ORVIETO – Era gennaio di quest’anno quando abbiamo intervistato una emozionatissima Moà, Martina Maggi, che si apprestava a varare il suo tour “Movements of art” nei teatri iniziando proprio da casa sua, dal Mancinelli. Da allora ne ha fatte, e ne farà, di cose. La più recente risale a cinque giorni fa, 22 novembre, con l’uscita del suo nuovo singolo “Vedrai sarà bellissimo” che è il brano vincitore della menzione speciale del Club Tenco alla quindicesima edizione di “Music for change”.
L’11 novembre è invece uscito l’Ep che raccoglie gran parte dei brani che hanno composto l’ossatura della tournée “Movements of art”. Come nostra consuetudine, di questo e altro parliamo in questa intervista alla cantautrice orvietana.
– A parte le sue brillanti esibizioni in tv, Dalla strada al palco, Area Sanremo e All together now, a scandire il suo percorso artistico sono soprattutto i riconoscimenti, i premi che premiamo i meritevoli: dal Bianca d’Aponte al Club Tenco. Soddisfazioni che sono pure: quanta carica danno?
Tanta, perché questo è un mondo difficile che al di là dei contenuti artistici comporta anche una parte economica che va considerata, legata, ad esempio alla promozione, che è importantissima. E un artista emergente, il più delle volte, sotto questo punto di vista non ha tutte le consapevolezze necessarie. I riconoscimenti, quindi, sono per me come una carezza, una conferma che dopo le ore piccole, le migliaia di treni che prendi mi fa dire: ok, la direzione è questa, passo dopo passo ce la puoi fare.
– Veniamo al suo ultimo brano: “Vedrai sarà bellissimo”. Da dove emerge l’esigenza di parlare della migrazione?
La tematica mi è stata assegnata dal concorso “Music for change”. Erano otto temi in gara e a me è statodato per l’appunto migrazione e popoli. Avevamo un team di autori che ci aiutava nella costruzione del testo e con cui ci siamo potuti confrontare. Dico solo che ho potuto così rapportarmi con Giuseppe Anastasi. Che, per dire, mi ha subito smontato … gran parte del testo.
– In che senso Anastasi le ha smontato il testo?
Nel senso che la mia prima idea era una ninna nanna a un figlio mai nato, con l’immedesimazione di una 29enne che sta dall’altra parte del mondo che vuole mettere su famiglia; però è consapevole della incombenza drammatica della guerra. Anastasi mi ha fatto entrare maggiormente nel tema, facendomi concentrare sul concetto del cambiamento che spaventa ma, in quanto tale, porta a qualcosa di positivo e che questo era lo spirito con cui approcciare Music for change. Mi sono messa in gioco. Poi, ovvio, in un mese e mezzo per un lavoro su commissione sai quante cose avrei cambiato ancora… Per esempio c’era un passaggio “sentirti cantare, troverò per te un altro finale, una casa, una scuola”. Quel “sentirti cantare” prima era il profumo del pane… Che dire? Sono una che si mette lì, si l’ascolta 26 volte al giorno il pezzo, si chiude in studio e se lo ricanta. Alla fine mi hanno tolto il brano da sotto e chiuso il pezzo. Come quando devi consegnare il tema e suona la campanella.
– Bilancio di questa ennesima esperienza?
Bellissima perché sei guidata da professionisti con cui non sempre è facile persino farci una video chiamata. E poi la produzione del brano è stata curata da Lorenzo De Angelis che è poi il produttore e anche l’arrangiatore dell’Ep “Non so ancora amare”.
– Ora cosa c’è in programma dal punto di vista discografico?
A breve lo Stream Believe, ovvero l’ultima fase del Premio Club Tenco in cui gli otto finalisti si misureranno tra loro attraverso il numero di accessi su Spotify. Chi avrà collezionato più ascolti del suo brano riceverà un contratto di distribuzione con Believe e la possibilità di esibirsi a Casa Sanremo.
– Sincerità per sincerità: dal suo tono, a me, lei pare poco convinta…
Il fatto è che non presto mai molta attenzione ai numeri perché non mi piace il concetto di identificare il valore di un artista con il numero di una piattaforma. Piattaforma che all’artista, poi, non lascia nulla. E da artista, come tutti gli artisti, credo, un po’ lo odio perché anche lì ci vuole tanta promozione, tanta attenzione e cura. Io sono un po’ vecchia dentro, quindi non scriverò mai per le playlist, tant’è che l’Ep che è uscito l’11 novembre è un racconto fedele di quello che è avvenuto a teatro.
– Di questo, mi pare, va molta orgogliosa…
Certamente. Per mia volontà non ho voluto cambiare nemmeno quello che risuonava, è un lavoro autentico e super acustico. Suona come un disco degli anni Novanta.
– Tante esperienze, incontri importanti, logiche di promozione: è riuscita a mantenere la sua “verginità artistica”?
Credo proprio di sì, ecco perché se si va sul mio profilo ci stanno poco più di 200 ascoltatori. E’ una scelta far vedere quello che sei realmente. La ritengo coraggiosa perché i social da una parte ci aiutano e dall’altra ci condannano a una schiavitù eterna dalla mattina alla sera. Quindi cerco semplicemente di seguire il mio cuore, di seguire quello che è la mia esigenza comunicativa. Ovviamente con tutti i rischi che poi comporta una scelta di autenticità.
– Ripensamenti in questo senso?
Ovvio, ogni volta ti guardi indietro e dici: “avrò fatto bene, avrò fatto male?”. Quindi entra in ballo la tua testa.
– Testa che le dice?
Seguire l’istinto. E’ quello che non mi delude mai. E’ il discorso che facevo anche con altri colleghi: trovare un compromesso per vendersi, non per svendersi. Quindi sto cercando di abbracciare il pop in una forma autentica, creando anche un linguaggio mio. Spesso, avendo studiato tanto lo strumento, essendo una cantante, fatico molto anche a mantenere sempre la solita modalità vocale. E questo a livello discografico purtroppo, a volte, è un problema.
– Perché?
Perché devi essere riconoscibile in un secondo. Perché nessuno ha voglia di ricercare, nessuno ha il tempo di elaborare. Invece a me, purtroppo, piace sperimentare, contaminare.
– A dicembre lei torna in teatro con “Roots, i colori dell’ispirazione”, radici che mantiene salde…
Il 21 dicembre faremo la prima tappa al Teatro Rossella Falk di Tarquinia. Il concerto nasce da un’idea mia e di Andrea Vincenti che è il chitarrista con cui collaboro da anni e con cui c’è anche un grande rapporto di amicizia. Sarà un percorso con alcuni miei brani che apriranno ogni tanto dei capitoli nuovi, ma anche con dei brani classici. Ho voluto portare sul palco tante lingue, tante culture. Ci sarà la tromba di Gabriele Tamiri, alle percussioni e batteria Emanuele Tienforti, Lorenzo De Angelis chitarra acustica, Matteo Bassi sarà l’ospite al basso elettrico e, come detto, Andrea Vincenti.
– Sempre a piedi nudi?
Penso di sì, anche se poi me ne dicono di tutti i colori perché ormai è una cosa abusata… Però io sto talmente bene così… col mio baricentro e con la mia libertà.