore le magnificenze della gigantesca esposizione costata cinque milioni di euro che punta ad abbattere ogni record e a superare il primato di un milione e quattrocentomila visitatori per Tutankhamon registrato nel 2019. In fondo Napoleone fu anche colui che mise fine alla Repubblica con un colpo di stato nel novembre del 1799, dieci anni dopo la Rivoluzione. Che sia una nemesi storica?
Intanto oggi a Perugia la presidenza Fai Umbria ed il Soroptimist International Club Perugia, con il patrocinio del Comune di Perugia, propongono per il pomeriggio, un incontro on line finalizzato a riscoprire la figura di Alessandrina Maria Bonaparte Valentini, la cosiddetta “Napoleona di Perugia”.
“Patriota, scrittrice e grande protagonista dei moti del giugno 1859 – scrive Soroptimist in una nota – Maria rappresenta la testimonianza del ruolo che molte donne hanno ricoperto durante gli anni del Risorgimento, mettendosi in gioco e partecipando attivamente ai grandi cambiamenti del loro secolo. Figlia di Luciano, il fratello minore di Napoleone costretto in esilio a Roma dallo stesso imperatore per aver voluto sposare la vedova di un banchiere, Maria imparò dal marito Vincenzo Valentini, mazziniano convinto, ad amare l’Italia come propria patria impegnandosi per la sua liberazione. Di indole temeraria e dotata di una cultura non comune per le donne della sua epoca, la “Napoleona” dimostrò sia nello stile di vita che nella produzione letteraria, di essere poco incline ai conformismi dell’epoca, incarnando quel modello di donne del nostro Risorgimento che, in nome della libertà, dettero un contributo fondamentale per l’unificazione dell’Italia. Nel salotto del suo palazzo di Porta Sole, i liberali perugini, protetti dall’immunità garantita dalla posizione sociale di Maria, si riunivano per organizzare i moti patriottici che poi finirono con le famose “stragi di Perugia”.
L’incontro si aprirà con i saluti dell’assessore alla Cultura del Comune di Perugia Leonardo Varasano. Relatori dell’incontro saranno Erminia Irace, docente di Storia moderna, che illustrerà le vicende storiche della vita di Maria; Isabella Nardi, critico letterario, che parlerà delle sue opere letterarie dettate dall’impegno civile; e Paolo Belardi, docente di Composizione architettonica e urbana, che si soffermerà sul prestigio architettonico del palazzo di Maria, appartenuto all’antica famiglia perugina dei Conestabile della Staffa, e poi trasformato in sede della Biblioteca Augusta.
L’incontro si svolgerà a partire dalle ore 18 su piattaforma Microsoft Teams; per partecipare è necessario iscriversi inviando una email all’indirizzo perugia@soroptimist.it.
Si ringrazia Hub Scuola per la clip video