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Michele Sperandio Quartet – The sea of music

Il 28 gennaio era il compleanno di Robert Wyatt che ha compiuto 80 anni; il polistrumentista e cantante inglese è una tra le figure più iconiche del rock inglese, tra i precursori della scuola di Canterbury, prima con i Soft Machine (di cui è stato membro fondatore), poi con i Matching Mole e con la splendida carriera solista.

Ed è molto legato ai nostri luoghi, a Perugia, essendo il presidente onorario di Moon in June, in ricordo dello stretto legame di amicizia con lo scomparso ed indimenticato Sergio Piazzoli.

Tra le sue tante composizioni mi è tornata in mente quella che apriva il suo album solista del 1974 Rock bottom, cioè Sea song; ed ho collegato di aver ascoltato una versione di questo brano all’interno del disco del batterista Michele Sperandio in quartetto; dunque vi propongo una recensione di questo lavoro, pubblicato dall’etichetta Barly Records ormai qualche mese fa, scoprendo inoltre che la figura di Wyatt è centrale in questo lavoro.

Musicista e didatta, presidente della scuola di musica Cantiere Musicale, dopo alcune esperienze in gruppi come Wasabi Quartet e Convergenze Parallele ed un paio di lavori assieme al chitarrista Giuseppe Cistola, è giunto ad esprimersi con un album a proprio nome, proposto in quartetto, The sea of music.

La copertina dell’album

Il tema dell’album, come si evince dal titolo, per la terra del musicista marchigiano dov’è presente una costa di ben 180 chilometri, è appunto il mare, e spunti a livello musicale in questo campo non mancano certo.

Così, assieme alla cantante Marta Giulioni, a Simone Maggio al pianoforte e tastiere, ed a Lorenzo Scipioni al contrabbasso e basso elettrico, ha arrangiato nove brani, pescati è proprio il caso di dire, tra la tradizione, il cantautorato straniero ed italiano ed il progressive rock, creando un’affascinante commistione.

E’ così che convivono i King Crimson del primo periodo, Tim Buckey, Robert Wyatt appunto, Elvis Costello, Manuel Agnelli e Cristina Donà, Lucio Dalla e Nick Drake.

Salta all’occhio sin dai primi momenti nell’ascolto dell’album la voce di Marta Giulioni, ed un certo gusto per una musica totale, che non ha bisogno di recinti o etichettature.

Il batterista come accennato, ha arrangiato tutti i brani, ben supportato dalle invenzioni di Simone Maggio e dalla puntuale ritmica di Lorenzo Scipioni.

Protagonista alla fine dello scorso mese di ottobre di un concerto ad Umbrò sotto l’egida del Pannonica Jazz Club, il disco di Sperandio è davvero un viaggio a vele spiegate.

Un’immagine dal concerto ad Umbrò

Ad iniziare dalla tradizionale e breve The water is wide, forse il manifesto musicale dell’opera (l’acqua è ampia così come estesa è la proposta musicale del gruppo, che spazia tra i generi), aperto dalla sola voce della cantante, a cui s’aggiungono pochi effetti per ricreare un suggestivo fluire delle onde.

Si prosegue con le due tracce che chiudevano ed aprivano il quarto album (Islands), nel 1971, di una formazioni fondamentale per il progressive rock, i King Crimson.

Una versione più breve dell’originale di Island è resa ancor più eterea dal sapiente lavoro di arrangiamento dei musicisti (ottimo Maggio al piano), così come bella è la voce della cantante, che ben si adatta alle atmosfere create; lo stesso discorso vale per Formentera lady, che ha quasi un carattere sperimentale, di nuovo con Maggio e Giulioni protagonisti.

Michele Sperandio

Molto elegante la traccia Song to siren di Tim Buckley, contenuta nell’album Starsailor del 1970, dove Giulioni è ancor a suo agio, con il contrappunto del basso, il ricamo della ritmica del leader, ed il bel lavoro del piano.

Atmosfera minimale per Goccia, da un ep del 2000 di Cristina Donà, scritta in coppia con Manuel Agnelli, che vide all’epoca anche la partecipazione di Robert Wyatt.

Il musicista britannico lo ritroviamo nel brano successivo, quella Sea song, la molla che ha spinto a scrivere queste righe; quasi monocorde era l’originale, che Giulioni con maestria ed il suo particolare timbro rende molto più vivace, prima che entri un grande solo di Maggio, ben supportato da basso e batteria; bella anche la seconda parte dominata dai vocalizzi; ottima performance per quella che è forse la migliore proposta del lotto.

A grandi passi ci si avvicina alla fine di questo interessante lavoro; le ultime tre tracce sono aperte da una composizione di Elvis Costello (Shipbuilding), tratto dall’album Punch the clock del 1983, di cui esiste una versione di Robert Wyatt.

Brano bellissimo in cui il quartetto si trova a proprio agio, dall’introduzione al piano di Maggio, al lavoro di Scipioni al contrabbasso, al tocco leggero del leader senza ovviamente dimenticare naturalmente la voce.

Il secondo brano di un autore italiano, e penultimo della tracklist, è La casa in riva la mare di Lucio Dalla: una composizione del 1971, che nella prima parte vede un’ottima scelta nell’ottica dell’arrangiamento con in campo soltanto piano e voce; poi delicatamente entrano contrabbasso e batteria, ma quasi in punta in piedi; rubando le parole al telecronista Bruno Pizzul … tutto molto bello.

A chiudere è Place to be di Nick Drake, dall’album Pink moon; ed il cantautorato, che è parte sostanziosa di questo lavoro di Sperandio, rende omaggio al musicista inglese con una bella versione del suo brano, carica di tensione con il basso elettrico ed il piano.

Se cercate un album dove il jazz si fonde egregiamente con altri stili allora questo disco fa per voi.

Tracklist: The water is wide; Island; Formentera Lady; Song to siren; Goccia; Sea song; Shipbuilding; La casa in riva al mare; Place to be

Formazione: Michele Sperandio: batteria, percussioni ed effetti; Marta Giulioni: voce ed effetti; Simone Maggio: pianoforte, sintetizzatore e Fender Rhodes; Lorenzo Scipioni: contrabbasso e basso elettrico

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