PERUGIA – Sono ripartiti al Teatro Brecht di Perugia da mercoledì 21 febbraio, le mattinate musicali del progetto “Musica per crescere”, promosso dalla Fondazione Perugia Musica Classica per avvicinare le giovani generazioni alla grande musica. Saranno 26, fino ad aprile, gli spettacoli che coinvolgeranno oltre seimila studenti delle scuole dell’infanzia, primarie e secondarie di I e II grado dell’Umbria, nuova tappa di un progetto che dal 2003 ha proposto oltre 500 concerti per un pubblico di circa 130.000 tra bambini e ragazzi, con più di 37 produzioni originali con nuove commissioni e pezzi di repertorio.
Di questo e altro, come nostra consuetudine, parliamo con il maestro Leonardo Ramadori, uno dei punti fermi di questa progettualità.
Iniziamo dalle nuove produzioni?
Nel cartellone del nuovo anno ce ne sono tre, come sempre differenziate per fasce di età: BruttAnatroccolo, rivolto ai bambini della scuola dell’infanzia e del primo ciclo della scuola primaria con Giulia Zeetti, attrice e cantante, Stefano Olevano, corno e percussioni, Gianni Maestrucci, percussioni. Poi Jimmy, Tommy e Timmy, per i bambini della scuola primaria e ai ragazzi del primo ciclo della scuola secondaria di primo grado, con Debora Contini, attrice e clarinettista, Simone Frondini, oboe, Stefano Olevano, corno e io alle percussioni. Infine Mozart!, pensato per i ragazzi della scuola secondaria di primo e secondo grado, con Francesco Bolo Rossini, voce narrante, Matilde Siculi, oboe, Carmine Del Canto, clarinetto, Salvatore Oriti, fagotto, Alessia Morgantini, pianoforte, e con il Coro di Voci Bianche e Giovanile del Conservatorio “F. Morlacchi” di Perugia Marta Alunni Pini, direttore.
– Lei di fatto dal 2003 lavora a questo progetto. In vent’anni come sono cambiati i ragazzi, come ci si deve rapportare con loro, ora?
E’ una riflessione che quotidianamente facciamo noi che abbiamo a che fare come insegnanti, sia che si tratti del conservatorio, come nel mio caso, o nella scuola dell’obbligo come per altri musicisti miei amici. Mi sento di dire che il potenziale dei giovani, soprattutto dei più piccoli, sia sempre costante nel tempo: sensibile al senso della sorpresa, della meraviglia, del desiderio di scoperta. In generale, però, è indubbio che l’utilizzo delle nuove tecnologie ha prodotto tempi d’attenzione sempre più ridotti, che riguardano anche l’ascolto. Troppe immagini, troppi suoni, troppi stimoli alla fine rischiano di abbassare il grado di comprensione e di capacità che uno può mettere in campo.
– Le tre nuove produzioni come si adeguano a tutto ciò?
Simone, Frondini, Stefano Olevano ed io siamo musicisti attivi, nel senso che abbiamo più occasioni per suonare i nostri strumenti. Mentre realizzavamo Musica per crescere, abbiamo avuto tante esperienze di prove aperte che ci hanno fatto entrare in contatto con le giovani generazioni. Eravamo consapevoli del possibile divario tra la capacità di ascolto e di attenzione di cui parlavo poco fa, e l’importanza del repertorio dei grandi classici per entrare direttamente in contatto con chi è analfabeta di questa materia. Cosa che potevamo peraltro sperimentare con i nostri stessi figli che hanno fatto anche da …cavie.
– E come avete operato?
Presentare direttamente la Quinta di Beethoven a un pubblico di questo genere significava perderlo in partenza. Siccome crediamo fermamente nel valore di queste opere e di quanto sia importante mantenerle vive, ci siamo messi dalla parte dello spettatore e iniziato a mediare sia il linguaggio che i singoli termini.
Quindi abbiamo cercato di metterci nei panni di chi guarda i cartoni animati, di chi ha un computer fin da quando ha 7 anni, di chi è bombardato quotidianamente da immagini e messaggi brevissimi.
– I frutti?
Molto positivi: i bambini generalmente arrivano a teatro, diciamo, annoiati dal fatto che pensano di dover assistere a un concerto di musica classica; poi invece vanno via spesso sorridenti, divertiti e noi abbiamo trovato, come dire, un canale per entrare in contatto, in comunicazione anche con quelle fasce di età che non sono abituate a questi linguaggi. E riguardo la musica classica abbiamo messo un semino nella speranza che possa poi crescere il loro interesse per queste opere immortali e diventare ascoltatori e magari capaci di distinguere le cose di maggiore qualità.
– Lei peraltro suonando le percussioni è più attrattivo nei loro confronti rispetto ad altri musicisti, no?
L’approccio delle percussioni aiuta certamente, i bambini sono molto incuriositi da tutti quei barattoli variegati. È chiaro che gli strumenti più classici sono più delicati da presentare, da raccontare, anche magari da approcciare per le giovani generazioni. Però abbiamo sempre tenuto a mente lo slogan che ci ha insegnato Andrew Starling, storico direttore artistico degli Amici della musica di Perugia: diceva che il nostro principale obiettivo era spiegare ai bambini che un fagotto non è solo un panino con la frittata. Questa è la sintesi della nostra missione con Musica per crescere.
– A livello personale cosa le dà questa esperienza?
Positività perché spesso accade che all’inizio c’è un disinteresse totale, poi la soddisfazione è grande quando riesci ad aprire un piccolo canale di comunicazione almeno in una parte dei ragazzi che assistono agli spettacoli.
La riprova sta anche nei disegni che invitiamo a fare dopo gli spettacoli: sono immaginifici, vuol dire che la musica è stata capace di suggerire pensieri, emozioni.
– Lei ha suonato con grandissimi musicisti e direttori d’orchestra. Tutti straordinari, ovviamente. Ma con chi ha avuto maggiore empatia?
Come orchestrale è chiaro che incontrare una personalità come Muti che ti spiega cosa vuole realizzare e che dirige il pezzo in cui suoni, è estremamente emozionante: con due gesti e con due parole riesce a farti partecipare alla sua arte e a trasmettertela.
In quel caso tu sei strumento del direttore, devi assorbire la sua idea e anche la sua gestualità per poterla rendere al meglio. Per quanto riguarda la musica della Camera, abbiamo fondato Tetraktis con due miei compagni di conservatorio trent’anni fa. Non c’è uno che decide come si fa la musica, ma la musica si fa tutti insieme. L’ensemble è una metafora della società, ciascuno ha un suo ruolo da svolgere: suono il triangolo? se fai bene il tuo piccolo compito, riuscirai sicuramente a rendere molto bello il lavoro di tutti gli altri.
– Lei ha suonato anche con due grandi musicisti umbri…
Gabriele Mirabassi e Ramberto Ciammarughi…
Erano già due mostri sacri quando ho iniziato, due veri maestri; mi metterei decisamente un gradino, se non due, sotto questi due illustri colleghi.
– Uno slogan per lanciare Musica per crescere 2024?
Nuove proposte, stesso entusiasmo.
Foto: Claudia Ioan